A Frascati la potenza del Sole. Sarà un macchinario di 10 metri con raggio di 5, con 33 metri cubi di plasma alla temperatura di 100 milioni di gradi e con una intensità di corrente di 6 milioni di Ampere
Fusione nucleare. Due parole che fanno venire i brividi, perché rimandano inevitabilmente a un modo di produrre energia cui il popolo italiano ha detto “no” tempo fa, mediante un referendum. Ma qui si parla di tutt’altro, perché, come fanno sapere dall’ENEA, “La fusione nucleare è attualmente considerata una delle opzioni utili per garantire una fonte di energia di larga scala, sicura, rispettosa dell’ambiente e praticamente inesauribile”. E, soprattutto, l’Italia è tra i pionieri della ricerca sulla fusione nucleare.
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Ora è stata avviata fase operativa per la realizzazione del progetto DTT (Diverter Tokamk Test), la macchina che dovrà sperimentare soluzioni all’avanguardia per l’energia da fusione. L’impianto sperimentale sarà costruito presso il Centro di ricerche Enea di Frascati.
Benefici del DTT e della fusione nucleare
Il “DTT sarà operativo nel 2022. L’impatto occupazionale previsto è rilevante, almeno 150 persone coinvolte nella sperimentazione. E’ inoltre previsto un notevole numero di lavoratori coinvolti nelle fasi di costruzione ed operazione, senza contare le opportunità per spin-off e sub-appalti. L’impatto economico previsto sul territorio è significativo nelle fasi di costruzione ed in quelle successive (edifici, rete elettrica, manutenzione, ecc.). La presenza permanente di un team internazionale darà luogo a ricadute sul territorio legate al soggiorno del personale e delle relative famiglie”, fanno sapere dall’ENEA.
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Quanto costa investire sulla fusione nucleare?
Il progetto in tutto prevede l’esborso di 600 milioni di euro, in compenso dall’ENEA dicono che i benefici economici di attivare un simile macchinario supereranno i 2 miliardi di euro. Il DTT sarà realizzato grazie al contributo finanziario dei ministeri dello Sviluppo Economico e dell’Università e della Ricerca, della Regione Lazio, di Enea e degli altri partner del consorzio, oltre al prestito di 250 milioni di euro della Banca europea degli investimenti (Bei) nell’ambito dei fondi Efsi (piano Juncker). “La macchina sarà collocata all’interno di un polo scientifico e tecnologico all’avanguardia, aperto a ricercatori e scienziati di tutto il mondo”.
Cosa farà il DTT?
Da ENEA spiegano che il “DTT sarà il principale tokamak Europeo e il più completo e flessibile esperimento al mondo per affrontare e risolvere il problema dello smaltimento del calore residuo: nel 2025 è previsto il primo plasma, in circa 5 anni arriverà a lavorare a piena potenza”. In più, per chi volesse avventurarsi nei tecnicismi: “DTT nasce per affrontare una delle missioni cruciali per la realizzazione del reattore e questo è fatto con il supporto e il coordinamento del consorzio EUROfusion che colloca la missione di DTT a fianco di ITER [l’impianto in via di realizzazione nel sud della Francia, a Cadarache ndR] e nel cammino verso la realizzazione del prototipo di reattore DEMO [il reattore che dopo il 2050 dovrà produrre energia elettrica da fusione nucleare ndR], in cui occorrerà gestire l’enorme flusso di calore che si riverserà sulle pareti esterne trasportato dalle particelle cariche. Infatti, mentre il confinamento nel cuore del reattore sarà il risultato delle linee di campo magnetico che formano un insieme di superfici magnetiche chiuse e concentriche, alla periferia del plasma una sottile regione (spessore dell’ordine del millimetro) avrà linee di campo magnetico aperte che condurranno particelle e calore diritte sul dispositivo creato per “sopportarne il carico”: il divertore. Il calore atteso sul divertore è superiore a 10 milioni di Watt per metro quadrato, confrontabile con quello della superficie del Sole. Le soluzioni offerte dalla tecnologia attuale non sono in grado di raggiungere questi livelli di potenza specifica. DTT sarà in grado di provare nuove e diverse configurazioni e materiali per il divertore nonchè ottimizzare la forma delle linee di campo in prossimità delle superfici di smaltimento del calore. Ovviamente si dovrà dimostrare che le prestazioni sulla capacità di smaltimento del calore saranno raggiunte senza alcun degrado del buon confinamento del combustibile all’interno”.