Andare in barca a vela può portare benefici al corpo e alla mente.
Non si tratta di una banale constatazione, ma del risultato di studi e ricerche svolti da più di un ventennio.
Dal punto di vista storico, infatti, l’utilizzo terapeutico della vela può essere fatto risalire a un progetto svedese del 1988 che mirava al recupero di ragazzi con problemi di socializzazione. Questo primo gruppo ebbe la possibilità di passare una settimana a bordo seguendo le regole del mare e della navigazione, dove ciascuno è interdipendente dall’altro e da attività che vanno coordinate secondo regole ben precise.
Dal successo di questa prima esperienza la velaterapia si è diffusa in tutto il mondo, Italia compresa, ed è stata in seguito utilizzata in diversi campi: dal recupero del disagio giovanile ai team building aziendali, fino alle esperienze con persone con disabilità. Nel 2010 il Parlamento Ue ha anche approvato il Manifesto europeo della vela solidale, che riconosce questa attività come utile per intervenire su diversi tipi di disturbi e problematiche e anche la Società Italiana di Psicologia ne ha confermato il valore contro stress, depressione e ansia.
In mare per superare i maltrattamenti e affrontare le terapie oncologiche
I benefici di questa disciplina sportiva sono emersi anche con persone che hanno subito maltrattamenti o che sono reduci da terapie oncologiche. “Nel corso degli anni da velista ho avuto modo di conoscere realtàà che si occupavano di velaterapia con giovani, persone con disabilità, ragazzi del riformatorio, ma nelle nostra zone (alta Toscana ndr) nessuno ancora aveva applicato la vela come terapia su pazienti oncologici e donne vittime di maltrattamenti”, racconta Silvia Landi, Presidentessa dell’associazione “Mure a dritta”, a Startupitalia.
Da qui è nata l’idea del progetto “Una vela per la rinascita” che prevede l’organizzazione di diversi tipi di uscite, anche in base alle necessità e alle patologie delle passeggere. Le attività, che si svolgono su cabinati a vela di 10-15 metri, possono essere compiute in giornata, con partenza al mattino e rientro la sera, oppure durante il fine settimana e con percorsi più lunghi “personalizzati”.
Alle partecipanti vengono forniti i primi strumenti sulle tecniche di conduzione delle barche e vengono coinvolte attivamente nella vita in mare, a partire dal recupero dell’attività fisica per chi magari ha subito un intervento chirurgico. Ma è possibile anche partecipare ad attività con altri specialisti: a bordo. Infatti, oltre al comandante e all’equipaggio è prevista la presenza di medici, psicologi, nutrizionisti, fisioterapisti e istruttori: “Creiamo gruppi omogenei insieme ai medici e ai terapisti che seguono le donne in maniera tale da poter offrire a tutte le partecipanti un’esperienza adeguata, che possa portare a reali benefici”.
Condivisione e sostegno reciproco
“Oltre ad essere un’attività sportiva la vela è un momento di condivisione, collaborazione e sostegno reciproco e ha ben dimostrato di essere di grande aiuto a chi deve superare un periodo di difficoltà, diventando in questo modo un’integrazione a livello terapeutico. Esiste ampia letteratura sui benefici della vela, tra i lavori svolti è di particolare interesse uno studio pilota dell’Università di Firenze su un progetto di velaterapia rivolto proprio a donne sopravvissute al cancro al seno”, sottolinea la Presidentessa di “Mure a dritta”. “Sole, aria di mare e una o più giornate di svago sono preziosi alleati per la salute, a cui si deve aggiungere il momento di apprendimento di una nuova disciplina sportiva e la possibilità di avere a bordo esperti in nutrizione e istruttori di ginnastica e pilates specializzati in riabilitazione e figure altamente specialistiche secondo le tematiche affrontate nel corso delle singole esperienze”.
Mollare gli ormeggi per migliorare la propria salute ed essere di esempio
Tutte le donne hanno risposto con grande interesse e partecipazione, confida Silvia Landi: “Tutte le storie sono particolari, molto bella e importante è la testimonianza di Guido, uno dei nostri skipper e soci, che sta lottando a sua volta con una neoplasia e che ha trovato nella vela grande aiuto, a partire dal fatto che non appena si mollano gli ormeggi tutti i problemi restano a terra. Poi c’è Anna, una donna che ha subito 13 interventi chirurgici, ma che riesce a travolgerti con un’allegria e un’energia contagiose. O Giovanna, che si è creata un lavoro dopo la casa rifugio e ora riesce a vivere e desidera insegnare ad altre donne ciò che lei stessa ha appreso. Le storie in realtà sono tutte uniche, come uniche sono le donne che le raccontano”.