Come vivono i fratelli e le sorelle di persone con disabilità? Come costruiscono i rapporti familiari? E come percepiscono, soprattutto nell’infanzia, l’avere vicino una persona con esigenze diverse? La Giornata Mondiale dei Fratelli, che in Italia si festeggia il 31 maggio, offre l’occasione per riflettere su questo tipo di rapporti, che possono passare per fasi alterne e mutevoli: dall’iniziale rifiuto alla piena accettazione, fino allo sviluppo di maggiore empatia e senso di responsabilità, che può avvenire solamente attraverso un processo di coinvolgimento e consapevolezza che i genitori dovrebbero favorire sin dall’infanzia.
Siblings, l’importanza di un aiuto condiviso
Negli anni i fratelli e le sorelle di persone con disabilità si sono uniti e organizzati per aiutarsi a vicenda ed uscire dall’ombra, anche emotiva, nella quale rischiavano di finire, a discapito non solo dell’equilibrio familiare, ma anche dello stesso rapporto tra “siblings”, termine anglosassone che indica con una sola parola il fratello e la sorella, in particolare di persone con disabilità.
I dati a disposizione non sono ancora sufficienti per avere un quadro completo della situazione, anche se ci si può fare un’idea a partire da quelli forniti dall’Ospedale Pediatrico del Bambino Gesù sui rare siblings: oltre il 5% dei bambini e dei ragazzi con meno di 16 anni in Italia sono fratelli o sorelle di bambini con una malattia rara, ovvero quasi 450 mila giovani.
“Rispetto a quarant’anni fa l’attenzione che viene rivolta ai bisogni dei siblings è aumentata molto”, racconta a Startupitalia Annamaria Scioti, coordinatrice della Casa dei Siblings di Bergamo, che dal 2018 organizza gruppi di parola e di ascolto per tutte le età su iniziativa del consultorio familiare Scarpellini e dell’associazione Abitare Le Età onlus. “Un tempo la famiglia rischiava di collassare attorno alla disabilità: spesso la madre era costretta a lasciare il lavoro e gli altri figli rischiavano di sviluppare problemi psicologi importanti per il mancato riconoscimento dei loro bisogni”.
Empatia e meno rivalità, quando la crescita è resiliente
Con gli anni e con l’esperienza si è invece capito che questo rapporto di fratellanza può diventare una risorsa. Stando a diversi studi scientifici, infatti, chi ha un fratello o una sorella con bisogni speciali cresce con “un tasso superiore di empatia, capacità di insegnamento e vicinanza”. Le diverse ricerche, tra cui quella condotta di recente dalle università israeliane di Tel Aviv e Haifa, evidenziano anche un “livello inferiore di conflitto e di rivalità rispetto a chi ha fratelli normodotati”.
Si potrebbe parlare di una maggiore capacità di resilienza, usando una parola entrata recentemente nel nostro vocabolario quotidiano, ovvero una maggiore abilità nell’affrontare eventi traumatici e difficoltà. “I siblings – aggiunge Annamaria Scioti – affrontano alcune sfide aggiuntive rispetto a quelle fisiologiche che fanno parte della crescita di un bambino fratelli o sorelle. Questo può condurre a scenari molto diversi all’interno di un continuum: da un lato si rischia di sviluppare condizioni traumatiche, e nei casi più estremi psicopatologiche, dall’altro si può invece raggiungere una particolare condizione di benessere, se si riesce ad elaborare i propri vissuti e a sviluppare specifiche capacità adattive, che permettono l’incremento di abilità sociali e relazionali”.
Condividere e confrontare esperienze comuni
Tra i pionieri in questo ambito c’è anche il Comitato Siblings Onlus, attivo dal 1997 a Roma. “L’attività principale – spiega a Startupitalia Giulio Iraci, tra i fondatori e segretario del gruppo – è la promozione di gruppi di auto mutuo aiuto, oltre che la partecipazione a seminari e convegni e la collaborazione con enti e istituzioni”, come l’Istituto Superiore di Sanità. Lo scopo finale è quello di creare occasioni per condividere e confrontare esperienze comuni e aiutare le famiglie attraverso lo scambio di informazioni utili ed idee.
“I gruppi di mutuo aiuto nascono in contesti informali: di solito ci si riunisce a turno nelle abitazioni di chi può ospitare questi incontri. La scelta di ritrovarsi in casa non è un fattore secondario: aiuta a creare la giusta atmosfera e, di solito, bastano pochi minuti per instaurare un rapporto di fiducia ed empatia. Si capisce subito che ci si può raccontare liberamente perché si è di fronte a persone che vivono le stesse situazioni”, spiega Iraci, che si occupa da anni del fratello Francesco, con sindrome di Down.
Durante e dopo di noi, un percorso per arrivare preparati
I siblings hanno contribuito anche ad ampliare e modificare il concetto del “dopo di noi”, con il quale si indicano le problematiche relative al futuro, quando i genitori non saranno più in grado di aiutare e prendersi cura dei figli con disabilità. Non solo: “Siamo stati tra i primi a parlare anche del ‘durante noi’ – spiega Iraci -. Riguarda i genitori, che hanno la possibilità di capire se il figlio con disabilità può percorrere una strada autonoma, che non implichi l’assistenza continua, ma anche gli altri figli, che possono condividere il percorso di crescita del fratello con disabilità, in modo che ci sia un coinvolgimento graduale e non improvviso”.
Realizzazione personale e sostegno familiare: due strade unite
Se qualcuno pensa che il rapporto tra siblings sia basato su pietismo o rinunce si sbaglia. Certo, il senso di colpa che sorelle e fratelli possono provare nel sentirsi inadeguati non è così raro, ma ogni situazione è diversa: “Bisogna trovare un equilibrio tra le aspettative che si hanno sulla propria vita e le esigenze del proprio fratello”, conclude Iraci. “Io ho fatto in modo di stare vicino al mio, senza rinunciare a portare avanti il mio percorso professionale e di coppia. È stando bene con noi stessi che possiamo essere veramente di aiuto e di sostegno. Non è nella privazione che si aiuta l’altro, ma nella soddisfazione di entrambe le esigenze di vita”.