Come Michele Rech, meglio noto come Zerocalcare, anche lui dà l’idea di essere una persona timida. Tratto del carattere che in tempi di personalismi infarciti di lunghissimi post motivazionali su LinkedIn si nota, eccome. «Ho studiato Lingue e in contemporanea ho frequentato la Scuola Romana dei Fumetti – ci racconta Matteo Boni -. Ne ho auto-pubblicati alcuni miei. Poi nel 2022 mi sono reso conto che su Zerocalcare non era stato scritto molto. Non si parlava dello stile del fumettista». Così ha lavorato per pubblicare una monografia – Zerocalcare. L’arte narrativa di Michele Rech, edito da NPE – da poco uscita in libreria.
Zerocalcare, un testo diverso per raccontare il fumettista
Nato a Preci, Umbria, nel 1991, Matteo Boni fa l’insegnante di sostegno e fin da bambino ha coltivato la passione per la nona arte. «Sono un lettore onnivoro. Mi piacciono in particolare le monografie sui singoli autori: essendo un fumettista adoro sbirciare nel dietro le quinte. Capire come l’artista ha gestito una tavola e veicolato un’emozione. Così mi sento più vicino all’autore».
E qual è stato il momento in cui è sbocciata la passione? «Il fumetto dell’Eureka, se così possiamo chiamarlo, è Sturmtruppen di Bonvi, una striscia comica di questo fumettista modenese che tratta in maniera surreale soldati tedeschi, in realtà molto italiani. Quella lettura mi ha trasmesso il desiderio di fare il salto». Da lì la pratica, gli esercizi e lo studio. «Le mie letture formative sono state i fumetti comici: Lupo Alberto, Paperinik. Poi non sono mancati i Bonelli, come Dylan Dog e Diabolik, che mi ha introdotto allo stile realistico. Nella mia libreria non mancano poi i manga e i titoli francesi».
Basta sfogliare il volume per rendersi conto di quanto l’autore abbia preso sul serio l’obiettivo di analizzare lo stile del fumettista di Rebibbia. «Prima di iniziarlo ho fatto una ricerca. Mi sono reso conto che di questo aspetto stilistico non si era parlato in maniera sistematica». Ecco allora che oltre alle tavole messe a disposizione dall’editore Bao Publishing, ci sono schemi, strutture, analisi del lettering e delle metafore visive.
Una sorta di dispensa universitaria con la dignità accademica di un libro che analizza il fumetto come uno dei fenomeni pop (e politici) più importanti degli ultimi anni. «Il saggio ha un taglio più accademico, ma ho cercato di renderlo una lettura piacevole impostandolo come se fosse un itinerario, come se facessimo una passeggiata all’interno di una sala con le tavole di Zerocalcare».
Chi è Zerocalcare, per chi ancora non lo conosce
Per chi proprio non avesse mai letto un libro di Zerocalcare (o visto le serie Netflix), e neppure ascoltato uno dei suoi discorsi o interviste, ecco un rapido riassunto. Rech è nato ad Arezzo nel 1983, ma è cresciuto prima in Francia e poi a Roma, quartiere Rebibbia, dove vive ed è rimasto profondamente legato. Il suo primo fumetto – che ha ispirato la serie Netflix “Strappare lungo i bordi” – è La profezia dell’armadillo, uscito nel 2011. Quasi 15 anni dopo è uno degli artisti più riconosciuti e apprezzati a livello internazionale (il suo ultimo lavoro è Quando muori resta a me).
Quando una passione è grande veniamo spinti a indagarne ogni sfaccettatura, come un appassionato di natura che indugia su ogni aspetto di un bosco, mai sazio di dettagli. Il libro di Matteo Boni è una lettura agile – poco più di 100 pagine – capace di arricchire il bagaglio di chi segue Zerocalcare dalle prime fiere, così come di chi lo ha da poco scoperto e vuole approfondire.
Perché Zerocalcare ha successo?
Boni ci confida che delle sue opere il titolo preferito è Scheletri, mentre il consiglio per chi è al primo incontro con l’artista romano è quello di immergersi in Un polpo alla gola. Volumi che rappresentano un faro sulle emozioni e sui trascorsi dell’autore, il cui successo è senz’altro in parte dovuto a questa bravura nel generare immedesimazione. In effetti possiamo chiederlo all’autore della sua monografia: perché ha successo Zerocalcare? «Nel successo secondo me ci sono fattori misurabili, come la particolarità del racconto e di alcuni aspetti stilistici. Ma pesano anche quelli non misurabili come il tempismo. La profezia dell’armadillo non avrebbe avuto la stessa eco negli anni Settanta».
Secondo Matteo Boni Zerocalcare ha il pregio di raccontare «emozioni che le persone vivono, mescolandole in maniera trasparente. Quando tratta di un’emozione fa molto uso di metafore tratte dalla cultura pop. Non è un citazionismo fine a se stesso, ma un modo per far arrivare una situazione. È un metodo che utilizza anche Leo Ortolani, ma in quel caso applicato alla parodia». Infine, ce ne stavamo quasi per dimenticare, va ricordato che Boni ha scritto il suo libro senza aver mai incontrato Zerocalcare. «Le analisi sono un’arma a doppio taglio. Non sto dentro la testa dell’autore: ho fatto supposizioni, basandomi su conoscenze. Se dovesse esprimersi mi piacerebbe sapere se ci ho azzeccato».