Su 14.9 milioni di italiani che si collegano a Spotify, Amazon Music e Youtube, 5.4 milioni sono navigatori fidelizzati e curiosi, sempre più esigenti. Tutti i dati della ricerca condotta da DVA Doxa e OBE
Podcast: ne parlano tutti come se fosse la novità del momento, tutti ne ascoltano almeno uno ma, in realtà, il concetto ha già 22 anni. E segna una crescita costante e continua. «Il primo podcast risale al 2003; si trattava di un’intervista all’autore americano Christopher Lydon – ha affermato James Cridland, editor di Podnews durante “Give your brand a voice – il podcast nella comunicazione di marca“, l’evento organizzato da OBE, l’Osservatorio del Branded Entertainment – Oggi il settore sta crescendo molto velocemente, segnando un record di 91 milioni di ascolti nel branded podcasting». E così come il nuovo canale di comunicazione a livello globale sta crescendo, allo stesso tempo anche i podcast lanciati dai brand segnano traguardi importanti. «Le persone li ascoltano perché si fidano dei brand – continua Lydon – Inoltre, il fatto che si possano ascoltare ovunque, e in qualsiasi momento, rappresenta, senza dubbio, una delle caratteristiche essenziali per il settore. Si pensi che, solo nell’ultimo anno, negli USA, le spese per il branded podcasting sono aumentate del 51%». Oggi ci troviamo di fronte a un mix di monetizzazione dei podcast, verso un passaggio che dalla pubblicità si dirige all’host, in una logica di podcast aperto a tutti, con un focus sull’audience.
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La ricerca di OBE e Doxa
L’ascolto riempie spazi e vuoti di comunicazione. E secondo una ricerca condotta da DVA Doxa e OBE, su 14.9 milioni di italiani che ascoltano i podcast, 5.4 milioni sono degli “hunters”, ovvero i navigatori fidelizzati, curiosi, che prediligono i multicanali e che ascoltano podcast almeno 2/3 volte alla settimana. Per i brand questa è una buona notizia, ma è ancora tanto il lavoro da fare in una logica multicanale. «Gli ascoltatori di podcast sono cresciuti del 15% rispetto allo scorso anno e oggi sono circa 15 milioni – ha affermato Anna Vitiello, direttrice scientifica di OBE – Si tratta di una crescita quantitativa e qualitativa perché si tratta di persone sempre più appassionate ma, allo stesso tempo, più esigenti». Se Spotify e Amazon Music restano le piattaforme preferite, Youtube oggi rappresenta un canale per reclutare nuovi utenti.
Sicuramente, il buon posizionamento del podcast si riconduce al concetto di “multitasking”, che ne rappresenta il vantaggio competitivo, confermato da un ascolto che riesce a riempire spazi vuoti di comunicazione. «Quest’anno c’è una novità: l’ascolto in auto o durante gli spostamenti supera quello davanti al PC – ha affermato Vitiello – Dimostrato anche dal fatto che il posizionamento del podcast è quello di rendere coinvolgente e godibile ogni momento della giornata. E non si parla più solo di intrattenimento, ma anche di passione e cultura». Le tematiche che vengono fornite attraverso i podcast sono, infatti, coinvolgenti e spaziano dalla musica ai viaggi allo sport, dall’attualità alla scienza, dalla politica alla finanza, ma tra i generi preferiti predomina sempre la narrativa. «Se il 36% degli ascoltatori sono “hunters”, il 33% sono “engaged” e il 31% “curiosi” – afferma la direttrice – Nella ricerca non abbiamo rilevato differenze sociodemografiche tra i cluster ma la nota rilevante è l’alta percentuale di “hunters”, che sono sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo e, per loro, il presidio delle piattaforme è fondamentale».
Si potrebbero definite “gli insaziabili”, gli “always on”, che sfruttano qualsiasi occasione per ascoltare i podcast approfittando anche della possibilità di attivare un co-listening per condividere l’esperienza con gli amici. «Allo stesso tempo, gli hunters sono molto esigenti: il 30% vorrebbe che i podcast fossero più lunghi e spesso si crea un gap nelle aspettative: c’è poco tempo per annoiarsi». Altro dato interessante è che il 16% decide di abbandonare l’ascolto perché non gli piace la voce. «Non c’è un podcast preferito e i dati ci dicono che il 61% degli intervistati ha ascoltato un branded podcast nel 2023, a differenza dell’oltre 70% del 2022 – afferma Vitiello – Allo stesso tempo, il podcast può diventare uno strumento molto utile nella strategia dei brand; il 38% degli intervistati ha dichiarato di scoprire brand che non conosceva proprio tramite questo strumento». E la stessa funzione del podcast non riguarda più soltanto la sfera dell’intrattenimento: il 58% degli intervistati dice di avere imparato dal nuovo mezzo di comunicazione cose che prima non sapeva. Inoltre, stimola l’immaginazione.
La grande audience, quindi, oggi, è più attenta, recettiva, proattiva, coinvolta e pronta ad accogliere il nuovo, ed è sempre più in grado di scegliere e valutare se vale la pena dedicare del tempo all’ascolto di un podcast piuttosto che un altro.
Il podcast sulla sessualità maschile
«Il cervello collega una voce a una serie di emozioni. Per questo è molto importante nel podcast. Con gli anni, la fidelizzazione è cambiata: oggi devi essere presente ovunque e su qualsiasi piattaforma», ha commentato, durante l’evento, Diego Passoni, speaker di Radio Deejay e podcaster che, recentemente, ha lanciato un podcast inusuale: «Assieme all’urologo Nicola Macchione abbiamo prodotto “Cazzi nostri – cose tra maschi“, un podcast che affronta il tema della sessualità maschile in tutte le sue forme – commenta lo speaker – Anche se la scelta del nome non è premiante per l’algoritmo, abbiamo voluto far luce sul fatto che i maschi raramente hanno la possibilità di confrontarsi con un medico sul tema del sesso, mentre le donne, almeno una volta nella vita, vanno dal ginecologo».
Oggi il podcast di Passone, alla sua seconda stagione, racconta, assieme a noti personaggi dello spettacolo come Max Pezzali e J-Ax non di un maschio “alpha” ma di persone che affrontano le loro fragilità e i loro insuccessi.