Il fondo sovrano cinese guida un consorzio che vuole mettere le mani sulla divisione cinese di Yum, cui fanno capo Kfc e Pizza Hut. Ma l’occhio del partito si è posato anche su McDonald’s (che cerca partner)
Il colonnello Sanders alla conquista della Cina. Il baffo più famoso della ristorazione mondiale, simbolo di Kentucky fried chicken, potrebbe vendere la sua divisione cinese. E non solo a fondi d’investimento e imprese private ma anche al governo. Perché a coordinare (tra gli altri) KKR e Baring Private Equity Asia c’è la China Investment Corporation, il fondo sovrano di Pechino.
Falce, martello e fast food
Secondo Bloomberg, il consorzio pubblico-privato sarebbe pronto conquistare la maggioranza (o la totalità) delle attività di Yum in Cina, cui fanno capo sia le insegne di Kfc sia quelle di Pizza Hut. Prezzo per tutto il pacchetto: tra i 7 e gli 8 miliardi di dollari. Non è chiaro però se il gruppo di Louisville deciderà di vendere l’intero capitale, concedere una quota di maggioranza o fare cassa con una di minoranza.
La cifra è sostanziosa, ma l’operazione va valutata con attenzione. Perché, guardando all’ultimo bilancio, il fatturato cinese vale più della metà (il 53%) del totale del gruppo. Per Yum, quindi, la Cina non è un presidio: è il mercato principale. Frutto di una primazia ottenuta con lo sbarco di Kfc nel 1987, tre anni di prima di McDonald’s. Il gruppo conserva il primato ancora oggi, con 7100 punti vendita (tra Kfc e Pizza Hut) e una quota del 24%. Ogni 4 yuan spesi in fast food, uno finisce in tasca al colonnello Sanders e ai suoi soci. La concorrenza si è fatta più forte (nel 2010 la quota era al 39%), ma il principale rivale, McDonlad’s, è ancora lontano (al 14%). Segue il taiwanese Ting Hsin, che sfiora l’8%. Tre stranieri ai primi tre posti, con in mano quasi la metà della torta. Il primo operatore cinese, Hua Lai Shi, ha appena il 3%.
Ecco allora la mossa del governo: conquistare il leader per giocarsi (da una posizione di vantaggio) il mercato dei fast food. Un mercato che, con il cambiamento dei consumi, l’urbanizzazione e la crescita della classe media, promette espansione. E non è detto che la riconquista si fermi a Yum.
Yum contro McDonald’s: il grande balzo in avanti
Se la China Investment Corporation (cioè un pezzo si Stato) mettesse le mani su Yum, dovrebbe poi duellare con McDonald’s. Pollo fritto (pubblico) contro hamburger (privato). Sembra una resa dei conti storica tra il partito che ripudia(va) la proprietà privata e il brand simbolo del turbocapitalismo. Sembra. Perché gli schieramenti, nei fatti, sono assai sfumati.
Anche McDonald’s vuole crescere, con 2800 nuovi punti vendita tra Cina, Hong Kong e Corea del Sud. Il piano prevede uno slittamento verso il franchising. In sostanza i punti vendita non verranno gestiti direttamente dalla casa madre ma da un partner, che ne detiene la maggioranza o la totalità. Al partner spetta la gestione, a McDonald’s una quota degli utili (se ha mantenuto una fetta di capitale) e le royalty sul marchio. La multinazionale ha già indicato la direzione: nel lungo termine, il 95% dei punti vendita saranno in franchising. Per alleggerire la struttura e ridurre i costi di gestione. E la Cina non sarà un’eccezione. Per dare concretezza al progetto servono però partner finanziari. Tra i papabili, secondo Reuters, ci sono Bain Capital, MBK Partners, TPG Capital Management e (riecco la mano pubblica) la holding a controllo statale China Resources.
La contrapposizione tra due gruppi americani in territorio cinese si tradurrebbe allora in un duello tra marchi yankee guidati da mani pubbliche. Per gestire il grande balzo in avanti dei fast food.
Paolo Fiore
@paolofiore