Qual è il ruolo dell’uomo nei cambiamenti climatici? Lo abbiamo chiesto a Valter Maggi, vicepresidente del Comitato Glaciologico Italiano
C’è sempre meno ghiaccio sulle nostre Alpi. E le evidenze scientifiche puntano il dito contro l’uomo. Le immagini satellitari della NASA hanno certificato il ritiro costante dal 1984 del ghiacciaio Planpincieux sul versante italiano del massiccio del Monte Bianco.
Le nostre colpe
«In mezzo secolo sull’arco alpino abbiamo osservato soltanto arretramenti dei ghiacciai e da trent’anni rileviamo che le accelerazioni del fenomeno sono davvero drammatiche», spiega a StartupItalia il professor Valter Maggi, vicepresidente del Comitato Glaciologico Italiano, l’istituto che, dal 1895, raccoglie dati su quella “parete” a nord dell’Italia sempre meno fredda. «Nessun ghiacciaio è avanzato negli ultimi decenni. È un fatto incontrovertibile che l’uomo e il suo sistema socio-economico siano la causa dei cambiamenti climatici. Ormai all’interno della comunità scientifica tale tesi non è nemmeno più messa in dubbio».
L’emergenza del Planpincieux che scivola a valle e di tutti i nostri ghiacciai alpini che si sciolgono sono una delle conseguenze del riscaldamento globale, un fenomeno “scatenato” dall’uomo: «Perché da sempre i ghiacciai si ritirano e si riformano in maniera ciclica – continua Maggi – ma l’immissione massiccia di gas serra da parte dell’uomo ha scardinato il sistema, facendo aumentare le temperature come mai finora».
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«Prima che l’uomo intervenisse sull’atmosfera – spiega il professore, che insegna anche Cambiamenti climatici all’Università Milano Bicocca – l’anidride carbonica si modificava al massimo di 3,5 parti per milione a secolo. A partire dalla rivoluzione industriale l’uomo ha messo in atmosfera 120 parti per milione». Numeri che pesano sulla “salute” di ghiacciai come il Planpincieux sul Monte Bianco. E anche sulla nostra…
Sul clima nessun dubbio
L’obiezione degli scettici – o dei negazionisti del cambiamento climatico – che non si allarmano di fronte alla morte dei ghiacciai è che la Terra avrebbe sempre seguito cicli di aumento e diminuzione della temperatura anche prima della rivoluzione industriale. «Ma il nostro pianeta si muove molto più lentamente – aggiunge il professore – La nostra colpa è quella di aver messo fuori scala il sistema. Ma non mi preoccuperei della scomparsa del Pianeta che senz’altro sopravviverà all’uomo. Mi allarmo del fatto che 2 miliardi di persone vivano sulle spalle degli altri 6 miliardi». In discussione quindi non solo la sostenibilità del modello economico attuale, che garantisce benessere soltanto a una parte del mondo, ma anche la sperequazione sociale.
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Sull’emergenza climatica non ci sono dubbi nella comunità scientifica. E sembrerebbe che neppure i più scettici a riguardo siano così convinti nel negare il riscaldamento globale. «C’è una differenza- precisa Maggi – tra quello che dicono ai media e quello che invece scrivono nelle loro ricerche, dove magari scopriamo che sono più prudenti e allineati alla maggioranza dei ricercatori». Perché in un mondo dove ormai i cambiamenti climatici sono argomento dibattuto da tutti, il problema spesso è la sovraesposizione mediatica degli scienziati. «Quando ho iniziato a lavorare 35 anni fa – ricorda il professore – gli scienziati era come se non esistessero. Oggi il rischio è una gara a chi fa più la prima donna».