A metà degli anni 2000, le Crocs avevano trovato la loro strada sui piedi delle celebrità. Il successo esplosivo di Crocs fu trainato da un mix di passaparola e mirate campagne pubblicitarie in TV e sulla stampa. L’azienda chiuse il 2005 con un fatturato di 108,6 milioni di dollari e un utile netto di 17 milioni, vendendo oltre 6 milioni di paia di scarpe nel primo anno sotto la guida di R. Snyder. Crocs, Inc. ha proseguito la sua crescita acquisendo diverse altre aziende nel settore delle calzature, con l’obiettivo di ampliare sia il marchio che la gamma di prodotti, introducendo nuove linee di prodotti, dalle zeppe alle scarpe da ginnastica.

Tra queste acquisizioni quella con un valore straordinario è stata Jibbitz, una società che produceva ciondoli da fissare sulla tomaia delle Crocs. L’integrazione di Jibbitz ha reso le Crocs più popolari, in particolare tra i bambini. Dal punto di vista finanziario, l’operazione si è rivelata estremamente vantaggiosa. Ogni paio di Crocs offriva 26 potenziali vendite di ciondoli, tanti quanti i buchi sulle tomaie, al costo minimo di 3$ per Jibbitz. I Jibbitz si sono rivelati un investimento di straordinario valore. Solo nel 2024 hanno generato oltre 260 milioni di dollari di ricavi, contribuendo per più del 6% al fatturato totale.

L’attuale Ceo Andrew Rees ha sottolineato che, al di là dei margini incredibilmente elevati, il vero valore di questi accessori risiede nel «coinvolgimento del consumatore che Jibbitz crea». Crocs mantiene questo coinvolgimento attraverso una strategia chiara: l’introduzione continua di nuovi charm in edizione limitata. Attualmente, l’offerta è vastissima, con oltre 700 diversi ciondoli disponibili per personalizzare ogni paio di Crocs. Se in origine le Crocs erano percepite unicamente per la loro utilità e comodità, i Jibbitz hanno progressivamente modificato questa immagine. Le Crocs si sono evolute in una vera e propria piattaforma per l’espressione di sé, permettendo ai clienti di raccontare le loro storie attraverso le loro scarpe.
La più grande IPO nella storia delle calzature
Solo quattro anni dopo la sua fondazione, e forte dei risultati ottenuti solo nel primo trimestre del 2006 (44,8 milioni di dollari di fatturato e un utile netto di 6,4 milioni di dollari), Crocs, Inc. fa il suo più grande salto. Si quota in borsa segnando la più grande IPO mai realizzata nella storia delle calzature. La decisione di quotarsi in borsa non fu dettata da una crisi di liquidità, un motivo comune per le aziende in difficoltà, ma consolidava una fase di straordinaria e rapida espansione. Si optò per l’offerta pubblica (IPO) per monetizzare gli asset, permettendo ai soci di convertire le loro partecipazioni in denaro contante e aumentare la liquidità.
L’entusiasmo del mercato fu evidente. Al suo debutto, il titolo aprì a 30,00 dollari. Nel suo quarto anno di attività, Crocs, Inc. aveva già raggiunto risultati finanziari capaci di competere con aziende storiche del settore calzaturiero, dimostrando un progresso straordinario con un tasso di crescita superiore di oltre il 900% rispetto a quello del settore.
Questa traiettoria ascendente è proseguita per gran parte del 2007, quando i ricavi annuali sono letteralmente decollati, con ben 46,9 milioni di paia di calzature piazzate sul mercato. In un solo anno, dal 2006 al 2007, l’offerta di prodotti Crocs è aumentata da 25 a 250. Il brand si è affermato in ogni segmento di mercato secondo la dinamica Bubble-Up: un’ascesa che lo ha visto nascere come fenomeno popolare per poi essere pienamente accettato e adottato da altre classi sociali.

