Una piccolissima startup innovativa coreana ci ammalia con il suo primo videogioco sull’esplorazione dei fondali, capace di superare in pochissimo tempo il milione di copie vendute
Prendete il concept alla base di un Rune Factory (a proposito, letta la recensione di Rune Factory 3 Special?) e trasferitelo nelle profondità marine, siano esse quelle attorno ad atolli tropicali o sotto ghiacci perenni. Avrete una vaga idea di ciò che vi attende in Dave the Diver, curioso action – adventure RPG sapientemente mischiato con elementi gestionali.
Immersi in Dave the Diver
Né la storia, né i vari elementi ludici di questa produzione coreana sono particolarmente innovativi. Come del resto non si può dire che lo siano gli elementi alla base di Rune Factory. Eppure al pari della saga firmata da Marvelous, anche questo titolo di debutto dei ragazzi di MINTROCKET (startup coreana) sa affascinare e ammaliare.
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Tanto da aver piazzato oltre un milione di copie solo con la versione 1.0, solo su Steam. Il recente approdo del gioco su Nintendo Switch, vista la diffusione della console nipponica, dovrebbe ulteriormente amplificare il suo indiscutibile successo mondiale, spianando la strada al giovanissimo team di sviluppo che lo ha ideato.
A livello di sinossi, Dave the Diver inizia in modo piuttosto banale, quasi spartano: il buon Dave, che sarà il nostro alter ego, è un simpatico ometto di mezza età che, a dispetto dell’aspetto fisico (non attendetevi l’alter ego videoludico del nostro Umberto Pelizzari) si rivela un campione di subacquea, tanto da essere reclutato per rifornire un ristorante di sushi che il suo amico truffaldino Cobra ha appena rilevato.
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La cucina di questo locale unico al mondo, che si affaccia su una delle zone più pescose del pianeta nota come Blue Hole, introduce l’altra meccanica portante di questo videogame coreano: l’anima gestionale. Perché sott’acqua Dave the Diver è un action RPG che vi vedrà lottare contro affamatissime creature abissali mentre, al di sopra delle onde, sulla terraferma, la sfida sarà accontentare gli affamatissimi avventori del locale, che naturalmente dovrà prosperare.
Le due fasi si equivalgono, tanto nel bilanciamento del gameplay quanto nel divertimento offerto. In mare Dave dovrà catturare pesci a suon di fiocinate e quick time event, costruendo armi via via sempre più potenti per avere la meglio sulle creature che lo attendono negli abissi (veri e propri boss giganteschi).
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Nel ristorante di sushi altri quick time event vi vedranno servire ai tavoli e rispettare le ordinazioni (non solo pesce: si beve tantissimo e i drink vengono scolati a litri), con vere e proprie aggiunte dal sapore gestionale come la scelta dei menu, la creazione dei piatti e naturalmente l’assunzione di personale, ciascuno dotato di caratteristiche uniche e liberamente potenziabile, al fine di migliorare l’andamento del conto economico della propria impresa.
In tutto ciò si innesta un tourbillon di figuri improbabili, tutti ben caratterizzati e di eventi altrettanto strani. Non vogliamo rivelarvi alcunché della sinossi che vi attende ma sappiate solo che c’è un motivo se il Blue Hole è questo incredibile paradiso pescoso… Naturalmente le due fasi, sotto e sopra il livello del mare, sono strettamente interlacciate: per rendere il ristorante una fabbrica di denaro dovrete portare nelle cucine tonnellate di pesce e coi soldi del locale metterete mano su attrezzature e potenziamenti via via più performanti, così da raggiungere profondità e prelibatezze (ma anche misteri e creature pericolosissime) mai viste prima.
Come i piatti che prepara il buon Dave, anche la ricetta della startup coreana si rivela essere semplice ma gustosa, leggera eppure appassionante. Tutti gli elementi ludici utilizzati come ingredienti sono in realtà appena accennati: per procedere non occorre né essere esperti di GDR, né gestori provetti. Eppure l’equilibrio è a suo modo ipnotico, tanto che è difficile smettere di giocare. Inoltre il gioco è una fucina di novità (dopo diverse ore potrete sia coltivare, sia allevare specie marine, inoltre vi attendono minigame che vanno dalla corsa dei cavallucci marini alle carte) che, a dispetto della voglia di strafare del team, si inseriscono nell’ossatura del titolo senza snaturarne la forma.
È comunque l’elemento collezionistico a rendere Dave the Diver sorprendentemente longevo: non solo i piatti migliori si ottengono con le creature più rare, ma ogni essere sblocca carte collezionabili che varieranno a seconda delle caratteristiche dell’esemplare legate a doppio filo al modo in cui è stato catturato (vivo, fiocinato oppure se è stato catturato già morto). Fattore, questo, che potrebbe spingere i “completisti” a ritornare nelle profondità più pericolose solo per catturare prede già nel menu ma in condizioni eccellenti. Insomma, abbiamo per le mani un videogame a dir poco ipnotico: speriamo che i soldi confluiti nelle casse del giovane studio che lo ha ideato lo spinga a farne una serie, possibilmente più curata a livello grafico e magari open world, in un mondo 3D.