L’ecosistema continua a crescere, grazie a talenti che in grandi software house o in startup indie creano e sorprendono. Quest’anno ne abbiamo “giocate” delle belle
È stato un giro attorno al sole caratterizzato da un buon numero di novità videoludiche, quello appena vissuto col pad in mano e le cuffie ben calcate sulle orecchie (e, in alcuni casi, coi visori sugli occhi) negli ultimi 12 mesi. Con diverse meteore, per continuare con i paragoni astrali – siamo pur sempre a fine anno, periodo di oroscopi – ma soprattutto con tante, tantissime stelle che sono andate ad arricchire il firmamento del videoludo italiano. Perché è innegabile che il nostro Paese, dopo parecchie false partenze, stia finalmente correndo per dire la sua anche nel settore dei videogames.
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Un popolo di poeti, santi e gamer sognatori
Il settore inizia a macinare qualche soldino e a richiamare sempre più talenti: non è un caso che la nostra personalissima lista di persone da seguire che proponiamo ogni estate quest’anno abbia sfiorato per la prima volta la soglia psicologica delle 200 unità. Forse sul suolo nazionale non avremo studi enormi o un giro di soldi paragonabile a quello di altri Paesi europei (su tutti: Francia, Inghilterra e Polonia), ma dalle nostre parti certo non mancano i sognatori, quelli che, con la sola forza della loro fantasia e della loro perseveranza, stanno aiutando l’intero comparto a fare il salto di qualità. Abbiamo allora voluto segnalare dieci artisti che nell’ultimo periodo si sono distinti e che, col loro contributo, hanno aiutato i videogiochi tricolore a farsi conoscere anche al di fuori dei nostri confini. Attenzione: non si tratta di una classifica e non è nemmeno un elenco che ha la pretesa di essere conclusivo e chiuso. Semplicemente, abbiamo voluto ripercorrere alcune storie che ci hanno entusiasmato e fatto sognare. In molti casi, i complimenti e la notorietà andrebbero ripartiti coi rispettivi team.
Davide Soliani, l’uomo che ha portato Mario in Italia
Parlando di sognatori, impossibile non partire da lui: Davide Soliani, che il mondo ricorda per le sue lacrime di gioia all’E3 di Los Angeles e che l’Italia non ha ancora festeggiato adeguatamente. Questo nonostante grazie alla sua caparbietà sia contemporaneamente riuscito a convincere Ubisoft a sviluppare un gioco con Super Mario e, cosa ancor più importante, Nintendo a cedere al suo team italiano di Milano la sua mascotte più preziosa. Ne abbiamo parlato anche col Managing Director di Ubisoft Milan, Dario Migliavacca, che ha partecipato al panel “Dall’Italia al resto del mondo, storie di fenomeni” del nostro StartupItalia Open Summit 2022 (potete guardare l’intervento dal minutaggio 1:06:50 nel video in basso).
Davide Soliani, Creative Direction di Mario + Rabbids: Sparks of Hope (qui la nostra recensione), ai nostri microfoni aveva recentemente ammesso che anche questo secondo successo (il primo, Mario + Rabbids Kingdom Battle, risale al 2017) li ha colti impreparati: “Siamo ancora increduli, ora aspettiamo di scoprire come sarà accolto dal pubblico”.
Una cosa però è certa: il bis lo ha proiettato tra i grandi dell’industria dei video game. Un bis confermato dalla nomination di Mario + Rabbids: Sparks of Hope ai The Game Awards e la relativa vittoria del gioco sviluppato nella periferia Sud di Milano nella categoria “Best Sim”.
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Fortuna Imperatore. Di giorno fa le pulizie, di notte ha sviluppato un videogioco su Freud
Potrebbe sembrare, visto il periodo, una favola di Natale di Charles Dickens. Invece, quella di Fortuna Imperatore, aka Axell Fox, giovane laureata campana che si è reinventata game designer, è una storia vera, con tanto di finale a lieto fine, visti i voti molto alti della critica specializzata raccolti dal suo videogame, Freud’s Bones (qui la nostra recensione). StartupItalia la aveva incontrata poco prima dello scoppio della pandemia, mentre ancora fervevano i lavori.