La scommessa fallita
Nel novembre 2007, la curva di crescita che sembrava inarrestabile iniziò a mostrare i primi segni di una inversione di rotta. Gli eccessivi livelli di inventario allarmarono gli investitori. L’overstock stava divorando i profitti. Nonostante le rassicurazioni della dirigenza, i timori non si placarono e, nel giro di due settimane, il prezzo delle azioni si dimezzò. Fino a quel momento, Crocs aveva cavalcato un’onda di successo straordinario.
Snyder aveva capitalizzato questa fase scommettendo aggressivamente sull’espansione. L’azienda produceva scarpe non in base agli ordini effettivi dei rivenditori, ma basandosi sulle proprie proiezioni ottimistiche della domanda di mercato. Uno degli errori più frequenti tra manager e imprenditori è la sindrome di Pollyanna, ovvero una eccessiva dose di ottimismo che si rivela disfunzionale perché non tiene conto della realtà e che porta a prendere decisioni rischiose. Una sindrome che ha colpito, aziende come Theranos e Blockbuster.
A peggiorare il quadro i nuovi concorrenti. La rapida ascesa aveva generato una marea di imitazioni soprannominate croc-off, costringendo l’azienda a logoranti e costose battaglie legali per proteggere la proprietà intellettuale. E ancora, come spesso accade, la crisi non viene mai da sola. La sfortuna si abbatté definitivamente con la crisi finanziaria del 2008, che ridusse drasticamente la spesa dei consumatori. Il peggioramento dell’inventario, il deterioramento dei dati finanziari e i successivi licenziamenti contribuirono al tracollo del titolo, facendo scendere la capitalizzazione di mercato sotto i 100 milioni di dollari.
Il dubbio era ormai nell’aria: le Crocs erano un semplice trend destinato a svanire? Alcuni analisti evidenziarono il rischio di scommettere su prodotto che avrebbe potuto rivelarsi una semplice moda passeggera. «La domanda difficile che i proprietari di Crocs devono affrontare è se l’azienda è destinata a scomparire come i jeans a zampa d’elefante o se avrà la tenuta e la capacità di durare nel tempo delle linee di scarpe sportive Nike». In questo momento di crisi e di overstock, Snyder lasciò l’incarico a uno specialista di turnaround. L’azienda, pur tornando alla redditività, faticò con vendite stagnanti e guadagni volatili per tutti i primi anni 2010, anche sotto la guida di un nuovo CEO, John McCarvel.
La travolgente popolarità dei sandali aveva erroneamente convinto l’azienda di poter replicare il successo in qualsiasi altra categoria calzaturiera. Nel 2013 era chiaro che uno dei problemi principali dell’azienda era l’eccessiva e disordinata diversificazione del prodotto. La strategia di McCarvel era di usare il sandalo solo come esca. Cataloghi e spazi espositivi erano pieni di novità, per trovare le classiche Crocs bisognava cercare nelle retrovie. Un punto di svolta arrivò nel 2014 quando la società di private equity Blackstone annunciò l’acquisizione di una partecipazione del 13% in Crocs.Inc. Questa mossa ebbe ripercussioni significative.
Crocs tra identità ritrovata e rilancio digitale
L’intervento di Blackstone portò a una revisione della gestione, introducendo dirigenti con una profonda e comprovata esperienza nel settore. Gregg Ribatt, un veterano del settore, fu nominato CEO per guidare la nuova rotta strategica. Questa fase vide anche l’ingresso di Andrew Rees come Presidente, che nel 2017 avrebbe sostituito Ribatt nel ruolo di CEO. Le iniziative di questa nuova leadership trasformarono Crocs, Inc. da un’azienda «irregolare ed esageratamente espansa» a un «marchio di sandali mirato».
Ribatt riassunse la nuova identità con la campagna: I classici non passano mai di moda. Per concentrarsi sul core business, il nuovo CEO dimezzò i segmenti di prodotto e chiuse molte linee. «Il nostro obiettivo è sviluppare un grande marchio, costruendo quella connessione giorno per giorno con i consumatori piuttosto che creare un prodotto simile alla moda», affermò Ribatt.
