Durante Seeds&Chips molte le startup che hanno presentato soluzioni per le coltivazioni idroponiche casalinghe. Lattuga in casa, ma dai costi esorbitanti
L’idroponica piace, soprattutto se è in versione casalinga, modulare e connessa alla Rete. Durante Seeds&Chips, il summit internazionale dedicato all’innovazione nel settore AgriFood, sono state molte le startup che hanno presentato le loro soluzioni per coltivare in casa erbe aromatiche e insalate.
Il claim è sempre lo stesso: prodursi da soli le verdure per essere più sostenibili ed evitare sprechi e inquinamento. Nelle coltivazioni indoor non si usano agrofarmaci e si risparmia acqua rispetto al pieno campo. Tuttavia si fa un uso enorme di energia elettrica (visto che le piante crescono con luci al led) e tenendo conto di tutti i costi alla fine un cespo di lattuga costa una piccola fortuna.
Le 7 startup dell’idroponica
Robonica, che è presente a Seeds&Chips fin dalle origini, ha messo a punto Linfa, un modulo esagonale per la crescita di piante in idroponica. Tutto viene gestito da un software e l’agricoltore 2.0 non deve fare altro che vedere crescere la pianta.
Altra italiana è Agrobotica, che ha presentato Hydro 1216, un ambiente di crescita modulare per coltivare in casa praticamente qualunque tipo di pianta, dal seme al raccolto del prodotto. Oppure OwnGreens, società olandese che produce impianti casalinghi per produzioni idroponiche con l’obiettivo di fornire ai consumatori degli strumenti per far crescere in casa insalate.
Altro device italiano è Nido, un dispositivo per l’automazione e il controllo di impianti idroponici. Insomma, il cervello che regola la quantità di nutrienti disciolti nella soluzione che nutre le piante. Un hub che puó controllare anche l’illuminazione, la ventilazione e che ha diversi sensori come quello della temperatura, dell’umidità e della Co2.
Aponix ha giocato invece sul concetto di verticalità, creando un ambiente di crescita idroponico modulare in altezza. Cilindri dotati di alloggiamenti per insalate ed erbe aromatiche che si impilano l’uno sull’altro e crescono non su una superficie piana, ma rotonda e verticale.
Hexagro urban farming ha invece sviluppato delle installazioni multilivello destinate a hotel, negozi e spazi pubblici. Delle piattaforme su cui crescono le piante disposte in modo da ricordare degli alberi. In questo caso invece dell’idroponica viene utilizzata l’aerponica. Tecnologia impiegata anche da Lettus Grow, che ha sviluppato un impianto di produzione di insalate multilivello e completamente indoor.
A lavorare sulle altezze ci ha pensato anche Nutritower, una torre della grandezza di un frigorifero che secondo i fondatori dovrebbe essere presente in ogni cucina per rifornire le famiglie di ortaggi di ogni genere, comprese melanzane, pomodori e peperoni.
Tutte soluzioni per hobbisti, disposti a spendere anche cifre considerevoli per potersi coltivare le proprie verdure in casa. L’unica realtà che guarda al settore business è H2hydroponics, società spagnola che produce impianti anche per serre.
Dopo il deal da 200 milioni di dollari chiuso da Plenty l’attenzione sulle coltivazioni indoor é alle stelle. Ma provarne l’effettiva sostenibilità economica é ancora una sfida. La startup californiana sembra esserci riuscita grazie alle economie di scala e ad una cura maniacale per i dettagli. Le soluzioni casalinghe sono progetti affascinanti, ma lontani dal rappresentare una soluzione alla sfide produttive del futuro.