La chiave per l’alimentazione corretta è nei geni. Un progetto (passato anche attraverso il crowdfunding) porta a un kit con un test genetico fai da te. E forse a una startup
Un’alimentazione come un vestito cucito su misura. Nutri Gene Profilers nasce per offrire una soluzione alimentare personalizzata, realizzata a partire dalle caratteristiche irripetibili del proprio corredo genetico. Il progetto Nutri Gene Profilers (NGP) ha l’obiettivo di promuovere il benessere a tavola e di contrastare la diffusione sempre più frequente delle problematiche del comportamento alimentare, soprattutto dell’obesità. La principale tendenza in atto, in ambito nutrizionale, si basa sulla ripartizione classica di macronutrienti (lipidi, proteine e carboidrati) e micronutrienti (vitamine e minerali), effettuata sulla base del fabbisogno energetico ed in riferimento alla giornata alimentare. Un tale approccio, in molti casi, non basta ad assicurare condizioni di benessere: studi scientifici recenti dimostrano, infatti, che ciascun individuo risponde in maniera soggettiva all’alimentazione e che questa soggettività dipende dal patrimonio genetico (nutri genetica). Se nel DNA ci sono variazioni genetiche anche minime, possono verificarsi risposte “errate” dell’organismo all’introduzione di determinati alimenti.
Come nasce il progetto
“Il progetto nasce dalla mia duplice esperienza, come biologa nutrizionista e come ricercatrice”, commenta Maria Carmela Padula, ricercatrice presso l’Università degli studi di Basilicata, biologa nutrizionista e nutrigenetista. “Come nutrizionista, ho riscontrato un’alta variabilità nelle risposte degli individui ai regimi alimentari. Anche se la dieta viene realizzata con una dettagliata personalizzazione, tenendo conto delle misure antropometriche delle persone, non sempre si rivela efficace. Durante il mio dottorato in biotecnologie, ho approfondito la ricerca sulle variazioni genetiche che possono predisporre l’individuo a varie patologie. Nel caso specifico, ovvero quello della nutri genetica, ho approfondito le risposte dei soggetti ai regimi alimentari, in relazione al loro corredo genetico”. L’altro membro del team è il dottor Giuseppe Martelli, Associato in Genetica presso l’Università degli Studi della Basilicata.
Un kit fai da te
“La letteratura scientifica attesta già da tempo l’esistenza di piccole varianti nel Dna, che sono in grado di determinare una risposta diversa ai cibi, da persona a persona”, continua la Padula. “Il Dna è costituito da 4 basi, un errore nella successione di questi elementi può comportare delle importanti conseguenze sul nostro metabolismo”. Con lo scopo di individuare tali varianti, NGP ha creato un kit che parte dall’analisi nutrigenetica e grazie al quale è possibile studiare un pannello di geni implicati nelle principali vie metaboliche correlate all’alimentazione. Sarà possibile indicare a ciascuno come alimentarsi leggendo nei geni ciò rappresenta il meglio per il proprio organismo e offrire un monitoraggio costante. “L’alimentazione può intervenire, ripristinando la funzione mancante causata dalla variazione genetica”, continua la Padula. “Un esempio è quello dei soggetti che sono a rischio cardiovascolare, ci sono persone per cui non funziona bene il recettore che permette d’introdurre l’acido folico all’interno dell’organismo. L’acido folico è importante, perché in questi soggetti permette di tenere bassi i livelli di omocisteina. Col test genetico che stiamo realizzando, sarà possibile individuare questo deficit e correggerlo con un’adeguata alimentazione. Sarà possibile identificare anche intolleranze di ogni tipo e suscettibilità al sale e agli zuccheri. Il nostro obiettivo, in questo senso, sarà fornire uno strumento per la prevenzione e per il benessere, un kit per l’alimentazione personalizzata”.
A breve il test genetico, poi forse la startup
Lo sviluppo del prodotto è a oggi in una fase prototipale. “Abbiamo iniziato a lavorare sullo sviluppo del prodotto, individuando un target che comprende chiunque abbia a cuore il proprio benessere: non solo chi presenta una patologia, ma chiunque voglia comprendere i propri meccanismi interni per poter regolare poi il proprio atteggiamento a tavola”, spiega la Padula. Ci sono poi farmacie e parafarmacie come canali di distribuzione, le società sportive perché ci sono alcuni polimorfismi che sono collegati alle performance sportive, le spa e i laboratori per le analisi in service, che vogliano disporre anche dell’analisi nutrigenetica. Il prodotto sarà una piccola scatoletta, all’interno della quale ci sarà una provetta con un tampone, che permetterà di recuperare le cellule della mucosa boccale. Si tratta di un test non invasivo, dotato di un codice identificativo univoco per garantire la privacy del soggetto, che poi spedirà il tampone in laboratorio per le analisi. “La nostra iniziativa di crowdfounding finirà il 15 febbraio. Purtroppo non è andata come avremmo voluto. Abbiamo scelto questo mezzo di finanziamento per arrivare direttamente all’utente, anche se ancora poco utilizzato dalla ricerca scientifica. Volevamo essere innovativi anche nella fase di promozione, però c’è stata una risposta diversa da quella attesa. Ora stiamo proseguendo col progetto: nei prossimi mesi realizzeremo i primi kit, per fare dei test di prodotto, per poi decidere se creare una startup o uno spinoff universitario”, conclude la Padula.