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Gli investimenti in startup AgriFoodTech non hanno mai raggiunto vette così alte, ma le sfide che il settore agroalimentare globale deve affrontare sono altrettanto impegnative. Per raccontare il mondo dell’innovazione, dal campo alla tavola, è nato The Food Makers
Dagli albori dell’umanità fino agli anni ’50 del secolo scorso il pensiero primario dell’uomo è stato trovare del cibo. Il cibo era al centro della vita quotidiana delle persone e gran parte degli sforzi messi in campo da ogni essere umano erano volti a procurarsi cibo, lavorarlo e consumarlo.
Circa settant’anni fa l’innovazione tecnologica e scientifica ha portato all’avvento della meccanizzazione agricola, simboleggiata dal trattore, e alla diffusione di concimi e agrofarmaci di sintesi per nutrire e difendere le piante.
Per gran parte dell’umanità questa rivoluzione significò alimenti buoni, sani e a buon mercato. E il cibo diventò per molti una commodity di cui non era necessario preoccuparsi. Oggi fare la spesa incide per una frazione del reddito familiare e in molti non pensano da dove il cibo viene o quanto costa in termini di impatto sul Pianeta. Oggi però qualcosa sta cambiando.
Da un lato molti consumatori si sono accorti di quanto il cibo sia importante nelle nostre vite e per la nostra cultura. Dall’altro il cibo rischia di tornare ad essere una risorsa scarsa. L’Onu prevede che nel 2050 saremo 9,5 miliardi di persone: 9,5 miliardi di bocche da sfamare ogni giorno, tre volte al giorno.
Al contempo le terre coltivabili sono limitate (e in declino). Ci sono poi i cambiamenti climatici, che stanno rendendo il clima sempre più imprevedibile e avverso. Mentre siamo ormai consci che l’approccio all’agricoltura di una volta non è più sostenibile e molti terreni hanno perso di fertilità e la biodiversità a livello globale è in declino.
Per alcuni la soluzione è tornare all’agricoltura del passato. Per altri è andare avanti e innovare. Da qui nasce l’idea di The Food Makers, un canale dedicato all’innovazione nel settore agroalimentare, dal campo alla tavola. E come partner di questa avventura StartupItalia ha scelto Syngenta, leader a livello globale per lo sviluppo di soluzioni (sementi, agrofarmaci e digitale) per l’agricoltura.
Si fa presto a dire AgriFoodTech
È ormai sotto gli occhi di tutti che il settore agroalimentare sta vivendo una vera rivoluzione. E a confermarlo sono i numeri. Nel 2020 si è raggiunta la cifra monstre di 30 miliardi di dollari investiti in startup AgriFoodTech e lo scorso anno, nel primo semestre, sono stati raccolti ben 24 miliardi (dati AgFunder), segno che probabilmente nel 2021 (presto avremo i dati) si sarà sfiorata la soglia dei 50 miliardi.
Ma che cosa si intende per AgriFoodTech? Il settore è ampio e variegato. Si va dalle soluzioni biotecnologiche per il miglioramento vegetale (le Tea) agli agrofarmaci di origine biologica, che sfruttano il potenziale della natura per difendere piante e animali.
Ci sono i trattori a guida automatica, le attrezzature 4.0, come anche i software che predicono gli attacchi di insetti o lo sviluppo di malattie, negli animali e nelle piante. Ci sono poi le bioenergie e i biomateriali, per rendere le aziende agricole ‘carbon neutral’. E poi i marketplace, dove gli agricoltori possono comprare ciò che gli serve per produrre cibo, oppure i consumatori possono acquistare beni direttamente dagli agricoltori.
C’è poi il mondo della food safety e della tracciabilità, rivoluzionato dall’avvento di blockchain. Ma anche il FinTech e l’InsureTech sta cambiando il modo di fare agricoltura. Senza parlare delle vertical farm e dell’indoor farming in generale, che vede l’Italia pioniera in questo settore. Mentre negli Usa sta diventando realtà la rivoluzione della cultured meat e il dilagare delle proteine vegetali (al posto di quelle animali).
Risalendo ancora la catena del valore troviamo l’immenso mondo dell‘eGrocery (la consegna della spesa a domicilio) e del FoodDelivery, che continua a catalizzare gli investimenti maggiori (abbiamo raccontato i vari round di Jus Eat, Deliveroo, Uber Eats e altri ancora). Ma ci sono anche la stampa di cibo 3D, la robotica nei ristoranti e i nuovi modelli di consumo e acquisto di cibo.
Per arrivare poi nelle case delle famiglie, dove stanno iniziando a fare capolino forni e frigoriferi 4.0. Ma una cosa che la pandemia ci ha insegnato è che il cibo sta tornando al centro delle nostre vite e delle nostre case. Cucinare non è più (solo) un dovere, ma sta diventando anche un piacere, da condividere in famiglia. Cambiano così i gusti, le ricette, il modo di acquistare ingredienti e cucinarli.
Diamo un po’ di numeri
Guardando al panorama AgriFoodTech lo scorso anno i deal maggiori sono stati messi a segno da startup di eGrocery e FoodDelivery. In Italia ricordiamo Cortilia, che ha raccolto 34 milioni. A livello globale gli ordini di grandezza sono altri: la piattaforma di acquisto collettivo cinese Furong Xingsheng ha raccolto 2 miliardi.
L’Asia, Cina in testa, è la vera sorpresa degli ultimi anni, con fondi di investimento e startup che hanno fatto parlare di sé. Solo i deal cinesi nel campo dell’eGrocery hanno cubato nel primo semestre 2021 3,8 miliardi di dollari.
Se si escludono i giganti cinesi, i deal a livello globale sono comunque capeggiati dall’eGrocery, che assorbe il 23% delle risorse. Ci sono poi quelle che vengono definite le Midstream Technologies (logistica, catena del freddo, tracciabilità, …) che cubano per il 15%. E poi il settore Retail&Restaurant con un 13%, rivoluzionato dalla pandemia di Covid-19.
Mentre il settore AgTech (quello più vicino all’agricoltore) è ancora sotto capitalizzato. La prima categoria si trova al settimo posto: Ag Biotechnology, con 1,2 miliardi di dollari raccolti nel primo semestre 2021.
Se guardiamo invece al risiko degli investimenti gli Usa si confermano il gigante da battere, con 9,5 miliardi raccolti nel primo semestre 2021. Seguono la Cina, con 4,5 miliardi, l’India con 2 mld, la Turchia (1 mld), la Germania (0,8 mld), la Spagna (0,7 mld), Singapore (0,7 mld), Uk (0,6 mld), Finlandia (0,6 mld), Canada (0,4 mld), Brasile, Indonesia, Danimarca e Norvegia con 0,3 miliardi a testa e Israele con 0,2 miliardi. Italia, per ora, non pervenuta.