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«Siamo lontani dal raggiungere la parità retributiva: c’è un giorno allanno in cui, mentre gli uomini continuano a ricevere lo stipendio, le donne smettono di essere pagate». È con questo richiamo che a Milano si è aperta lottava annuale conferenza di Global Thinking Foundation, progetto filantropico no profit costruito per prevenire gli abusi economici e finanziari e migliorare il benessere economico delle persone. A pronunciarle è Claudia Segre, che per 33 anni è stata trader e manager in finanza, fino al 2016, quando ha fondato, appunto, Global Thinking Foundation in Italia e in Francia (lo scorso 15 novembre è stata, effettivamente, celebrata la Giornata europea della parità salariale, il giorno in cui le lavoratrici europee, considerato che guadagnano il 13% in meno dei loro colleghi, smettono simbolicamente di essere compensate per il lavoro che fanno. Va detto che per le italiane la data scatterebbe persino parecchie settimane prima: i dati Inps più recenti dellOsservatorio sui lavoratori dipendenti nel settore privato rilevano, infatti, un gender pay gap addirittura del 30%, quantificato in 7.922 euro in meno annui).

Il danno dei Paesi controcorrente 

«C’è ancora molto da fare e in più direzioni», ha ricordato Segre.  «Per esempio, a differenza di quanto accade per la violenza fisica e verbale, nel nostro ordinamento la violenza economica non è recepita come reato. E dobbiamo tenere alta la guardia anche sulla Convenzione di Istanbul: abbiamo infatti dato per scontato che i Paesi firmatari continuassero a supportare questo trattato internazionale voluto per prevenire e combattere la violenza contro le donne e la violenza domestica, ma così purtroppo non è», ha detto Segre, e il riferimento non è certamente solo a quei Paesi che non lhanno ancora ratificata – Bulgaria, Cechia, Ungheria, Lettonia, Lituania e Slovacchia -, ma anche a nazioni come Polonia e Turchia, dove la convenzione è pubblicamente e in modo reiterato messa sotto attacco dai governi. 

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Foto Facebook Global Thinking Foundation

Fumetti e film per educare al rispetto 

La fondazione guidata da Claudia Segre, che tra laltro è anche  Co-Chair del Women7 Italia 2024 del vertice G7, punta a costruire in modo pragmatico uguaglianza di genere e crescita economica e lo fa attraverso corsi di alfabetizzazione finanziaria, eventi formativi di imprenditoria rivolti alle donne – vedi Donne al quadrato -, un portale con approfondimenti via via aggiornati, sportelli dietro ai quali c’è una task force di formatrici e consulenti. Il punto cruciale per Segre è affermare unidea di cittadinanza economica, secondo un approccio valoriale e di solidarietà sociale. Ma è soprattutto sul piano della prevenzione e del contrasto alla violenza economica – un fenomeno molto più diffuso di quanto si sospetti per la sua vischiosità e perché si esprime attraverso comportamenti spesso socialmente accettati –  che Global Thinking Foundation rappresenta un unicum, non solo nel nostro Paese. Per questa ragione, forte è limpegno sul fronte culturale ed educativo, con iniziative nelle scuole, nei teatri, nei palazzi delle istituzioni. Libere di Vivere è una mostra in 3D, la prima sulla violenza economica, che puntando sul linguaggio contemporaneo dei graphic novel e sulla rappresentazione di nove eroine del fumetto e degli ideali del femminismo parla a quanti e quante – le persone più giovani – non immaginano lesistenza degli abusi finanziari e della violenza domestica. Ma Libere di Vivere è anche un docufilm, diretto da Antonio Silvestre, che, puntellando la narrazione con la metafora del ballo di coppia per eccellenza, il tango, racconta le storie vere di donne rimaste intrappolate in relazioni di coppia violente, perché segnate da abusi fisici, psicologici, economici in cui la miccia scatenante della spirale aggressiva è la sopraffazione economica. 

Un metodo inglese che combatte le violenze 

Allevento annuale di Global Thinking Foundation ha portato la sua testimonianza anche Simonetta Agnello Hornby, avvocata, politica, nonché scrittrice di best seller internazionali (suo è Il male che si deve raccontare per cancellare la violenza domestica, pubblicato da Feltrinelli), che ha condiviso le battaglie di unaltra grande figura femminile contemporanea, Patricia Scotland, di cui si è ricordato limmenso lavoro politico e il metodo con con cui nel Regno Unito ha ridotto drasticamente le violenze in casa. Due le sue parole chiave: interconnessione e coordinamento. Il metodo Scotland ha il fulcro nelle IDVA, Independent Domestic Violence Advisor: si tratta di una figura di sostegno appositamente preparata e che, spesso, è una ex vittima di maltrattamenti, una sorta di tutor locale che, subito dopo la violenza, sta accanto alla vittima per assicurarle il primo soccorso e poi, nelle settimane successive, per metterla in contatto con le strutture del territorio che la possono supportare, dai servizi sociali agli enti giudiziari ai centri religiosi, fino a chi le può assicurare una casa pubblica nella quale sentirsi al sicuro. 

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Foto Facebook Global Thinking Foundation

Altra organizzazione della virtuosa catena allestita da Scotland è la Corporate Alliance, una rete di aziende sensibili ai temi delle discriminazioni e delle violenze di genere, capaci di sensibilizzare i propri dipendenti e di mettere in atto strategie di supporto e reinserimento delle vittime. 

Infine, il terzo polo è rappresentato dalle Multi-Agency Risk Assessment Conference: si tratta di tavoli aperti tra i servizi sociali, le autorità giudiziarie, i presidi di polizia, gli istituti per le case popolari, le scuole per valutare di volta in volta le situazioni più a rischio e scongiurare il più possibile il manifestarsi della violenza, anzitutto creando una rete di sicurezza intorno alla potenziale vittima. I risultati del metodo sono stati rilevanti, sin dal debutto, nei primi anni Duemila: nella sola Londra, le donne uccise in famiglia erano state 49 nel 2003, 5 nel 2010. «Il primo passo», è il pensiero di Patricia Scotland, «è un monitoraggio delle forze in campo e di quello che manca. Il piano strategico è una sorta di staffetta: ognuno corre i suoi cento metri e alla fine ne abbiamo fatti diecimila invece che mille e nessuno si è stancato».