Per andarsene ha scelto un giorno speciale: 12 ottobre Columbus Day, festa degli italiani in USA. Il 19 novembre avrebbe compiuto 101 anni, una combinazione quella di 1 e 0, che ha un significato particolare, per chi si occupa di innovazione.
Dina Viggiano (Leopoldina Fontanin) classe 2024, nata a Venezia e presto trasferitasi nel Trevigiano, poi emigrata oltreoceano col marito Adalberto diventando la decana degli italiani di Silicon Valley, l’avevo incontrata per l’ultima volta a casa sua, Palo Alto, lo scorso febbraio, dopo l’ultimo nostro Silicon Valley Tour con Confindustria Romagna. Maglietta di Italiani di Frontiera addosso, aveva insistito perchè mi fermassi da lei. “Torno presto Dina, promesso”. Troppo tardi.

Conoscere Dina, raccontare la sua storia di donna “di frontiera”, organizzare e accompagnarla in un evento a Ca’ Foscari anni fa in suo onore, rivederla negli ultimi anni della sua vita, è stato un privilegio. L’energia inesauribile, la curiosità e la passione nell’aprirsi agli altri con generosità, anche agli sconosciuti, erano doti sbalorditive, intatte anche dopo i 100 anni. Il meglio di un’italianità che rimane per noi d’esempio per il futuro anche dopo la sua scomparsa.
Dina l’avevo incontrata per caso nei sei mesi trascorsi a Palo Alto con famiglia nel 2008… grazie a una foto. Alla cerimonia dei diplomi di mio figlio Alessandro alla Gunn High School di Palo Alto, fra oltre duecento studenti, più di un terzo asiatici, un solo cognome italiano, oltre a quello di mio figlio: “Emily Viggiano” premiata per di più fra i tre migliori studenti dell’anno. Centinaia di persone, parenti e amici, affollavano il prato del campus… quante possibilità c’erano che i Viggiano fossero a pochi metri da noi? Invece… fu così che ci ritrovammo a incontrare, e quasi subito abbracciare, Adalberto e Dina Viggiano, nonni di Emily, scoprendo che non solo erano i veterani della comunità italiana di Palo Alto, in California dal 1962… ma erano partiti da Venezia!

Quell’incontro, la foto scattata ad Emily premiata sul palco, ci valsero una serata memorabile: trovarsi a tavola a cena a casa Viggiano, unici ospiti assieme a due leggende, gli italiani più illustri della Bay Area: Luca Cavalli Sforza, genetista di fama mondiale oggi scomparso, e per mia moglie biologa sedere accanto a lui era un sogno… Federico Faggin, scienziato e inventore, tra i padri del microprocessore, inventore del touch, diventato poi il principale mentore del mio progetto, un’amicizia preziosa della nostra famiglia con lui e la moglie, Elvia, una donna straordinaria, che dura ancor oggi.
Il racconto di come avessero lasciato Venezia negli anni Cinquanta per approdare a Stanford all’inizio degli anni Sessanta di Adalberto Viggiano, triestino di nascita, era stato suggestivo ma segnato da una punta di amarezza, visto che lui e la moglie da giovani laureati a Padova, lui Ingegneria Industriale lei in Lettere, avevano deciso di andarsene perchè un posto di lavoro adeguato all’epoca richiedeva di schierarsi politicamente. Loro rifiutarono il partito… e decisero di partire, con i figli piccoli.
Dopo un periodo in Canada erano arrivati a Stanford, dove Adalberto aveva fatto una brillante carriera come ingegnere esperto di strumenti di precisione, collaboratore e amico intimo per anni di Henry Taube, premio Nobel per la fisica 1983, di cui ricordava con emozione la straordinaria carica umana.

Dina, invece, laureata in Lettere aveva insegnato dal 1974 a Stanford lingua italiana, curando per diversi anni Casa Italia, il punto di riferimento per i connazionali che lavoravano nell’Università, molti dei quali figure illustri, il luogo in cui ricevere in visita ospiti famosi, da attori come Marcello Mastroianni e Giulietta Masina all’artista Michelangelo Pistoletto.
Qui l’intervista a Dina e Adalberto Viggiano nel 2008.
Dina era stata di recente anche tra i protagonisti di uno dei podcast di Italiani di Frontiera, ” Stanford e i Veneziani” visto che era stata lei a farmi scoprire l’incredibile storia che lega l’Università californiana a Venezia…
Instancabile, Dina ha continuato a venire in Italia quasi ogni anno. Così nell’autunno 2011 grazie a un prezioso amico, Leonardo Buzzavo docente di Ca’ Foscari, ero riuscito a organizzare last minute una cerimonia in suo onore nell’ateneo veneziano, con tanto di giro in laguna sul motoscafo messo a disposizione dal rettore! Dina si era presentata con un braccio ingessato. Un “gentiluomo” all’aeroporto di Venezia l’aveva fatta cadere con uno spintone, poi visto che lei non si lamentava si era dileguato rapidamente. Il braccio era fratturato ma Dina, tempra in titanio, l’aveva preso come un piccolo insignificante contrattempo.


Eravamo rimasti in contatto ma Dina l’avevo finalmente rivista solo l’estate dello scorso anno, ennesimo volo transoceanico poco prima dei 100 anni… di passaggio a Milano con la figlia Monique e la famiglia. Ospiti per un paio d’ore di Stefano Siglenti, managing partner di VC Partners SGR e presidente di Stanford Club Italia, che raccoglie gli alumni italiani dell’università californiana.

Sei figli nati in angoli diversi del mondo, diciassette nipoti e uno stuolo di pronipoti, tutti tenuti a parlare italiano, Dina è rimasta un faro e un esempio invidiabile di doti umane sempre più rare, che l’età non aveva scalfito. Ci mancherai Dina ma molto di te sopravvive in chi ti ha amato.

