Arrigo Sacchi ha detto che il calcio è la cosa più importante tra quelle meno importanti. Se è questa la gradazione, appena sotto al gioco del pallone ci potrebbe essere il Fantacalcio, creatura nata con carta e penna negli anni Novanta, con pochissimi dati a disposizione e quella febbre crescente durante il week end da sfogare poi il lunedì mattina, in ufficio tra colleghi, o in oratorio tra amici. «A inventarlo è stato il grande Riccardo Albini, il papà di tutti noi come lo definisco sempre. Si giocava con i voti dei quotidiani». Nino Ragosta è il Ceo di Fantacalcio, il marchio acquisito nel 2017 dal Gruppo Gedi e che oggi mobilita 6,5 milioni di iscritti.

La storia del Fantacalcio nell’era pre Google
In questa nuova puntata del nostro viaggio editoriale alla scoperta delle app nell’era dell’Intelligenza artificiale abbiamo parlato dello sport più seguito e di come grazie all’online viva ormai ben oltre i 90 minuti, tra social, podcast e approfondimenti continui. Ma raccontiamo la storia di come Nino Ragosta, ben prima di acquisire il brand Fantacalcio, avesse messo in piedi una community.
«Eravamo in otto all’inizio. Avevo questa piccola agenzia web in provincia di Napoli e giocavo a Fantacalcio con i miei amici. Ho deciso poi a un certo punto di creare questo sito dove divertirci. Erano altri tempi, era un web acerbo con pagine statiche, Google sarebbe nato quell’anno». Da decenni il fantallenatore ha una stagione davanti a sè e una squadra composta durante l’asta di inizio campionato: il suo obiettivo è mettere in campo la formazione migliore possibile. Una volta per vedere il risultato finale bisognava sfogliare il giornale. Oggi è tutto a portata di smartphone.

Il calcio in rete
Piano piano la piattaforma di Ragosta e Cutolo, «amico e co-founder», si è evoluta dagli otto iscritti che la popolavano. Il calcio stesso è cambiato: dagli anni Novanta con i grandi presidenti come Moratti, Berlusconi e Agnelli, Tele+ e i social che manco col binocolo si potevano prevedere, il movimento sportivo ha assecondato quella febbre a 90° spiegata in maniera magistrale nel libro di Nick Hornby: se le persone parlano spesso e volentieri di calcio, il web è abbastanza grande per saziare tutti.
«Oggi la fruizione delle partite avviene col telefono in mano. E infatti spesso Fantacalcio.it viene usato come second screen». Per mantenere alto il coinvolgimento molto passa dalle informazioni e dai dati, il petrolio del dibattito sul pallone che rotola. «Ci siamo inventati i voti in tempo reale: i nostri giornalisti li danno durante la partita così i fantallenatori guardano come vanno le varie performance dei propri giocatori». Il Fantacalcio è un prodotto che forse più italiano non si può. «È un gioco con alla base la goliardia. Si studia, ma quel che conta è prendersi in giro in ufficio o in chat».

L’AI non merita la fantapanchina
Oggi le partite di campionato vengono commentate con una montagna di dati che mappano tutti gli eventi durante il match. Passaggi, tiri in porta, assist, goal. Ed è su quelli che si basano i voti dei giocatori. «All’inizio non c’erano dati, ma soltanto i voti sui quotidiani. Noi abbiamo creato tutta una serie di dati che offriamo come aiuto e supporto al fantallenatore per vedere chi acquistare, chi vendere, chi mettere in panchina. Poi, si sa, è tutta una questione di c**o».
E che dire dell’Intelligenza artificiale? «Credo sia molto interessante lato dati, ma non vogliamo in alcun modo che sia l’AI a giocare al posto del fantallenatore. Anche perché sarebbe la fine del gioco». Perché, come ci ha spiegato Nino Ragosta, il calcio si vive nel week end e durante la settimana. «Abbiamo un ecosistema che va oltre il Fantacalcio, con la parte editoriale, le guide».
Questa Serie A non sarà tra le più entusiasmanti della storia – specie se paragonata ad altri campionati europei – ma se continua a mobilitare le masse negli stadi e davanti alla tv è anche perché c’è chi è disposto a investire il proprio tempo (e qualche litigio tra famiglia e coniugi) per schierare sempre la formazione in tempo. «Non c’è un equivalente in giro per il mondo. Ci sono italiani all’estero che giocano a Fantacalcio, come occasione per rimanere in contatto con gli amici. Fino ai casi estremi: un nostro ex dipendente, ora in Canada, torna a Napoli una volta all’anno solo per fare l’asta in presenza».

