Un indie post apocalittico che non è apocalittico
Si dice sempre: quando l’uomo potrà abitare nuovi pianeti i primi a partire saranno i super ricchi. Semplicemente perché possono permettersi il biglietto. Curioso dunque che la software house indie Demagog studio si sia spinta oltre nelle previsioni. E se un domani, quando la Terra sarà deserta e distrutta e tutti abiteranno su Marte, i più facoltosi dovessero fare ritorno alla casa di un tempo per divertirsi e passare momenti di relax? Nei fatti è questo il plot di Golf Club Wasteland, titolo che evolve la tragicità di una catastrofe, trasportandola in un futuro lontano, in cui il dolore di un tempo è appena nostalgia. Uno dei residenti di Tesla City, la nuova capitale del Pianeta Rosso che accoglie i superstiti, fa ritorno sulla Terra per giocare a golf. Scoprite di più nella nostra recensione.
Recensione di Golf Club Wasteland
Il ritorno sulla Terra è uno spunto narrativo che avevamo già incontrato in videogiochi malinconici, come The Great Perhaps. Con il titolo della startup russa Golf Club Wasteland condivide una grafica dai tratti teneri, stracolma di dettagli che testimoniano la vita che un tempo scorreva in quegli ambienti. Eppure in questo arcade a scorrimento orizzontale raramente abbiamo percepito un vero senso di solitudine e dannazione: il nostro semplice compito è completare le buche, una più folle dell’altra.
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Il gameplay: un golf molto arcade
Con lo stick sinistro puntiamo e diamo la forza maggiore o minore al colpo, per indirizzare la pallina verso la bandierina. Non aspettatevi alcuna forma di realismo: per uscire dalle situazioni più scomode abbiamo addirittura la possibilità di ottenere traiettorie che sfidano le leggi della fisica. Una volta che la buca è completata il protagonista silenzioso userà il suo jet pack per continuare il percorso.
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La software house indie si merita un applauso per come ha realizzato l’ambientazione di Golf Club Wasteland. Con una tonalità blu petrolio costante, il giocatore attraversa un mondo in rovine, con timide forme di vita rimaste, come giraffe e mucche allo stato brado. Ogni angolo è lì ad avvertirci della distruzione avvenuta sul pianeta ma, ancora una volta, l’obiettivo non è didattico e men che meno ecologista. Non c’è la sensazione di dover imparare l’ennesima lezione sui cambiamenti climatici e sul pianeta da salvare.