A Londra puoi fare colazione al mattino presto con il rossetto rosso e i tacchi e non sembrare affatto fuori luogo. Puoi mangiare una bistecca ascoltando jazz ed essere vestito benissimo, oppure sederti in tuta e scarpe da ginnastica in un ristorante di cucina thai stellata. Tra un menù e l’altro, è il dress code a fare davvero la differenza?

Come è nata Tastefully Dressed
Ginevra Fornaro ha 21 anni, vive nella capitale inglese, studia fashion marketing and management all’Università, lavora in uno studio da una stilista freelance. E oltre alla passione per la moda, ha quella per i ristoranti. «Per me e per tante ragazze della mia generazione, la domanda “cosa mi metto?” accompagna ogni uscita, ogni cena, ogni brunch».
Visto il problema, Ginevra pensa a una soluzione. Decide di unire le sue passioni e fonda Tastefully Dressed, la prima rivista su carta che racconta dove mangiare a Londra e cosa indossare. Ha raccolto quasi due mila sterline con un crowdfunding su GoFundMe e ieri ha presentato il primo numero. Ne farà quattro all’anno, uno per ogni stagione. Prezzo: 10 pounds. La rivista verrà distribuita durante gli eventi e nei locali. «Per me ognuno deve vestirsi come vuole. Non giudico. Però per chi dà importanza a queste cose e vuole restare fedele al proprio stile pur adattandosi al contesto, la mia rivista può essere utile».

L’idea è nata durante un anno sabbatico. Romana, dopo la maturità, Ginevra prende un gap year e inizia a lavorare nei ristoranti inglesi. Si è trasferita qui con i genitori. Nei ristoranti osserva come la gente si veste. «Mi divertiva guardare i look e notare come in tanti casi non si adattavano all’atmosfera». Poi trova lavoro in un locale francese, due stelle Michelin, a Chelsea. Lì nota clienti elegantissimi.
Ma non sempre. «Una volta è arrivata una persona in ciabatte. Probabilmente non sapeva nemmeno dove stava andando. Siamo stati costretti a non farla entrare. In quel momento mi è scattata la scintilla: ho capito che c’era un problema, che l’abbigliamento tante volte ti fa sentire a disagio, perché magari non sai che atmosfera c’è nel posto dove sei stato invitato. Invece basterebbe sapere in che tipo di ambiente vai…».
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Dall’app alla carta
L’idea iniziale era un’app: una sorta di social network dove condividere piatti e outfit. Ma servivano competenze tech e budget. Così Ginevra sceglie la carta e decide di fare tutto da sola. Frequenta i ristoranti, fa interviste ai fondatori e agli chef, usa la macchina fotografica della sorella, chiede alle persone se vogliono essere fotografate. Poi impara InDesign e si occupa personalmente di testi, impaginazione e immagini. «All’inizio dovevo lavorare con un ragazzo del mio corso, che avrebbe seguito la parte visual. Poi lui ha accettato un altro lavoro e io non volevo mollare. Così ho imparato».

Per il primo numero ha visitato 25 ristoranti, ma ne ha selezionati solo 16. In ogni pagina c’è una foto del locale, un piatto, un outfit e qualche nota sull’atmosfera. I tuoi preferiti? «Il Sunday Brooklyn, a Notting Hill, dove si fa colazione tra fiori appesi al soffitto e donne con il rossetto rosso e i tacchi alle otto del mattino. Poi Brat, un ristorante vicinissimo a Smoking Goat: hanno lo stesso proprietario, stessa cucina, stessi prezzi. Ma il primo è una stella Michelin, con un’atmosfera curatissima e tutti molto eleganti. Il secondo è un luogo rilassato e i clienti arrivano in tuta».
Vestirsi è un modo di esprimersi: ne è convinta Ginevra. «Londra è una città piena di creatività e di persone che si vestono diversamente. Ogni giorno, quando prendo la metro, vedo look sorprendenti. Qui vivono creativi, fotografi, artisti, gente che lavora nel cinema, nella moda. Spesso però le persone sono confuse, non sanno se il loro stile sarà apprezzato. E non vogliono sentirsi fuori posto».

Come immagini il tuo futuro? «Questo è il lavoro dei miei sogni, quello che vorrei fare da grande. E anche se non andrà bene, non ho la pretesa di trovare il lavoro della mia vita a 21 anni. So solo che in questo progetto ho messo tutta me stessa e ho provato a renderlo perfetto».
Come business model Ginevra ha già chiuso partnership con qualche locale e ora con la rivista in mano, andrà a bussare ad altre porte.
A chi ti rivolgi? «Non solo alla mia generazione. Mia mamma e le sue amiche non vedono l’ora di sfogliare la rivista per scoprire nuovi ristoranti e cosa indossare. Credo che si capisca moltissimo di un ristorante osservando come sono vestite le persone al suo interno».
E per farti capire, ti fa un esempio. «Se ti mostrassi due piatti simili, immaginiamo due bistecche: tu non sapresti dire dove portare il tuo capo per una cena di lavoro. Ma se ti mostrassi le foto dei clienti, lo capiresti subito: in un locale vedi persone eleganti, formali; nell’altro, gruppi informali che vogliono divertirsi. Lo stile dei clienti rivela l’atmosfera più del menù».

Poi prima di chiudere si rivolge ai più giovani. Dice: «Non smettete mai di esprimervi attraverso quello che indossate. E non smettete mai di mangiare, di godervi tutto il cibo che c’è. Perché sono due delle cose più belle al mondo. Lasciate perdere le opinioni degli altri e indossate quello che vi fa stare bene. Non solo ciò che va di moda adesso, ma quei capi che ci accompagnano nel tempo, che sappiamo ci stanno bene, che ci fanno sentire noi stessi: è lì che nasce il proprio stile».