Nel mentre però, l’interesse dei consumatori continuava a svanire. La Crocs, un tempo onnipresente e rilevante, fu rapidamente relegata dalle vetrine principali al cesto collocato sul retro dei negozi. Le sponsorizzazioni con le celebrità si ridussero drasticamente. E un’altra categoria di calzature si prendeva la scena. Il mercato era dominato da altri marchi brutti ma trendy e cool come le Birkenstock, le Tevas e gli Uggs.
Sotto la guida di Ribatt e di Rees, l’azienda attuò una trasformazione radicale. Rees spostò tutti gli investimenti pubblicitari dalla TV e dalla stampa al marketing sociale e digitale. L’attenzione ai canali di vendita digitali portò alla chiusura di molti negozi fisici. Cruciali furono anche gli investimenti in comunicazione «per elevare il marchio nella mente del consumatore». Tutti questi cambiamenti riorganizzativi stavano lentamente preparando l’azienda a muoversi in una nuova direzione.
Ma nel 2015, un inatteso sostenitore riportò il marchio sotto i riflettori: il primogenito del Principe William e di Kate Middleton fu fotografato mentre indossava un paio di Crocs blu navy a un evento di beneficenza. L’associazione con la famiglia reale diede a Crocs una piccola spinta, stimolando le vendite nel Regno Unito e aiutando a svuotare alcuni dei cestoni di liquidazione. Per sfruttare i riflettori che si erano accesi in questo paese, furono attivate diverse collaborazioni strategiche.
Di particolare valore quella con il designer scozzese Christopher Kane che portò il prodotto su un palcoscenico diverso dalla strada: la passerella della London Fashion Week. L’interesse del mondo della moda riportò le Crocs ai piedi delle celebrità. E non solo, aprì la strada ad altre profittevoli collaborazioni perfino con McDonald’s e KFC. Insieme lanciarono i Jibbitz di pollo fritto. Queste edizioni limitate generano sempre un notevole buzz e, come prevedibile, fecero registrare il tutto esaurito in brevissimo tempo.

Dal 2017, il motto di Crocs è cambiato. «Come as You Are» è un invito a essere come si è e a celebrare l’unicità e l’espressione di sé. «Questo è stato il principale motore che ha alimentato la rinascita del marchio», dichiara l’azienda. La nuova strategia ha mirato con successo al segmento che l’azienda definisce The Explorer, giovani e consapevoli delle tendenze, che si contrappone ai The Feel Good, clienti più adulti e attenti al confort. Sfruttare le piattaforme sociali e la comunicazione rivolta alla Gen Z è stata una scelta che si è dimostrata incredibilmente efficace nel catturare l’attenzione e nel guidare la domanda.
Il trionfo di oggi è la sfida di domani
La pandemia di COVID-19 ha fornito alle Crocs una spinta decisiva quanto inaspettata. L’obbligo di restare a casa ha imposto l’abbigliamento casual come dress code globale. I consumatori, liberati dai codici d’ufficio, hanno privilegiato abiti e calzature che incarnassero esattamente ciò che le Crocs hanno sempre rappresentato: praticità, agio e comfort assoluto. In una mossa tanto etica quanto brillante, l’azienda ha lanciato la campagna «Free Pair for Healthcare», regalando le Crocs agli operatori sanitari statunitensi. L’iniziativa ha cementato la fedeltà storica del target e ha fatto guadagnare al marchio un vasto consenso pubblico.
