La software house milanese Aries Tech è stata fondata nel 2014. Nell’intervista al Ceo Luca Vajani il racconto del coder, mestiere tutt’altro che monotono. «Vi racconto perché non è un lavoro per tutti»
Sviluppatore, il mestiere più sexy. Nel ricercare la paternità di questa frase ci siamo persi in una marea di articoli di riviste specializzate nei quali si citavano le ragioni che da parecchi anni rendono così appetibile il mestiere del coder, dell’informatico, del data scientist. A cominciare dallo stipendio: in Silicon Valley un software engineer con cinque anni di esperienza guadagna oltre 150mila dollari l’anno. «Penso ovviamente sia un bel mestiere, ma non è per tutti. Non tanto per quanto riguarda le capacità: c’entra l’attitudine. Bisogna saper risolvere problemi in autonomia, occorre studiare e aggiornarsi, perché la tecnologia va a una velocità talmente alta che per stargli dietro…». Luca Vajani, 44 anni, è una delle oltre 100 personalità del panorama gaming italiano che abbiamo inserito nella nostra parziale (e in costante aggiornamento) lista delle persone da seguire. Se volete consultarla o suggerirci altri nomi la trovate a questo link. Ceo e Founder di Aries Tech, Vajani guida da dieci anni la software house con sede a Milano, impegnata su più fronti. Dagli engine per videogiochi alle app, fino alla consulenza.
Parlando con Vajani di un ambito – quello software – in continua evoluzione, gli abbiamo chiesto quale sia stato uno dei principali cambiamenti che ha affrontato nel corso della sua carriera. «Ho iniziato a lavorare come sviluppatore prima della diffusione degli smartphone – ci spiega – poi con il lancio delle app mi sono specializzato su iOS. Quello è stato un cambio di paradigma». In un anno a caso dopo il 2007 non era raro inciampare in quelle pubblicità della mela morsicata che chiudevano con il claim “c’è un’app praticamente per tutto”. Oggi è dato per scontato, ma dall’iPhone in poi si è aperto un mercato per chi scriveva codice. «Lo sviluppo per web e app è simile, ma vent’anni fa un sito era fatto con tecnologie che permettevano determinate cose, impossibili su un’applicazione. L’app parlava con un sistema terzo che si appoggiava ai data base». Luca Vajani si è formato sul campo, entrando nel mondo del lavoro subito dopo le scuole superiori.
Cosa fa Aries Tech
Il Ceo di Aries Tech ha vissuto varie fasi del mercato tecnologico. «Ho lavorato in una software house finita la scuola, come sviluppatore. Mi ricordo poi a inizio millennio, con i boom dei siti internet venduti a prezzi assurdi». Lo scoppio della bolla delle dot.com negli USA ha avuto ripercussioni anche in Italia, con previsioni decisamente troppo affrettate sulla morte di internet. Vajani ha fatto esperienza, fino a quando non ha deciso di lanciare la propria software house. Non sono pochi gli sviluppatori che si son buttati sul mercato con una propria idea. A dieci anni dalla fondazione, Aries Tech è una società con 12 dipendenti e un fatturato che nel 2022 ha superato il milione di euro. A differenza di altre software house che sviluppano soltanto videogiochi e guardano al mondo dei consumatori (leggi gamer), l’azienda di Vajani ha optato per l’altra via, quella del B2B.
Le collaborazione con varie corporate, anche a livello internazionale, permette una variazione maggiore sui progetti, sugli argomenti e sulle tecnologie stesse. «Per un cliente inglese stiamo sviluppando un videogioco mobile dedicato all’autismo. Uscirà nel 2024 e offrirà un’esperienza in un’ambientazione cyberpunk, con sfide di hacking. Il tema di fondo è inserito nella narrazione». Non si contano – per fortuna – i titoli che mese dopo mese scelgono con coraggio di parlare di patologie, di salute mentale e di difficoltà individuali. Ne citiamo alcuni sparsi: White Shadow, Venus: Improbable Dream e Sally Face.
Oltre a questo, Aries Tech ha in programma anche la pubblicazione di un’app specifica per pazienti con malattie vestibolari, ovvero quelle che provocano nella persona disturbo dell’udito con ricadute possibili anche sulla capacità di rimanere in equilibrio. «Abbiamo al lavoro un team internazionale di medici specialisti su questo argomento. Ne è nato un piano riabilitativo. Stiamo collaborando con VeDA (Vestibular Disorder Association, ndr), la più grande associazione americana dedicata a queste patologie». Il progetto prevede l’inserimento di una AI in grado di creare piani riabilitativi personalizzati per ciascuna persona. «L’app offrirà una serie di esercizi, accompagnata da video e altri contenuti utili al paziente».
Gaming e Bitcoin
Tornando al comparto gaming, sempre Aries Tech sta depositando in Gran Bretagna il brevetto del proprio engine per sviluppare videogiochi. «Grazie all’intelligenza artificiale il titolo stesso modificherà i livelli, basandosi sulle preferenze dell’utente riscontrate nel corso del gameplay. Faccio un esempio: chi ha una modalità più stealth riceverà determinati contenuti». L’AI non è nel gaming da oggi, ma gli scenari di utilizzo sono ancora in buona parte da esplorare. E che dire di Bitcoin? «Stiamo realizzando un motore per creare videogiochi che darà la possibilità agli utenti di guadagnare Bitcoin, riscattandone direttamente il valore».
Non token o NFT. Perché Aries Tech ha deciso di appoggiarsi sulla criptovaluta più famosa? «Ci è sembrato interessante. Integriamo i videogiochi con Bitcoin tramite il Lighting Network, il protocollo che permette di fare e ricevere pagamenti in maniera immediata, a bassi costi di transazione». Questo anche in un’ottica di tutela dei gamer, ormai abituati all’immediatezza delle micro-transazioni. «Non vogliamo che gli utenti ottengano token che poi perdono valore».