In Rete esistono differenti app e software che permettono il monitoraggio dei terminali dei propri figli. Sono soluzioni informatiche che originano da soluzioni di cyber spionaggio. Ecco alcuni esempi
Il fenomeno del cyberbullismo è in costante crescita nel Mondo. La cosa non deve sorprendere. Mano a mano che la Rete cresce e diventa sempre più pervasiva nelle nostre vite, la compartecipiamo e la colonizziamo con una crescente parte di noi stessi. I nostri ricordi, i nostri comportamenti, in pratica le nostre vite. Se la Rete è un aspetto integrante della nostra vita è logico pensare che ognuno viva la rete come vive la propria vita. In vero la Rete offre quella strana (e di errata concezione) che ci si possa spingere oltre, assumere comportamenti eticamente, socialmente o legalmente scorretti. Il ragionamento di solito è “tanto sono anonimo”. Se escludiamo una ristretta fascia di esperti di rete che sanno come è veramente rendersi anonimi, la stragrande maggioranza delle persone è più tracciabile in Rete che nella vita normale. In questo mondo immaginario di “ombre” si celano anche i troll e la loro versione più “infantile” dei cyberbulli. Semplificando un poco si potrebbe dire che un cyberbullo è un troll cucciolo.
Cyberbulli, le app per difendersi
In Rete esistono differenti app e software che permettono il monitoraggio dei terminali dei propri figli. Sono soluzioni informatiche che originano da soluzioni di cyber spionaggio. Alcuni esempi? Teensafe è un’app che permette una discreta scelta di azioni per monitorare il traffico dei minori in modo da prevenire o controllare azioni di cyberbullismo. Rethink nasce da un approccio prima di tutto psicologico. Parte dal presupposto di far ripensare il potenziale bullo dal compiere un azione offensiva, di norma scrivere un messaggi infiammatorio o aggressivo verso una potenziale vittima. Stando alle analisi del fondatore, Trisha Prabhu, il 93% dei potenziali messaggi offensivi può essere prevenuto se solo il creatore è posto di fronte ad una domanda del tipo “vuoi veramente farlo?”. Un’altra soluzione per monitorare i propri figli è mspy , al pari di Teensafe, è una soluzione tecnologica per monitorare e prevenire azioni di bullismo. Il tema non è solo un grave problema per i minorenni ma anche per le major del digitale. Facebook e Google si trovano a fronteggiare una crescente pressione, da parte dei governi, che li accusano, velatamente, di “lasciar correre” a beneficio di un traffico che comunque viene generato (ricordiamo che traffico significa numeri da rivendere ai clienti interessati a posizionare pubblicità). Sempre nell’ambito delle contro misure anche i Bot (programmi automatici) sembrano essere uno strumento di deterrenza. In tal senso ci sono esperimenti promettenti dove i Bot vengono utilizzati per rispondere, ed eventualmente “reclutare “ persone che si lamentano o hanno comportamenti aggressivi. Per quanto i primi risultati siano promettenti gestire cyberbulli e i Troll (i fratelli maggiori) con sistemi puramente automatizzati non è ancora una soluzione definitiva. Il progetto di Google “perspective” al momento sembra essere ad un buon livello di “intelligenza” per prevenire i troll e i cyberbulli. Tuttavia le soluzioni possono essere hackerate. Un esempio semplice se invece di scrivere “stupido” si scrive “stuupido” il sistema, a quell che si legge in rete, può essre imbrogliato. Una falla risolvibile, ma con il tempo.
Nel caso il cyberbullismo “scivoli” di mano c’è sempre da considerare anche la posizione legale.
Il parere legale
«L’argomento del cyberbullismo è senza dubbio delicato – ha spiegato Stefano Sutti (partner milanese dello Studio legale Sutti e docente di Diritto delle Nuove tecnologie all’Università Statale di Milano) – e per chi si occupa di diritto delle nuove tecnologie presenta caratteristiche con peculiarità proprie rispetto ai comportamenti di questo genere tradizionalmente considerati dal giurista, dallo studioso di fenomeni sociali e dagli operatori della giustizia. Questo crea oggi molta attenzione sul fenomeno, che da un lato contribuisce ad una sensibilizzazione sul problema, ma d’altronde può anche creare effetti imprevisti. Per esempio – ha aggiunto –
il noto risultato paradossale per cui la denuncia e l’allarme sociale riguardo certi comportamenti rischia in certa misura anche di contribuire alla loro diffusione ed imitazione.
Ancora, proprio nel campo dell’informatica e della telematica chi ha la potestà di emanare leggi e regolamenti ha spesso la tentazione di produrre una massa di regole nuove, spesso equivoche o demagogiche o eccessivamente casistiche, e pressoché invariabilmente assistite da una sanzione penale, la cui praticabilità e ragionevolezza non è sempre fuori discussione, tanto più nel caso di responsabili e vittime minori o di enti responsabili della loro protezione, laddove spesso sarebbe meglio riflettere su come meglio applicare le regole esistenti alle nuove fattispecie anziché impegnarsi nell’esercizio tipicamente italiano di dedicarsi all’emanazione di grida manzoniane. Ancora, se il cyberbullismo sul luogo di lavoro rappresenta una particolare fattispecie di mobbing, è interessante notare come l’interpretazione estensiva del dovere datoriale di proteggere il dipendente si risolve in un’attenuazione significativa delle regole in materia di privacy o di controllo a distanza dei lavoratori, atteso che la previsione di un onere di prevenzione di comportamenti lesivi in capo all’azienda o alla pubblica amministrazione si risolve in un obbligo di controllo dei propri organi, dipendenti e addetti che a sua volta non può che comportare una liceità dei controlli stessi – il cui prodotto sarà poi naturalmente utilizzabile anche a favore dell’ente controllante, per esempio quando consenta di identificare e documentare illeciti a suo danno». L’evoluzione della rete, dei troll, dei bulli e dei loro potenziali guardiani, come Bot e Ia è ancora tutto un territorio da mappare.
@enricoverga