Forti dei numeri, nel dicembre 2021, Crocs.Inc ha annunciato l’acquisizione del marchio di scarpe italiano HEYDUDE con l’obiettivo di «farlo diventare un marchio da un 1 miliardo di dollari entro la fine del 2024. Riteniamo che i prodotti casual, comodi e leggeri di Hey Dude siano allineati alle tendenze dei consumatori a lungo termine e si adattino perfettamente a Crocs. L’aggiunta di HEYDUDE diversifica in modo significativo il nostro portafoglio di prodotti aggiungendo una silhouette incredibilmente versatile con numerose occasioni di utilizzo», dichiarò il Ceo all’ufficializzazione dell’acquisto.

Questa rinascita, frutto anche del turnaround guidato dal team di gestione insediato da Blackstone un decennio prima, ha superato i massimi precedenti dell’azienda. I risultati finanziari del 2024 parlano chiaro: ricavi a 4,1 miliardi di dollari e un EBIT di 1,02 miliardi di dollari. I prodotti Crocs sono venduti in oltre 80 Paesi, con i circa 350 negozi al dettaglio e le piattaforme e-commerce che gestiscono equamente le vendite.
Ma come si sa nessuna strategia vincente è mai duratura. La ruota del successo gira veloce. Il trionfo di oggi è la sfida di domani. L’acquisizionediHEYDUDEpotrebbe a breve rivelarsi un errore costoso. L’eccessiva dipendenza dalle promozioni di un prodotto poco performante rischia di erodere ulteriormente i margini e ritardare il recupero sostenibile degli utili. Imporre un marchio che non ha la stessa attrazione culturaledel prodotto principale potrebbe rivelarsi fatale. O forse, no.
Inoltre quest’anno Crocs ha completato la transizione verso l’esternalizzazione totale della produzione in Vietnam, Cina e Indonesia. Una scelta che a posteriori si sta rivelando non così ottimale. Con i dazi imposti dal governo Trump, le azioni della società sono crollate di quasi il 30% a seguito del calo delle vendite dovuto alle nuove tariffe. La spesa dei consumatori statunitensi, i maggiori acquirenti delle Crocs, hanno subito un forte freno a causa della convergenza di diversi fattori: il raffreddamento del mercato del lavoro, i tassi di interesse elevati, l’inflazione in crescita e la persistente incertezza sulle mosse politiche ed economiche di Trump.
Alle preoccupazioni economiche e politiche, si aggiungono quelle culturali. Quando la diversificazione è costata cara all’azienda, la scelta migliore si è rivelata essere il pony one-trick, fai una cosa e falla bene. In altre parole, perfeziona ciò che sta già funzionando. Oggi la diversificazione delle categorie è forse una migliore risposta ai cambiamenti del mercato.
Il mutato contesto impone dinon dipendere eccessivamente da un unico prodotto di punta, al fine di essere preparati ai nuovi gusti dei consumatori attenti anche alla sostenibilità ambientale. Rees ha riconosciuto che i gusti dei clienti stanno cambiando «di nuovo verso calzature atletiche». In questo segmento i giganti dello sport Adidas e Nike, insieme ad altre aziende, competono per una quota della nicchia comfort e casual. Rees, intervistato, ha affermato che l’azienda sta adottando misure «per proteggere la salute e la redditività del marchio». Sapranno le Crocs dimostrare la loro resilienza anche domani?
Le 3 regole d’oro
Sii audace. Una grande azienda di calzature avrebbe mai osato lanciare le Crocs? Senza l’audacia visionaria dei fondatori e di Snyder, il successo iniziale del marchio non si sarebbe mai concretizzato.
Sii flessibile e allenati al tempismo. La scelta migliore di ieri potrebbe rivelarsi fatale domani. Stai al passo con i tempi, che non significa cambiare costantemente le tendenze. A volte si tratta di essere la misura giusta quando il mondo cambia e i bisogni vengono ridefiniti.
Dai voce ai tuoi clienti. Se non puoi personalizzare il prodotto, crea un servizio accessorio, come i ciondoli Jibbitz. Dai la possibilità al consumatore di esprimere la sua unicità e di sentirsi parte attiva del tuo brand, rafforzando il legame con il tuo marchio.