Ve l’avevo detto che sarebbe finita così, che il politicamente corretto avrebbe distrutto tutto, ma proprio tutto, anche i sogni, anche le favole. Anche Biancaneve
Quando ero piccola mi hanno insegnato che non era carino dirlo, ma adesso, mi dispiace, non ne posso proprio fare a meno: io ve l’avevo detto.
Ve l’avevo detto che sarebbe finita così, che il politicamente corretto avrebbe distrutto tutto, ma proprio tutto, anche i sogni, anche le favole. Sapevamo già quanto fossero disdicevolmente offensive la bellezza e la giovinezza delle principesse, quanto stereotipicamente rosa e luccicosi molti dei loro abiti da sera, quanto stupidi, patriarcali, maschilisti e superficiali fossero i principi azzurri, quanto spudoratamente bianchi i loro destrieri e quanto diversamente alti fossero i sette che non si possono più chiamare nani. Tutto questo era già noto, già messo in conto e io ero pure disposta a sacrificare sull’altare della correttezza qualche tiara, qualche vestito rosa, qualche scarpetta scomoda, qualche ballo al castello. Ma adesso si va oltre, è la trama stessa a dover essere cambiata, dopo lo scandalo del bacio attualmente in scena a conclusione della rinnovata giostra Snow White’s Enchanted Wish al parco californiano di Disneyland, da poco riaperto dopo il lockdown. Un bacio, quello finale del principe a Biancaneve incosciente, assolutamente inaccettabile perché non consensuale, dicono. Come potrebbe mai trattarsi del bacio del vero amore se una delle due parti bacianti è incosciente, si chiedono angosciati i revisori del politicamente corretto.
Il bacio dello scandalo
Allora, se proprio uno volesse fare il pignolo, quel bacio non è solo una questione d’amore, ma anche di rianimazione. Come minimo, se il principe non si fosse fermato a dare il bacio, io, fossi stata in Biancaneve, lo avrei denunciato per omissione di soccorso. E poi c’è anche un’altra questione importante perché non è che si possa pretendere troppo dai principi Disney: sono belli, pettinati, sanno ballare, andare a cavallo senza sporcarsi il mantello, sanno innamorarsi e sanno baciare. Basta, non è che sia previsto altro nel curriculum del Corso per l’Educazione dei Principi Ufficiali, il famoso CEPU. In aggiunta, questo bacio dello scandalo semmai è colpa della regina matrigna cattiva, che si trasforma in vecchietta e consegna a Biancaneve la mela avvelenata, il cui sortilegio può essere sciolto solo dal bacio del vero amore. E il principe azzurro, dopo il suo master in innamoramento con bacio, cosa doveva fare? No, non si può scaricare la colpa sul principe, non si può sempre dare la colpa al patriarcato.
E allora? Cambiamo tutto
I revisori del politicamente corretto hanno fatto richiesta di cambiare il finale, ma io non sono d’accordo. Il mio motto è sempre stato che o le cose si fanno bene o non si fanno: quindi qui va cambiato tutto. A partire dallo specchio, quello di “specchio, specchio delle mie brame”, che non potrà certo azzardarsi a rispondere chi sia la più bella di tutto il reame. Ma stiamo scherzando, è bodyshaming nei confronti delle diversamente belle, che non si possono chiamare brutte. Poi il cacciatore, quello a cui la matrigna regina cattiva ordina di uccidere Biancaneve e riportare indietro il cuore come prova, è inaccettabile: altro che cuore di Biancaneve, ma neanche il sostituto di cinghiale con il quale il cacciatore impietosito cerca di ingannare la regina cattiva, no qui ci vuole un cuore vegetariano animalista di tofu, seitan o marzapane al massimo. E i sette diversamene alti? Questi sette infami e subdoli rappresentanti del patriarcato che accettano di ospitare Biancaneve solo perché lei è brava a pulire, ordinare e cucinare? Non vanno per niente bene. A dirla tutta non va neanche troppo bene questa rivalità femminile tra Biancaneve e la regina matrigna cattiva. Perciò, niente bacio scandaloso del principe, ve lo dico io come va a finire la storia: Biancaneve convince la matrigna ad accettarsi per come è, a riscoprire la sua bellezza interiore, a liberarsi dalla prigionia degli stereotipi estetici patriarcali, e allora, in nome di una nuova sorellanza, decidono di sfrattare i sette diversamente alti, mandare a quel paese il principe (che nel frattempo era arrivato, si stava già innamorando, ma era un po’ confuso su chi baciare) e fondare un ritiro ecologico spirituale femminista di meditazione yoga immerso nella foresta.
E poi non venite a dirmi che non ve l’avevo detto.
Di Giulia Bignami