Basterà a risolvere una delle abitudini più esteticamente violente della convivialità contemporanea o non replicherà invece l’atteggiamento del controllo compulsivo anche mentre mangiamo?
Sta diventando un problema oggettivo. Un po’ perché gli smartphone sono ormai più che altro phablet. E quindi ignoranti, vistosi, grossi, esteticamente violenti. Se ci pensate, proporzionalmente parlando in un piccolo tavolo da due la superficie occupata da un paio di supertelefoni può superare quella di un piatto. Come un ospite non gradito.
Il killer dell’attenzione
Poi, soprattutto, c’è la questione dell’attenzione. Se sotto al muso aleggia per ore un buco nero che vi trascina ogni due minuti in giro per il mondo, difficile che possiate dedicare al commensale l’attenzione che merita (se ci siete usciti a cena, ne merita almeno un po’. Se dovete consumare un pasto con gente che non merita la vostra attenzione, fatevi qualche domanda).
Insomma, ci siamo capiti: lo smartphone sul tavolo è in effetti quanto di meno elegante si possa vedere in giro per ristoranti. In casa si spera (per voi e per gli altri) che il problema non sussista. Ma per locali, alla destra delle posate o appena sotto al bicchiere, il protagonista assoluto del pranzo o della cena è ovviamente lui. Come fare per anestetizzarne i nefasti effetti e per restituirci un po’ di sano isolamento o almeno discrezione? Con una soluzione facile facile che in realtà non risolve un bel niente ma, come nella migliore tradizione dell’autoinganno psicologico, sembra risolvere ciò che non sceglie di affrontare.
La soluzione in tasca
Ci ha pensato niente meno che il gigante Ikea. A quanto pare, nel catalogo 2016 proporrà ai tanti aficionados in giro per il pianeta una tovaglietta assai banale ma, sorpresa, dotata di una comoda tasca per riporre (nascondere?) il vostro amato telefonone. Ne parla per esempio Ubergizmo, notando che si tratta in effetti di un oggetto piuttosto elementare (grazie, è appunto una tovaglia) ma che, come tutte le piccole-grandi cose affatto rivoluzionarie, promette di diventare protagonista dell’allestimento di locali, bar e ristoranti.
Un po’ una fondina pronta a instagrammare al momento giusto. Ma anche, nelle altre fasi del pasto, uno scrigno in cui nascondere la suprema fonte di distrazione e superficialità. Almeno mentre ci si nutre in compagnia. Proteggendola anche dai ripetuti schizzi di sugo e pastrugnamenti vari con cui insozziamo il display dei preziosi feticci digitali.
Servirà a qualcosa o finiremo come i poveri frustrati che in palestra, sul tapis roulant, coprono il timer con l’asciugamano per sperare di far trascorrere più velocemente il tempo? Voglio dire: non si trasferisce forse così, in tavola, il rischio di replicare quell’atteggiamento che molti esperti chiamano di “attenzione divisa”, consistente nel controllare proattivamente decine di volte al giorno lo schermo del telefono, anche se non è arrivata alcuna notifica? Magari tirandolo in continuazione fuori dalla tasca dei pantaloni. Non sarebbe insomma forse più dannoso questo movimento di metti-leva-sfila-metti traslocato fra piatti, posate, bottiglie e limoncelli piuttosto che uno sguardo fugace al display poggiato di fianco?