Uno studio Usa conferma: quando il cibo ci viene presentato con caratteristiche salutari, ci autoinganniamo sulla sua “pesantezza”. Così il senso di sazietà ne risente
Più ce lo spacciano come salutare, più tendiamo a mangiarne. C’è poco da fare. Lo racconta uno studio, firmato dalla McCombs School of Business dell’università del Texas, secondo il quale le persone tendono a ordinare o acquistare porzioni di cibo sempre più abbondanti in certe circostanze specifiche. Quando, cioè, quei prodotti vengono etichettati come “salutari”. Con tutte le declinazioni del caso, da bio a senza grassi e chi più ne ha più ne elenchi.
L’indagine
Stando all’indagine, pubblicata sul Journal of the Association for Consumer Research, tendiamo a mangiare o comprarne di più perché siamo più o meno convinti che ci “riempia di meno”. Insomma, la folle equazione che faremmo è all’incirca la seguente: se è salutare significa che possono ingurgitarne di più. E quindi lo faccio.
“È abbastanza ironico – racconta Jacob Suher, uno degli autori – più finiscono in circolazione cibi etichettati come salutari più alimentiamo l’emergenza obesità invece di combatterla”. Un po’ meno danni sembrano farli anche altre indicazioni sugli elementi nutrizionali: ci guiderebbero a consumare un po’ meno. O meglio, a sentirci rapidamente pieni. Secondo l’esperta Joy Dubost, portavoce dell’Academy of Nutrition and Dietetics statunitense, lo studio mostra chiaramente il potere dell’inconscio nel disegnare le abitudini alimentari.
“Le specifiche percezioni del cibo assunto possono variare e di molto in base a come l’organismo risponde – aggiunge Dubost – chiaramente abbiamo bisogno di curare sia l’inconscio che lo stato di consapevolezza quando confezioniamo messaggi sul grado salutistico degli alimenti”.
Le fasi della ricerca
La ricerca, articolata in tre fasi, ha rivelato che le persone collegano i cibi non particolarmente salutistici alla sensazione di sentirsi rapidamente sazi. I volontari hanno inoltre ordinato di più e mangiato dunque di più quando è stato comunicato loro che il cibo in questione era invece contraddistinto da qualche particolare caratteristica. Un altro gruppo, quello degli studenti a cui non è stato invece comunicato nulla, si è regolato evitando di servirsi ulteriormente.
Nello specifico, la prima tranche dello studio è sta condotta su 50 studenti di college. Hanno dovuto guardare immagini di cibi salutistici e di alimenti per così dire “normali” procedendo in seguito con un’associazione di sensazioni e parole. In una seconda fase si è passati sul campo, anzi sul piatto: sono stati misurati i livelli di appetito di 40 diversi studenti dopo aver mangiato un biscotto etichettato come a turno come salutistico o meno. I biscotti ovviamente erano sempre gli stessi e proprio in quella situazione si è verificato il cambio d’atteggiamento descritto sopra. Stesso esito dell’ultima fase dell’esperimento che ha riguardato 70 persone alle prese con delle ciotole di popcorn più o meno salutari da ordinare a piacimento.
Il potere dell’inconscio
L’aspetto divertente della parola “salutistico” e presumibilmente di molte delle sue varianti è che anche chi razionalmente non si è detto d’accordo sul fatto che siano meno pesanti di cibi normali poi, alle prese con un’ordinazione così mascherata, non ha resistito. Come? Ovvio: ne ha chiesto di più. Rimangono molti approfondimenti da fare su gruppi diversi di popolazione, dagli anziani agli obesi, per capire se le reazioni siano le stesse.