«Il mio primo approccio con il mondo del crimine è arrivato da piccola, quando con mamma guardavamo “Chi l’ha visto”. Crescendo io e lei abbiamo continuato a commentare i casi di cronaca nera più eclatanti. Oggi quel “pallino” per il giallo è per me un lavoro». Inizia così la storia di Elisa De Marco, meglio conosciuta come “Elisa True Crime“, podcaster e youtuber da milioni di follower. Tra le produzioni OnePodcast, “Elisa True Crime” e “Delitti Invisibili” sono tra quelle più ascoltate. Classe ’89, di Torino, nel 2020 Elisa si ritrova a Shangai in piena pandemia. E in quella situazione tragica, lontana migliaia da casa, arriva l’idea: iniziare a pubblicare video sul suo canale YouTube che si chiamerà “Elisa True Crime”. «Probabilmente era anche un modo per ritrovare di quel filo che mi unisce a mia madre», racconta. Quali sono state le sue chiavi del successo? E che cosa ha in mente di fare in futuro? Ce l’ha raccontato proprio lei.
Elisa, ti aspettavi di ottenere un successo del genere?
Assolutamente no. Oggi su YouTube conto 1,23 milioni di iscritti e su Instagram 461mila. A parte la passione che condivido con mia madre, sono sempre stata circondata da amici che non erano interessati ai casi irrisolti. In realtà credo che tutt’oggi le mie amiche non abbiano mai visto un mio video (ndr risata!).
Quando hai capito che quella passione tramandata da tua madre avrebbe potuto diventare un lavoro?
Era il 2020 e mi trovavo a Shangai. Arrivai pochi giorni prima che scoppiasse la pandemia, quindi fui costretta a restare dove ero, lontanissima da casa, circondata da regole molto stringenti. Con mio marito, Edoardo Coniglio, saremmo dovuti rimanere a Shangai per un breve periodo, ci siamo restati 3 anni. Io, che ho sempre lavorato da quando sono maggiorenne, mi sono ritrovata nella condizione di non poter lavorare. Con il Covid era diventato impossibile e stare senza far niente per me era terribile, così ho iniziato a concentrarmi su questa mia passione. Seguivo alcuni canali americani dove c’erano ragazze che raccontavano storie di cronaca nera e mi sono detta: “Perché non raccontare anche io casi che mi hanno colpita su YouTube?”
E poi come è andata?
I primi video che ho registrato erano senza microfono, ma hanno iniziato ad andare subito molto bene e a essere sempre più seguiti. Dopo 8-9 mesi da quando avevo iniziato, gli iscritti al canale erano già 100mila, poi è arrivata la proposta di trasformare quel lavoro in un podcast, il mio primo libro, “Delitti invisibili”, ed è stata un’escalation. Io e mio marito ci siamo messi in società e così è iniziata questa avventura.
Nei casi di cronaca nera che racconti, quale ti ha colpito in particolare?
Proprio quello che è appena uscito oggi, per Halloween, che racconta la storia di McKamey Manor, una casa degli orrori che è stata aperta a San Diego da Russ McKamey e che poi è diventata una casa delle torture. Per entrare, gli ospiti devono firmare una rinuncia di responsabilità che include dettagli espliciti su come il partecipante potrebbe essere sottoposto a varie forme di tortura fisica e psicologica . Nei primi anni, agli ospiti non era permesso lasciare l’esperienza senza il permesso dello staff, ma da allora sono state implementate delle parole di sicurezza che consentono all’ospite di andarsene in qualsiasi momento se lo desidera. La controversia di questo caso, tra l’altro, è che McKamey non è mai stato arrestato. Oggi è accusato di tentato omicidio.
Puoi raccontarcene un’altra davvero terrificante?
Si, la storia di James Bulger, che racconto in “Elisa True Crime”. Si tratta di quanto accaduto a un bambino inglese di 2 anni che, nel 1993 venne rapito, torturato, seviziato e ucciso da altri due bambini di 10 anni, Jon Venables e Robert Thompson. Quello che è successo al piccolo James è veramente al limite dell’immaginario umano. E la cosa che più di tutte mi ha sorpreso è che a commettere quei crimini siano stati altri due bambini.
Quali pensi siano state le chiavi del tuo successo?
Credo la semplicità del racconto, ma anche il fatto che aggiunga anche la mia opinione in certi casi, in modo molto spontaneo e semplice. Penso che con gli ascoltatori si crei un’empatia, riesco a sentire che le persone possono identificarsi in me, un po’ come un’amica che racconta una storia in tono pacato. Nel podcast ho voluto essere me stessa e trasmettere quell’approccio con il quale guardavo “Chi l’ha visto?” con mia madre.
Poi è arrivato anche il libro…
Esattamente, nel novembre 2022 ho pubblicato il mio primo libro, “Brividi – Storie che non vi faranno dormire la notte” (Mondadori Electa), e lo stesso anno ho ricevuto il Premio Webboh come Creator dell’Anno. Nel 2023 ho pubblicato sempre per Mondadori Electa “Manipolatori – Le catene invisibili della dipendenza psicologica” in cui ho raccontato quattro storie apparentemente lontane tra loro, ma unite dalla stessa inquietante matrice psicologica.
Puoi svelarci qualcosa dei tuoi progetti per il futuro?
Anzitutto alle Gran Canarie, dove oggi viviamo io e mio marito, che è anche il mio socio, abbiamo messo in piedi la nostra piccola redazione con un set, una sala registrazioni e video, così da avere tutto l’occorrente per lavorare completamente da remoto. Poi uscirà il mio terzo libro, sui sopravvissuti. Si tratta di una raccolta di storie a lieto fine. Infine, con mio Edoardo stiamo lavorando a un video-podcast insieme, legato sempre al genere crime ma non saranno storie come quelle che propongo nei podcast. Prevediamo l’uscita nei primi mesi del prossimo anno.