Cristina Angelillo è la mamma founder della startup editoriale. «E’ cominciato tutto come un gioco ma oggi siamo un’impresa»
C’è chi continua a sostenere che gli schermi di tablet e smartphone fanno male ai bambini e chi è convinto che possano essere un’opportunità. Cristina Angelillo, 33 anni, ingegnere delle telecomunicazioni, mamma, è tra le persone che hanno deciso di mostrare al mondo che un bambino davanti ad un telefonino può imparare, può giocare apprendendo in maniera sicura, senza alcun rischio. Cristina è la mamma non solo della sua piccola figlia ma è anche la madre delle app a misura di bambino, vero tesoro di Marshmallow-games.com. Non sappiamo se questa sua idea sia nata leggendo Maria Montessori ma parlando con lei si ha proprio la sensazione che dietro il suo pensiero e il suo progetto si celi, forse inconsapevolmente, il “metodo” montessoriano in stile 2.0. Cristina ha creato delle app per e con i bambini: ogni contenuto è stato pensato per loro e studiato insieme ai bambini per creare il miglior prodotto possibile.
Con Pietro il Fattore è possibile imparare colori, numeri e forme e con la “app” della giungla si apprende a contare e sommare, a stimolare il ritmo e la memoria, organizzando una festa per Mirco l’elefante. Per i più grandi il team di Cristina Angelillo ha creato anche “Cosmolander”, un viaggio tra pianeti e stelle per imparare l’astronomia e il dottor Perlopiù con il quale scoprire come siamo fatti e aiutare i quattro protagonisti della “app” a guarire da strambe malattie. Per capire meglio chi e cosa si nasconde dietro Marshmallow-games.com abbiamo incontrato la “mamma” dell’innovativo progetto.
Cristina cosa risponde a chi dice che i nostri bambini non devono stare davanti agli schermi?
«Il messaggio che vogliamo dare ai genitori è che gli strumenti digitali possono essere un’opportunità per i loro figli. I bambini sono molto attratti anche perché noi siamo i primi ad usarli. Sono attirati dal fatto che muovendo un dito hanno una risposta immediata; dai colori, dall’interazione. Vanno creati dei contenuti adatti alla loro età. Noi abbiamo preso le materie scolastiche e abbiamo cercato di renderle divertenti attraverso il digitale».
Addio alle costruzioni Lego e alle macchinine?
«Vietare l’uso di questi strumenti è sciocco, vanno educati al loro uso. A casa mia ci sono i giochi classici ma non manca il tablet. I bambini hanno una predisposizione innata che va sfruttata. Va dato un tempo di utilizzo: il bambino deve giocare più con i giochi analogici e solo in parte con il digitale. Non bisogna esagerare: i bambini devono stare all’aria aperta e giocare con gli altri».
Qual è il target dei vostri “clienti”?
«Abbiamo creato una linea per i bambini dai tre anni ai cinque anni dove abbiamo mischiato l’elemento della filastrocca con la matematica. Ci sono poi prodotti per i più grandi. I bambini hanno manifestato interesse per le nostre “app”: in media dopo un mese dal primo uso il 12% torna in un’ “app” mentre con le nostre la percentuale sale al 65%. Abbiamo inventato un format che funziona perché non annoia».
Come riuscite a raggiungere le famiglie?
«Abbiamo un blog ma anche attraverso i social network arriviamo ai genitori. All’estero siamo sbarcati anche attraverso i canali tradizionali di diffusione delle “app”».
Un vero e proprio successo. Ma come è nato questo progetto?
«E’ cominciato tutto come un gioco ma oggi siamo un’impresa. Tre anni fa ero incinta della prima bimba, facevo tutt’altro allora: ero ingegnere delle telecomunicazioni. Non so se ti è mai capitato di bloccarti e guardare la tua vita dal di fuori. Lì durante la gravidanza ho avuto il coraggio di cambiare, di dare una svolta. Con un’altra persona abbiamo creato le prime due “app” e partecipato ad un bando della Camera di Commercio di Bari che ci ha permesso di prendere 90 mila euro. Da lì è cominciato tutto: abbiamo aperto una società e sviluppato la nostra idea grazie al finanziamento. Oggi siamo in dieci con diverse competenze: grafici, sviluppatori, esperti in comunicazione, logopedisti. Abbiamo persino un gruppo di bambini con i quali lavoriamo per testare le nostre “app”».
Progetti futuri?
«Abbiamo lavorato con Clementoni, con Tim. Uno dei progetti in essere è “Navigare sicuri”. Stiamo facendo una “app” sulla sicurezza dei bambini in auto e un’altra sulla raccolta differenziata».
Migliore startup dell’editoria digitale
Oggi grazie alle “app” a misura di bambino, Cristina, ha messo in piedi un’opportunità di lavoro per altre giovani donne che fanno parte della sua squadra e che hanno conquistato la Rete.
Lo scorso anno il Salone internazionale del libro di Torino ha premiato Marshmallow e Cristina Angelillo come migliore startup dell’editoria digitale.
Un modello che ha interessato molte altre società che stanno seguendo l’esperienza barese che è riuscita a dare una risposta concreta anche a tutti i detrattori dell’uso del telefonino per i bambini. Non sempre lasciare nelle mani di un ragazzino un tablet può essere rischioso e diseducativo. La tecnologia e la digitalizzazione se accompagnate possono trasformarsi in una risorsa.