“Ho speso tutti i miei stipendi per realizzare la demo, ora ho bisogno di trovare chi crede nel mio progetto”, ci aveva raccontato questa ragazza che di giorno faceva le pulizie mentre di notte andava avanti a sviluppare in solitaria il suo videogioco su Freud, il padre della psicoanalisi (qui il sito). “Non sapevo assolutamente nulla di linguaggi di programmazione, non avevo nemmeno ben chiaro quale fosse il tipo di gioco che andavo creando”, ci aveva spiegato. Sarà stata la fortuna del principiante o la forza della caparbietà, ma Freud’s Bones alla fine non solo è uscito quest’anno, su console e PC, ma ha anche fatto parlare di sé in Italia e all’estero e con ogni probabilità non sarà l’ultimo gioco della game designer campana.
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Samuele Perseo. La risposta italiana a Bayonetta e Devil May Cry
Ci sono titoli, come Bayonetta e Devil May Cry, che solo fino a pochi mesi fa parevano essere esclusiva prerogativa degli studi di sviluppo nipponici. Poi è arrivato Soulstice e abbiamo capito che anche l’Italia può dire la sua. «È un gioco doppia A, ovvero sono serviti approccio e rigore di un tripla A, capendo come dosare gli sforzi», ci aveva raccontato al debutto del gioco Samuele Perseo, product manager e writer a Reply Game Studios, software house italiana con sede a Milano.
«Il nostro direttore creativo Fabio Fagetti è rimasto affascinato da alcune situazioni di videogiochi in cui troviamo una narrazione intima tra due personaggi. Come in Dark Souls III. Da lì l’idea di costruire un gioco attorno al rapporto tra Briar e Lute». Ovvero le protagoniste, molto diverse tra loro: la prima è una guerriera fenomenale, agile e forte; la seconda ha sacrificato la propria dimensione terrena per diventare un fantasma, sempre presente accanto a Briar, pronta ad aiutarla con i propri poteri mistici. Il titolo ha un evidente richiamo alle dinamiche hack and slash ed è una gioia per gli occhi.
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Giacomo Greco. Il primo soulslike italiano in Unreal Engine 5.0
Apertura di credito a Giacomo Greco. Lui e il suo team milanese, “lo abbiamo fondato in dieci – ha raccontato a StartupItalia -, oggi siamo una cinquantina, l’età media è sui 30 anni e 10 sono donne che ricoprono ruoli chiave: dalla direttrice marketing alle concept artist, passando per level designer e la 3D Animator”, si sono messi in testa di creare un videogame AA+, Project Galileo, attualmente noto come Enotria: The Last Song. Cosa significa questo? Che per essere tale dovrà raggiungere una lunga serie di obiettivi qualitativi e quantitativi di tutto rispetto e che richiederà investimenti di svariati milioni di euro.
Il titolo è ancora nel pieno dello sviluppo, ma pare promettente. “Posso dirvi che sarà un videogame davvero italiano, zeppo di folklore italiano, cultura italiana, che vi farà sentire in Italia, vivere le sensazioni che proviamo noi italiani”. Anche grazie alla realizzazione grafica: “La veste grafica sarà vicina ai titoli tripla A, mentre per contenuti rientreremo nel settore dei doppia A, con una longevità sulle 30 ore dichiarate”. Enotria: The Last Song sarò il primo videogame italiano mosso dall’Unreal Engine 5.0.
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Domenico Barba e Fabio Capone. Meraviglie da Studio Ghibli in Sicilia
Proseguiamo con due profili, Domenico Barba e Fabio Capone, gli sviluppatori che animano Naps Team, software house fondata nel 1993 ma che solo negli ultimi mesi è riuscita a imporsi facendo parlare di sé anche le grandi testate, perfino quelle generaliste, per lo splendido (specie graficamente, a livello di gameplay cigola un pochino) Baldo: The Guardian Owls.
Non è infatti un titolo perfetto, come abbiamo dovuto riportare nella nostra recensione, ma ha permesso di confermare almeno due cose: anzitutto che a livello di stile artistico qui in Italia siamo in grado di creare opere che paiono nate nel mitico Studio Ghibli del maestro Hayao Miayzaki (Il mio vicino Totoro, Ponyo, Il Castello errante di Howl, Si alza il vento, La città incantata...) e secondariamente che anche una piccola software house senza grandi risorse può creare qualcosa che segua il sentiero del mitico The Legend of Zelda. I più pignoli obietteranno che Baldo in realtà è uscito lo scorso anno, tuttavia ricordiamo che il supporto è continuato anche nel ’22 grazie ai DLC e che, vista la qualità del gioco (deliziosamente imperfetto), Domenico e Fabio meritano di rientrare in questa lista. Il loro titolo, del resto, ha fatto apprezzare anche all’estero cosa è in grado di sfornare l’industria videoludica del nostro Paese.
