Sulla Stazione Spaziale Internazionale si studia come coltivare piante (per esempio, le lenticchie) in condizioni di microgravità. Per fornire cibo fresco agli astronauti. Ma anche per rivoluzionare l’agricoltura del futuro
La missione è quella di studiare il modo con cui le piante riconoscono lo spazio circostante e si orientano per far crescere le loro radici e per andare, quindi, alla ricerca di luce e nutrimento. Perché la comprensione dei meccanismi in base ai quali un organismo vegetale vive in un determinato spazio potrebbe rappresentare il primo passo verso un’autentica rivoluzione agricola. Lo studio di questi meccanismi, infatti, consentirebbe anche di capire come le piante si comportano in condizioni di microgravità. Vale a dire, lontano dalla Terra e dalla sua forza d’attrazione. E così, finalmente, gli astronauti, costretti per lunghi periodi di tempo a stare in orbita in condizioni di microgravità o in completa assenza di gravità, potrebbero coltivare e mangiare verdure o legumi freschi, cresciuti a centinaia di chilometri di distanza dalla superficie terrestre.
Le lenticchie sulla Iss
In effetti, è quanto si sta già provando a fare sulla Stazione Spaziale Internazionale. Qui sono stati coltivati campioni di piante di lenticchie e germogli di radici, che sono stati poi conservati sotto resina e analizzati. E all’interno delle cellule di queste piante, i ricercatori hanno potuto osservare che gli statoliti (organismi intracellulari pieni di amido che si dispongono in base alla percezione della gravità e che di norma sono allineati verso il basso per effetto di quest’ultima) fluttuano liberamente. E ciò accade proprio perché questi esemplari di piante sono cresciuti nello spazio, in assenza di gravità. Del resto, il fatto che la gravità ridotta non impedisca il completamento dei cicli vitali delle piante è un dato acquisito: nello Spazio i semi germogliano, le piante crescono, fioriscono e fanno frutti. Tuttavia, la microgravità può provocare alterazioni in alcuni processi biologici, innescando, di conseguenza, anche alterazioni nella struttura e nella funzionalità dei diversi organismi. Queste modifiche, sebbene spesso non mettano a rischio la sopravvivenza della pianta, possono comunque determinare variazioni della quantità e della qualità di quelle parti che vengono consumate come cibo fresco. Le parti commestibili delle piante coltivate nello Spazio, insomma, possono avere una composizione nutrizionale diversa rispetto a quelle coltivate sulla Terra. L’effetto della microgravità è stato studiato principalmente su alcuni dei processi che caratterizzano lo sviluppo delle piante, in particolare sul gravitropismo, cioè la crescita delle radici guidata dall’attrazione gravitazionale.
Crescita monitorata
Per questo, le immagini dei semi di lenticchia, coltivati in apposite camere di coltivazione, sono state registrate nel corso dell’intera durata dell’esperimento a bordo dell’Iss e, in tempo reale, sono state inviate ai laboratori dell’Université “Blaise Pascal” di Clermont-Ferrand, in Francia. Oltre ad aver permesso di verificare il successo dell’esperimento e di monitorare la crescita dei semi, queste foto hanno offerto l’opportunità unica di testare anche solo a un primo sguardo l’abilità delle radici di rilevare bassissimi livelli di gravità e di adottare, in risposta, curvature significative e misurabili. «È fondamentale poter coltivare semi in un ambiente caratterizzato da microgravità, perché solo così possiamo analizzare quali variazioni siano davvero riconducibili all’azione della forza di gravità», spiega Valérie Legue della “Blaise Pascal”. Così, nel laboratorio di ricerca creato nell’ambito dell’Iss dall’European Space Agency, il cosiddetto modulo “Columbus”, sono state raccolte in pochissimo tempo circa 2.500 immagini in time-lapse di 768 semi diversi. Esse serviranno per monitorare i movimenti delle piante in condizioni di microgravità. Un esperimento che potrebbe cambiare radicalmente il modo di coltivare le piante e grazie al quale si potrebbero conoscere le potenzialità reali di varie tecniche alternative di coltivazione: si pensi, per esempio, a quella in verticale, che potrebbe aumentare la resa della coltura per metro quadrato.
Il calcio in orbita
L’esperimento dell’Esa, denominato “Gravi-2”, s’inserisce peraltro in un filone di ricerca già inaugurato dall’Agenzia spaziale giapponese Jaxa e di cui ha parlato anche “Media-Inaf”, il notiziario dell’Istituto nazionale di Astrofisica. Concluso il precedente esperimento “Gravi-1”, ora i ricercatori stanno esaminando il modo con cui le piante utilizzano il calcio. Quest’ultimo si diffonde all’interno dei vegetali attraverso le radici ed è considerato un elemento importante per la loro crescita, perciò adesso si studia come si potrebbe comportare in orbita. Il calcio intracellulare, infatti, agisce come secondo messaggero nella traduzione dei segnali di gravità. Queste analisi permetteranno, appunto, di decifrare il ruolo da lui svolto nel rilevare e trasmettere i dati sulla gravità e di comprendere i conseguenti effetti generati nelle diverse strutture cellulari. Dalle radici al calcio, dunque. Ma i ricercatori hanno anche un altro obiettivo. Per identificare quali catene di geni vengono stimolate di più nella percezione della gravità, hanno estratto segmenti di Dna da vari campioni selezionati appositamente. L’analisi dei dati estrapolati in questa maniera, in pratica, consentirà agli studiosi di individuare quei geni che potranno essere utilizzati in futuro per altri progetti e che saranno in grado di giocare un ruolo importante nella percezione della gravità sia quando ci si trovi sulla superficie terrestre sia quando si volteggi in orbita, nello Spazio.