Accompagna i nostri SIOS da diverse edizioni per Radio 105. Appassionata di calcio, ha lanciato un progetto per documentare il movimento dal basso. Valeria Oliveri si racconta nella nostra rubrica Unstoppable Women. «Prima dei mondiali del 2019, non c’era nulla su Google»
«Buon per lei e per la sua carriera. Il fatto che sia la prima donna fa notizia, ma evitiamo di trattare la questione come se fosse una quota rosa». Entriamo nel week end che scriverà una nuova pagina di storia del calcio italiano. Domani, domenica 2 ottobre, la partita di Serie A maschile Sassuolo–Salernitana sarà arbitrata per la prima volta da una donna, Maria Sole Ferrieri Caputi, 32 anni di Livorno. Per commentare un passaggio storico, che tutti noi vorremmo si trasformasse presto in una normalità libera dai sensazionalismi, abbiamo intervistato Valeria Oliveri, speaker di Radio 105, volto noto al pubblico di StartupItalia vista la sua presenza alle ultime edizioni di SIOS (ci sarà anche a Giffoni, il 14 ottobre, e a SIOS Winter grazie alla media partnership con Radio 105), e appassionata di calcio. Da alcuni anni cura BomberGirl, iniziativa che raccoglie su un sito le storie, i temi e le urgenze di un movimento ormai impossibile da ignorare. Abbiamo parlato dell’attualità per ragionare di inclusione, diritti e cultura dello sport, due parole che molto spesso vengono tenute a distanza.
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Partiamo da te, Valeria. Un pallone tra i piedi, sempre in giro a giocare coi maschietti. Sei tu da bambina.
Fino a 13 anni ho vissuto a Masone, un piccolo paese dell’entroterra ligure. Avevo grande libertà di esprimermi fisicamente e si può senz’altro dire abbia avuto un’infanzia spensierata e bucolica. Ho subito capito che mi piaceva giocare a calcio. Durante la ricreazione si formavano i classici gruppetti in cortile e io stavo sempre con i maschietti, sempre a calciare la palla. Mi veniva meglio e gli altri bambini mi tiravano dentro perché ero abbastanza competitiva. Fortunatamente ho portato avanti questa passione, ma a Masone, negli anni ’90, non c’erano squadre di calcio femminile se non una volta all’anno, quando si andava al Torneo Ravano, a Genova. In quell’occasione c’era la squadra, allenata dal nonno di una mia compagna. Giocavamo con le scarpe da ginnastica.
Il movimento del calcio femminile è senz’altro cresciuto da allora.
Partiamo dal presupposto che il calcio è lo sport nazionale. Bimbe e ragazze, anche nei piccoli paesi, hanno più possibilità di partecipare con i ragazzi alle scuole calcio. Credo manchi ancora il professionismo a livello di allenatori, sia nel maschile sia nel femminile. Quando si parte da zero in uno sport, queste figure hanno una responsabilità enorme, proprio come l’hanno i maestri. Serve l’imprenditorialità nel mondo calcio e se ci fosse ovunque lo sforzo verrebbe ripagato sulla lunga distanza.
Su StartupItalia raccontiamo ancora delle barriere culturali tra le giovani e le materie STEM. Come se una studentessa non fosse portata per informatica o ingegneria. Vale anche nel calcio, ma per fortuna sempre meno. Se dovessi individuare un momento preciso, quando pensi siano iniziate a cambiare davvero le cose?
L’anno esplosivo è stato il 2019, con i Mondiali di calcio femminile in Francia. Si è formata una coscienza nelle persone e anche negli editori come la RAI che ha trasmesso le partite. Nessuno si aspettava i risultati che le Azzurre hanno raggiunto. All’epoca ho capito che poteva essere qualcosa di più popolare. I limiti attuali non credo siano comunque colpa del movimento, ma del fatto che del calcio femminile non si parla tanto. Ho deciso di lanciare BomberGirl perché, proprio poco prima dei Mondiali, googlando non trovavo nessun contenuto. Non si può nascondere il fatto che l’assenza di una storia alle spalle pesi.
“Ci sono e ci saranno donne che arbitreranno bene e altre che arbitreranno male. Così è anche per gli uomini”
All’estero, come negli Stati Uniti, sono più avanti.