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Arianna Ortelli e la sfida dei videogiochi per ipovedenti
Di inclusione si parla spesso ma sono ancora molto poche le aziende videoludiche che la includono nel proprio core business. Tra queste c’è Novis Games, la startup innovativa ad impatto sociale con sede a Torino guidata da Arianna Ortelli. Rivoluzionare il mondo del gaming rendendolo completamente accessibile a persone non e ipovedenti è la mission di questa peculiare software house che ha incontrato il grande pubblico presenziando all’edizione italiana di Tú sí que vales.
Qualche settimana fa abbiamo incontrato Arianna che ci ha raccontato di più sul conto della sua giovane realtà: “La svolta è arrivata lo scorso anno, quando siamo entrati a far parte di Quickload assieme a una community di oltre 500 persone tra non vedenti e ipovedenti e abbiamo ricevuto un investimento preseed da Digital Magics e Innova”. “Novis Games – ha proseguito – ha avuto la fortuna di entrare in una community di piccoli giocatori indipendenti che stanno creando una rete di interesse a livello nazionale. Siamo andati a Colonia questa estate per partecipare a un’iniziativa in questo campo dove eravamo una briciola se comparati all’intero settore, ma essere molto piccoli avvantaggia le collaborazioni molto strette e con altre startup. Entrare nell’ecosistema non è semplice ma, una volta che ci sei dentro, è facile fare community”.
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Umberto Canessa Cerchi e la fusione tra Pokémon e NFT
Umberto Canessa Cerchi ha trent’anni ed è nato e cresciuto a Rapallo, nel meraviglioso golfo del Tigullio ad una ventina di chilometri da Genova. Guida una startup dei videogiochi nata in Olanda da gamer italiani che in pochi mesi ha raccolto 10 milioni di dollari puntando sulla blockchain e su meccaniche di gamification che si ispirano alle CryptoKitties.
«Tutto nasce da una passione, quella per il videogame. Sono nato e cresciuto giocando a Pokémon, ne sono da sempre un superfan, è l’emozione più grande che ricordo della mia infanzia», ci ha raccontato qualche tempo fa il co-founder e Ceo di questa realtà innovativa. Oggi Kryptomon conta 30 persone a bordo, tutte full time equivalent. C’è poi un game studio esterno con un’altra trentina di talenti e un network composto da una quindicina di moderatori per 18 community internazionali localizzate. Ma, soprattutto, ci sono 2500 giocatori attivi al giorno. Un dato che può sembrare di poco conto ma che in realtà è significativo, rapportandolo ai quasi 7000 possessori di NFT.
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Elisa Farinetti e Yves Hohler col loro videogame rurale nato in mezzo ai vigneti del basso Piemonte
Videogiochi e agricoltura sembrano universi distantissimi. Eppure il successo di saghe come Harvest Moon e Farming Simulator raccontano un’altra storia. Elisa Farinetti, cofounder della software house italiana indie Broken Arms Games, lo ha capito e ha deciso di sfruttare questo vento favorevole per strutturare un titolo capace di esportare in tutto il mondo, in modo un po’ diverso dal solito, il made in Italy: tramite un videogioco, Hundred Days. Lanciato nel 2021 su PC e da quest’anno disponibile anche su Nintendo Switch, è un simulatore e gestionale verticale sulla produzione dei vini, una novità in un genere videoludico che ha un suo zoccolo duro.
«Il mio socio, Yves Hohler, è un enotecnico e ha studiato enologia nella scuola di Alba», ci ha raccontato qualche mese fa. I due, coppia sul lavoro ma anche nella vita, in realtà si sono conosciuti sui banchi di scuola, frequentando informatica all’Università del Piemonte Orientale. Sono partiti nel 2012 con i primi prototipi su mobile. Nel loro videogioco agreste non ci sono titoli di coda da raggiungere e neppure obiettivi finali da completare: «Su questo abbiamo lasciato libera scelta al gamer: può mettere in piedi un’industria o dirigere una micro cantina da 10mila bottiglie l’anno». E alcuni videogiochi, si sa, sono come il buon vino: più invecchiano più diventano interessanti…