Con i suoi 18 anni di attività e un fatturato annuale di 16,2 milioni di dollari, Divine Chocolate ha dimostrato che un’altro modello di business, etico e proficuo, è possibile
Un business da 16,2 milioni di dollari, un’azienda dove i principali azionisti sono i coltivatori di cacao: questo il modello su cui Divine Chocolate sta costruendo il suo successo. Un risultato che spicca in un momento buio per l’industria del cioccolato. Sembra infatti che big come Nestlè, Mars e Hershey siano alle prese con cause legali e boicottaggi, due ingredienti che non fanno molto bene agli affari. La ragione sta nel fatto che, come riportato da più fonti, queste aziende sfrutterebbero manodopera minorile. Divine Chocolate sembra invece seguire tutta un’altra rotta. Con i suoi 18 anni di attività e un fatturato annuale di 16,2 milioni di dollari, hanno dimostrato che un’altro modello di business, etico e proficuo, è possibile.
I principali azionisti sono gli agricoltori
Divine Chocolate non è nata dalla brillante intuizione di una sola mente. È una storia di collaborazione tra produttori di cacao, di mutuo aiuto. L’azienda ha rovesciato la tradizionale catena produttore-trasformatore, sovvertendo anche la condizione di soggetti sfruttati. Infatti i principali azionisti di Divine Chocolate sono gli agricoltori, quelli che il cacao lo piantano, lo fanno crescere e lo raccolgono.
In 85 mila vendono in 10 paesi
La storia di Divine Chocolate inizia nel 1997, quando oltre 20.000 coltivatori della cooperativa ghanese Kuapa Kokoo hanno capito quanto denaro fruttava il cioccolato. In quell’anno hanno deciso di aprire la propria fabbrica di cioccolato. Oggi, dopo una fusione Kuapa Kokoo, conta oltre 85.000 membri e vende 70 prodotti in 10 paesi, in tutto il mondo.
2,5 milioni di dollari investiti nella comunità
Divine opera su quattro flussi di reddito: la prima deriva dal prezzo del cioccolato comprato dai soci, il Fair Trade premium, il 44% dei profitti distribuiti, e il 2% del fatturato annuo destinato al sostegno di produttori e allo sviluppo. Il Fair Trade premium va a sostegno della comunità e dei progetti di assistenza sociale, formazione degli agricoltori e bonus individuali. Ad oggi sono stati investiti 2,5 milioni di dollari in assistenza e sviluppo, in particolare per sostenere le donne della comunità e progetti legati alla nutrizione.
Qualità e tracciabilità
Il CEO di Divine Chocolate, Sophi Tranchell, spiega a Inc che la parte più difficile dell’avvio dell’azienda è stata la possibilità di consegnare un prodotto di qualità e continuare la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti, senza rinunciare alla tracciabilità, «la chiave del nostro successo. La sfida più grande per Divine – spiega Tranchell – è stata quella di trovare aziende che volessero fabbricare cioccolato di alta qualità ai livelli quantitativi di cui avevamo bisogno, che fossero indipendenti e preparate a fare cioccolato dal cacao che potevamo fornire». Per superare questo scoglio, le questioni del cambio fluttuante, la competizione con i big già sul mercato, Divine Chocolate ha messo in campo le competenze a sua disposizione, insieme a una grande passione. «La nostra missione era dare al nostro team l’energia necessaria, per portarli a pensare in modo creativo».
Vendite, accesso diretto al mercato, condivisione dei dati
La mission di Divine Chocolate è ben scritta nel suo business plan. La priorità è l’incremento delle vendite. Ma l’azienda mira anche a garantire ai produttori l’accesso diretto al mercato, mettendoli in contatto con consumatori e aziende inglesi e americane. Inoltre Divine Chocolate condivide con gli agricoltori anche le ultime ricerche sul campo e i dati di mercato. Tra le altre azioni messe a segno, c’è anche l’educazione al cacao: Divine ha aperto le porte del mondo del cacao a molti studenti, incoraggiando le giovani generazioni a pensare da dove viene il cibo che mangiano e come vivono le perone che lo producono.
«Nei primi giorni di vita di Divine – ricorda Tranchell – bussavamo alle porte di potenziali partner con deliziose barrette di cioccolate al latte e una grande storia». In risposta ricevevano solo dei, “È bellissimo, ma non funzionerà”. Sembra che si sbagliassero.