Gli obiettivi proposti dalle Nazioni Unite sono 17 e spaziano dall’ambiente alla salute, pensando alle disuguaglianze e ai problemi sociali. Abbiamo tempo fino al 2030 per realizzarli e la Citizen science potrebbe contribuire a monitorare un terzo degli indicatori per misurarne lo stato di avanzamento
Se li raggiungiamo, possiamo immaginare un futuro più sostenibile. Gli obiettivi proposti dalle Nazioni Unite, i Sustainable Development Goals (SDGs), sono 17. Spaziano dall’ambiente alla salute, pensando alle disuguaglianze e ai problemi sociali. Abbiamo tempo fino al 2030 per realizzarli. Ma come fare per monitorarne i progressi nel tempo e nello spazio?
Nel 2017, le Nazioni Unite hanno individuato 169 target e 244 indicatori per misurare lo stato di avanzamento degli SDGs. Basta il numero degli indicatori per comprendere la complessità del monitoraggio. Richiede una grande quantità di misure e dati. È affidato ai governi nazionali, ma talvolta non hanno mezzi e risorse per raccogliere i dati con regolarità. Un articolo, pubblicato su Sustainable Science, dimostra che i cittadini potrebbero avere un ruolo importante nel seguire l’adempimento degli SDGs.
Partecipando a progetti di citizen science darebbero un contributo volontario alla produzione di conoscenza. “Ma per realizzare a pieno il potenziale della citizen science è importante dimostrare il suo valore nell’ecosistema globale dei dati”, ha dichiarato Dilek Fraisl, primo nome nel sopra citato studio condotto presso l’International Institute for Applied System Analysis (IIASA). “E per aumentare la diffusione e l’uso della citizen science occorre creare l’ambiente adatto. Sono necessari accordi tra governi, organizzazioni non governative e esperti in citizen science”. Ne è un esempio l’osservatorio WeObserve SDGs CoP che è nato per consolidare collaborazioni e scambiare conoscenze e esperienze sul connubio citizen science e SDGs.
SDGs: a che punto siamo? Lo dice la Citizen science
La Citizen science potrebbe contribuire a monitorare un terzo degli indicatori individuati dalle Nazioni Unite. Cinque sono gli SDGs che potrebbero trarre i maggiori benefici. Almeno sulla base dei progetti attuali o passati di citizen science.
La “vita sulla terra” (SDG15), le “città sostenibili” (SDG11) e “l’acqua potabile” (SDG6) sono gli obiettivi più coperti dalle attività di citizen science. Un dato importante se consideriamo che il 28% degli indicatori ambientali manca addirittura di una metodologia stabilita e condivisa per la raccolta dei dati. Inoltre, il 32% degli indicatori ambientali non ha dati sufficienti per avere un quadro completo del monitoraggio.
L’ambito della salute
Tanto lavoro c’è pure nell’ambito della salute. I cittadini potrebbero contribuire al 56% degli indicatori per misurare la salute e il benessere (SDG3). I progetti di citizen science che rispondono ai requisiti di ricerca delle Nazioni Unite spaziano dalla cura dei neonati e delle loro madri nei paesi in via di sviluppo (Saving mothers giving life) al monitoraggio di tubercolosi (OneImpact). Ci sono progetti che controllano la popolazione di zanzare (Global Mosquito Alert) e il loro ambiente riproduttivo. Altri (GLOBE Mosquito Habitat Mapper) per prevenire la malaria.
Il progetto MAHEFA invece è importante per la promozione di salute e igiene. Chess Health aiuta le persone che hanno dipendenze da alcool o droga. Poi ci sono le iniziative per controllare gli inquinanti ambientali che costituiscono una minaccia per la salute (AirCasting).
Ma io cittadino, cosa ottengo in cambio?
In fase di progettazione di un progetto, è importante trovare la strategia giusta per coinvolgere i cittadini. Occorre tener conto dei loro bisogni e dei loro interessi. Altrimenti la buona riuscita del progetto è a rischio. “In uno dei nostri progetti all’IIASA abbiamo proposto compensi ai partecipanti. O in alternativa abbiamo offerto l’opportunità di essere co-autore in una pubblicazione scientifica”. Così Fraisl ha spiegato la strategia dell’istituto presso il quale lavora. “Malgrado la somma di denaro fosse alta per il lavoro richiesto, la maggior parte dei partecipanti ha scelto di essere citato nell’articolo che abbiamo pubblicato. È chiaro che tanti partecipano a proposte di citizen science per aiutare la scienza o l’ambiente. Questa è già la loro ricompensa”. Ecco perché è così importante conoscere le persone coinvolte per capire qual è la giusta ricompensa.
Scienza è anche partecipazione
Occorre maggiore partecipazione per favorire lo sviluppo di progetti che possano aiutare a seguire gli SDGs. E occorre formazione. Oggi sono presenti molte risorse sulla piattaforma EU Citizen.science. Ma si parlerà di Citizen Science anche alla prossima conferenza ECSA (European Citizen Science Association), che si terrà online dal 6 al 10 settembre. “La conferenza è aperta a tutti coloro che vogliono saperne di più sulla Citizen science”, ha detto Tim Woods della European Citizen Science Association. “Abbiamo cercato di rendere gli eventi interessanti e accessibili per tutti: scienziati, volontari, policy-makers, giornalisti”.
Occorre questa promiscuità di professioni perché la citizen science è un incontro tra esperti e volontari o cittadini comuni. Ed è necessario questo incontro tra diversi mondi. “Perfino lo scienziato professionista ha bisogno di una formazione particolare per poter coinvolgere i volontari e comunicare con il pubblico. Anche se il suo ruolo principale è quello di stabilire le domande di ricerca e validare il processo scientifico”, ha detto Tim Woods.
“Partecipare significa arrivare a comprendere con maggiore consapevolezza un problema” ha aggiunto Woods. “Un cittadino può dar voce a preoccupazioni personali riguardo a questioni che lo riguardano da vicino. Il politico invece ha modo di comprendere le preoccupazioni dei cittadini”. La citizen science sembra un modo per verificare che la ricerca scientifica sia rilevante e rifletta le preoccupazioni della società. “E poi – conclude Woods– non dobbiamo dimenticarci che la citizen science può essere un vero e proprio divertimento per chi si lascia coinvolgere!”