Grazie a una startup fondata da due under 25, ha già raccolto un milione di euro. I volontari: nessuna differenza
Un milione di bottiglie acquistate al minuto in tutto il mondo: faceva 480 miliardi nel 2016, ma saranno 583 miliardi l’anno prossimo (dati: EcoWatch). Se non è un disastro ecologico, poco ci manca. Una delle soluzioni potrebbe arrivare da due 24 enni olandesi appassionati di surf. Marnix Stokvis e Marc van Zuylen hanno fondato una startup dedicata alla depurazione dell’acqua. La novità è che il progetto impiega l’intelligenza artificiale. E potrebbe fare di Amsterdam una città che poggia sull’oro blu.
Stop al flusso se l’acqua è inquinata
“A differenza di altri sistemi, il nostro fornisce un monitoraggio costante dell’acqua del rubinetto – spiega a StartupItalia Van Zuylen – la filtra e, se non è destinata all’uso di macchinari, aggiunge minerali che danno sapore”. Il cuore tecnologico del sistema blocca immediatamente l’erogazione se il livello di inquinanti è troppo alto rispetto agli standard, inviando una notifica al padrone di casa e al gestore del servizio idrico.
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“Nessuno sa realmente cosa beviamo” proseguono i due giovani. “L’acqua distribuita viene monitorata quotidianamente, ma le analisi comunali si rifanno a parametri vecchi fino a 40 anni, quando le conoscenze mediche erano diverse e i valori ritenuti accettabili erano molto più alti”. Le tubature possono cedere piombo, un metallo pesante potenzialmente cancerogeno. Il sistema idrico newyorchese, per esempio, conterrebbe ben 16 inquinanti che non rispettano le linee guida dell’EWG, un istituto di ricerca. “Il fatto che sia legale, scrivono in un report i tecnici del think tank – non significa che sia sicura da bere”.
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Le analisi, inoltre, non comprendono l’ultimo tratto, quello condominiale: spesso, negli edifici di costruzione non recente, l’inquinamento da piombo avviene proprio a causa di tubazioni vecchie e costruite con materiali che cedono residui. Che poi finiscono nel bicchiere.
Il primo milione
La startup di Amsterdam ha già raccolto un milione di euro e sta assumendo diverse figure. Come mossa promozionale, ha venduto boccette di acqua dei canali di Amsterdam potabilizzata a 39 dollari l’una. Tra biciclette, copertoni e liquami di ogni genere, non è stato facile trovare volontari disposti ad assaggiarla. Eppure, raccontano i fondatori, la prova ha avuto esito positivo: il liquido è sembrato perfettamente normale.
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Acqua in bottiglia: un business miliardario
Del resto, quello dell’acqua è un tema attualissimo e complesso, anche per le implicazioni lavorative del settore. Il mercato dell’acqua in bottiglia arriva da una fase di espansione che dura da almeno un ventennio: l’Italia, nonostante la rete idrica fornisca un prodotto di buona qualità, si colloca al secondo posto globale per consumo di acqua imbottigliata, con 206 litri a testa, il 20% in più nel giro di due decadi. Davanti, solo il Messico con 244 litri pro-capite (fonte: rapporto Acque in Bottiglia 2018, Legambiente, Altreconomia).
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Il settore è florido e, nel nostro paese, dà lavoro a 40mila persone. Il business si regge su una pubblicità massiccia, possibile grazie al fatto che le concessioni per lo sfruttamento delle fonti prevedono pressi bassissimi al litro. Secondo il rapporto Regioni Imbottigliate di Legambiente e Altreconomia, mille litri costano al produttore 2 euro, con un prezzo di 2 millesimi di euro per litro imbottigliato, cui vanno aggiunti i costi industriali.
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A sfidare lo status quo, la moda delle borracce, che si è diffusa a macchia d’olio negli ultimi anni e muove un mercato da 8,1 miliardi di dollari a livello globale. E la consapevolezza che, bevendo “acqua del sindaco”, si può risparmiare molto contribuendo a salvaguardare l’ambiente.