Oltre 50 milioni di volatili colpiti nel Midwest statunitense, l’87% dei quali galline ovaiole. Oltre all’allarme per l’approvvigionamento di uova lanciato da catene, compagnie e ristoranti, c’è anche l’incolpevole trionfo di una startup che parte da piselli e sorgo
Questa è una storia per quelli che liquidano facilmente le cose. Quelli dal fiato corto, che un’impresa o fa soldi adesso o deve morire. Sbagliato. E questa storia – recentissima, talmente fresca che è ancora in corso – vi rifilerà un bel ceffone in piena faccia. Tecnoscettici che non siete altro.
L’influenza aviaria: 50 milioni di animali colpiti
Si tratta dell’influenza aviaria che da alcuni mesi sta devastando il Midwest statunitense. Ad aprile, solo in Iowa che è lo Stato a stelle e strisce in cui si producono più uova, sono state abbattute quasi quattro milioni di galline ovaiole, pace all’anima loro. La causa di questo sterminio, che va avanti da tempo ed è arrivato agli inizi di giugno oltre i 45 milioni di capi colpiti ed eliminati o destinati a esserlo, è un ceppo letale denominato H5N2. Ma c’ha messo del suo anche un’altra mutazione del virus, l’H5N8. Dall’inizio dell’anno sta falcidiano una ventina di Stati, dall’Arkansas all’Idaho, dal Minnesota al Wisconsin. In molti di questi è stato dichiarato lo stato di emergenza nazionale. Insomma, un disastro in piena regola.
Il problema, questa la faccenda, riguarda proprio le tenere galline ovaiole. L’87% dei volatili soppressi nei mesi scorsi tocca infatti questa categoria di animali, fondamentali per l’approvvigionamento della filiera alimentare statunitense (e non solo, ovviamente). Tanto che le catene di ristoranti e le compagnie produttrici sono nel panico e stanno cercando ogni alternativa possibile per sostituire il fondamentale ingrediente.
L’allarme dei colossi, catene e ristoranti
È vero. Molte catene, da McDonald’s a Unilever fino a General Mills, dicono di avere scorte a sufficienza per tamponare l’emergenza. Ma la tremenda epidemia ha squarciato il velo della fragilità degli ecosistemi produttivi, ponendo i colossi (e non solo) di fronte alla necessità di scovare metodi diversi di rifornimento. Non solo in casi come questo ma anche in futuro.
“Uno dei nostri fornitori è stato direttamente colpito dall’influenza aviaria nonostante abbia preso tutte le misure di biosicurezza – ha raccontato al New York Times Lisa McComb, una portavoce di McDonald’s – abbiamo immediatamente messo in campo piani alternativi e per il momento non ci aspettiamo conseguenze di qualche tipo sugli approvvigionamenti di uova nei nostri ristoranti”. Sarà. Ma il panico è scattato specie fra le catene che offrono la colazione, da Denny’s a Ihop: “Continuiamo a monitorare la situazione da vicino” ha detto Craig Hoffman. Altre compagnie che lavorano nella filiera stanno perdendo milioni di dollari e tagliando posti di lavoro.
Il boom delle uova vegetali di Hampton Creek
È proprio a questo punto della storia che irrompe la piccola Hampton Creek del 35enne ex borsista Fulbrigh Josh Tetrick. Non vi dice nulla? Ne avevamo già parlato: è la società che ha inventato il neouovo, o uovo 2.0, realizzandolo a partire dalle proteine presenti nel pisello giallo canadese e in una varietà statunitense di sorgo. Grazie – o sarebbe meglio dire a causa – di quest’allarme rosso che settimana dopo settimana va diventando cronico il gruppo ha visto impennare i suoi ordinativi. E ha iniziato a consegnare in giro per il Paese decine di migliaia di chili del suo Just Mix, un preparato in polvere a base di neouova, proprio alla General Mills, quella dei Cheerios.
“Ci hanno chiamato otto compagnie per capire se potessimo fare qualcosa per loro – ha detto Tetrick – sono tutti preoccupati da questa scarsità di uova”. In seguito sono diventate molte di più, le aziende. Non hanno alzato il telefono perché cercano un’alternativa salutista o bio, green o quello che vi pare, ma perché il ciclo di produzione dei loro prodotti è entrato in crisi per cause di forza maggiore. Per questo, per sanare un vulnus legato all’insostenibilità degli allevamenti così come sono, i colossi hanno iniziato a guardare alle uova vegetali. Hanno cioè premiato l’innovazione tecnoalimentare, mirando anche un prodotto ancora di nicchia, pur di contenere l’emergenza e i prezzi.
Sì, anche i prezzi. Come volevasi dimostrare, infatti, il costo delle uova ha iniziato a salire vertiginosamente sia per i produttori che per i consumatori. Ormai si toccano picchi di 3 dollari alla dozzina: sembra poco, prima della crisi un cartone da sei pezzi XL si comprava da quelle parti con 99 centesimi. E a poco serve l’inventiva degli chef: mica facile fare a meno del prezioso ingrediente. Qualcosa si può far fuori dai menu, non tutto. La notizia è che Hampton Creek aveva in programma di lanciare questi mix in polvere per pancake, muffin e altri prodotti da forno l’anno prossimo. L’enorme interesse degli ultimi mesi ha costretto Tetrick e i suoi ad accelerare la tabella di marcia.
Rimarrà da capire cosa succederà dopo. Forse la strage delle galline servirà almeno a far notare ai responsabili degli acquisti che il mix di Hampton Creek costa il 48% in meno delle uova tradizionali. Senza il rischio di rimanere a secco. O, almeno, col vantaggio di diversificare le fonti. Un atteggiamento intelligente in ogni ambito della vita. Figuriamoci nelle commodity alimentari.