Il movimento là ha molti più anni. Io sono di Genova, una città stretta. Una volta trasferitami a Milano mi sono resa conto dello spazio in più a disposizione per campi e palestre. Figuriamoci in America. Loro hanno tanta cultura sullo sport, così come disponibilità economica e spazi enormi dove costruire. La differenza principale però credo sia proprio nella cultura: lo sportivo negli USA deve portare risultati sul campo, ma anche nello studio. Sono strade parallele che fanno parte della vita dei giovani.
Pochi giorni fa è uscito FIFA23: Kylian Mbappè è in copertina insieme a Sam Kerr, campionessa del Chelsea. In Italia i dati di IIDEA dicono che la quota femminile tra i gamer è quasi la metà. È una breccia possibile per la crescita del movimento?
Non credo che possa partire solo dal gaming. Il ragazzo che gioca a FIFA può senz’altro incuriosirsi, ma tutto deve partire dai club di riferimento: in Italia le squadre hanno anche un team femminile e dunque ci si aspetterebbe che spingessero i propri tifosi a tifare per la maglia, a prescindere da chi la indossa. Da anni a Radio 105 ci occupiamo di videogiochi alla Games Week e si ascoltano storie che fanno pensare: ci sono giocatrici che nascondono di essere donne nel nickname, perché altrimenti verrebbero discriminate.
“Ho deciso di lanciare BomberGirl perché googlando non trovavo nessun contenuto sul calcio femminile”
Dal calcio in console passiamo a quello sul campo. Questo week end si scrive la storia con Maria Sole Ferrieri Caputi che arbitra Sassuolo-Salernitana. Prima donna col fischietto in Serie A maschile.
Rispondo dicendo che ci sono e ci saranno donne che arbitreranno bene e altre che arbitreranno male. Così è anche per gli uomini. Io preferirei che superassimo il fatto che quando gioca il calcio femminile ci siano donne ad arbitrare, a commentare, ad allenare. Bisogna sdoganare tutto questo.
Abbiamo evidenziato il gap rispetto all’estero. Ma c’è qualcosa in cui il calcio femminile è innovativo?
Sicuramente vedo molto più fair play tra ragazze. Nel calcio femminile si vede la voglia di giocare, quella più naturale. In questo momento il calcio femminile è ancora indietro su molti fronti, ma tra qualche anno vedremo cose molto belle. Tante bambine che oggi si stanno allenando renderanno il calcio femminile una figata pazzesca».
A proposito di cose belle: su BomberGirl parli anche di maternità.
I dati dicono che nel calcio femminile italiano le mamme sono appena il 2%. Il problema è radicato nel modo, tutto italiano, di pensare alla famiglia. Un figlio viene visto come un ripiego, come se una donna avesse rinunciato di fatto alla carriera. Non c’è assistenza dal punto di vista privato e neppure da parte del pubblico. Figuriamoci nello sport, con il fisico che inevitabilmente cambia con la gravidanza. Ma la gravidanza non è una malattia.
Josh Cavallo gioca in Australia nell’Adelaide United e nell’ottobre 2021 è stato il primo calciatore professionista a dire pubblicamente di essere gay. C’è anche il tema dell’omofobia nel calcio, a tutti i livelli.
Chi si sente di dirlo deve farlo ancora di più. Grazie ai social network abbiamo preso atto che tutto questo esiste. Non è facile parlarne perché tanti pensano che un calciatore gay, o una donna che arbitra siano meno forti o meno capaci. Tanti professionisti non si espongono ancora perché sicuramente bisogna prendere confidenza con se stessi ed essere a proprio agio.
Arrigo Sacchi ha detto che il calcio è la cosa più importante tra quelle meno importanti.
Rappresenta la società e la diversità della popolazione che lo segue. Come tifosa trovo accanto a me l’avvocato, l’operaio e il presidente della Repubblica. Proprio per questo è importante che la cultura dello sport parta dagli stadi. Il calcio femminile è frequentato molto da appassionati e meno da persone interessate a fare solo casino. Dobbiamo partire dal calcio perché è un veicolo di comunicazione per entrare nelle case degli italiani.