Dall’Olanda al Giappone, sono sempre di più le aziende agricole hi-tech che scelgono di coltivare al chiuso. L’obiettivo è chiaro: preservare suolo e trovare metodi produttivi alternativi per sfamare la crescente popolazione mondiale negli anni a venire, mettendola al sicuro da carestie e calamità naturali.
L’agricoltura del futuro sarà sempre più indoor e verticale. Supertecnologica, concentrata in piccoli spazi e controllatissima. All’insegna del risparmio di risorse. E ottimizzata. Le Nazioni Unite hanno previsto che la popolazione mondiale crescerà di circa 2,5 miliardi di persone entro il 2050, e l’80 per cento di queste vivrà nelle città. Allo stesso tempo, l’80 per cento della terra adatto alla coltivazione è già in uso. Non solo: negli ultimi decenni è cresciuto esponenzialmente l’impatto delle calamità naturali sulle coltivazioni e conseguentemente sul prezzo degli alimenti.
Il futuro si sta concretizzando sotto forma di centri di ricerca come quello che Philips ha appena inaugurato a Eindhoven, nei Paesi Bassi, che studia proprio soluzioni che permettano alle piante di crescere senza la luce del sole in ambienti chiusi o vicino a all’interno delle città. Si chiama GrowWise Center ed è il più grande impianto agricolo coperto del mondo, esclusivamente dedicato alla ricerca e sviluppo di tecniche per ottimizzare la produzione alimentare. Il centro è dotato di uno speciale sistema di illuminazione per l’orticoltura a LED, che emette luce di colore diverso, influenzando il comportamento delle piante. Regolando l’intensità delle lampade,infatti, è possibile variare e regolare la resa delle colture e innescare un ciclo produttivo costante e senza interruzioni, essendo l’illuminazione costante.
Agricoltura indoor per risparmiare suolo
Perché sembra che l’agricoltura “futurista” possa diventare la soluzione alla carenza di cibo e risorse. Con le sempre più evidenti problematiche di scarsità alimentare e spreco di risorse ricercatori e ingegneri di tutto il mondo uniscono le loro conoscenze in merito per sviluppare mezzi per il risparmio idrico e pratiche agricole indipendenti dal clima. “Con le ultime tecnologie studiate – spiega il capo del dipartimento di sostenibilità di Philips , Nicola Kimm – per produrre un chilo di pomodori saranno sufficienti 5 litri d’acqua, contro i 30 utilizzati per coltivare lo stesso quantitativo in un’impresa agricola tradizionale in Olanda e 60 in Spagna”.
Oltre a quello a marchio Philips, che si concentra maggiormente sull’illuminazione, e che collaborano con questo, sono moltissime le “aziende agricole hi-tech indoor” che stanno nascendo nel mondo. BrightBox Research center di Venlo, per esempio, è un modernissimo impianto orticolo che permette di influenzare tutti i fattori che concorrono alla crescita delle piante. Si tratta del primo progetto europeo di ricerca dove la produzione a più livelli in tutti questi fattori può essere eseguita su scala commerciale. Un ambiente che permette cioè a singoli agricoltori di condurre le proprie personali ricerche. Il GNG City Farm di Osaka, in Giappone, è stato istituito per promuovere la costruzione di parchi urbani e per la produzione di sicure verdure fresche. Dotata di 13.000 LED, questa città-azienda attualmente produce indoor ogni giorno 5.000 verdure a foglia verde.
O Delissen, azienda olandese specializzata nella coltivazione di lattuga indoor e idroponica (le piante nascono e crescono con radici in acqua). I coltivatori possono controllare la durata esatta, la luminosità e gli spettri di luce per ciascuna coltivazione, garantendo una crescita costante per tutto l’anno. “Durante la fase di test – commenta Mark Delissen – abbiamo scoperto che le piante in cella crescono con una qualità molto più elevata. Questo perché sono esposte a condizioni ottimali costanti, mentre in natura devono far fronte a variazioni di temperatura, umidità dell’aria e altri fattori incontrollabili”.
L’ottimizzazione del processo di coltivazione si traduce quindi in un rendimento migliore per gli agricoltori e una qualità costante dei prodotti per i loro clienti. Insomma il GrowWise e gli altri sono sì hub della ricerca, ma potrebbero divenire la normalità. Dobbiamo iniziare a immaginare che grandi fabbriche rimpiazzerano i campi?