Nel 1998 nel nostro Paese si riusciva a riciclare appena 1,7 chilogrammi di plastica per abitante, oggi siamo a 17,7. Il cambiamento culturale è in atto
Il dato più significativo del rapporto Il futuro del riciclo della plastica nella circular economy – verso il riciclo intelligente degli imballaggi in plastica redatto in occasione dei 20 anni di Corepla è probabilmente questo: se nel 1998 in Italia si riusciva a riciclare 1,7 chilogrammi di plastica per abitante, oggi siamo a 17,7. Una progressione che, più di tanti altri numeri, fotografa il cambiamento anche culturale avvenuto nel Paese.
Il Veneto la Regione più virtuosa
“Un’economia più verde e sostenibile si avvia a diventare fattore propulsivo e determinante di competitività sui mercati nazionali ed esteri”, ha dichiarato il numero 1 di Corepla, il Consorzio Nazionale per la raccolta, il riciclo e il recupero degli imballaggi in plastica, Antonello Ciotti. I dati parlano da soli: da 1,9 kg/anno per abitante la RD degli imballaggi di plastica ha superato nel 2017 i 17 kg/anno per abitante, con grandi Regioni quali il Veneto che superano i 24 kg/abitante/anno, pienamente allineate alle migliori performance europee, e persino Regioni un tempo famose per la loro criticità, come la Campania, hanno raggiunto un ragguardevole 19 kg/anno per abitante.
I numeri di 20 anni di Corepla
Oggi Corepla è di fatto un sistema diffuso sul territorio con un indotto di oltre 6.000 addetti, un fatturato che supera i 500 milioni di euro, ed una crescita della RD con tassi superiori al 15% e cioè di 7 volte superiori a quello dell’immesso al consumo (+2,1% nel 2017). Il tutto consente al “sistema Italia” di raggiungere, grazie anche all’apporto del riciclo indipendente, un indice di riciclo di poco superiore al 43%. Inoltre, secondo le stime, la raccolta differenziata continua a crescere ad un ritmo tale che in 4-5 anni verranno intercettati quasi completamente gli imballaggi da post-consumo domestico avviabili a riciclo.
Perché è necessario riciclare (e fare di più)
Secondo l’UNEP, dal 1970 al 2015 l’uso globale di materiali è quasi triplicato, passando da 27 a oltre 84 miliardi di tonnellate. Si tratta di un salto senza precedenti nella storia, una crescita in linea con quella del Prodotto Interno Lordo globale e decisamente più forte di quella demografica, con un utilizzo pro capite di risorse passato da 7,2 a 11,8 tonnellate.
Nel 2015, alle 84,4 Mld t di materie prime consumate nel mondo si sommano anche 8,4 Mld t di materiali riciclati, per un totale di 92,8 Mld t impiegate complessivamente come input per l’economia globale. Di questi materiali, la maggior parte (56,8 Mld t) viene utilizzata per produrre beni di breve durata o viene persa come scarto in fase di realizzazione dei beni; i restanti 36 Mld t sono dedicati alla produzione di prodotti con vita medio-lunga. Secondo alcune recenti stime, se non si interverrà sui driver alla base di questo fenomeno, entro il 2050 il consumo globale di risorse potrebbe più che raddoppiare rispetto ad oggi, superando i 170 miliardi di tonnellate.
Italia secondo produttore europeo di plastica
Con 60 milioni di tonnellate nel 2016, l’Europa nel suo complesso (UE28, Norvegia e Svizzera) è il secondo produttore mondiale di materiali plastici dopo la Cina, con l’Italia che risulta essere il secondo produttore europeo dietro la Germania. Guardando alle tendenze dell’ultimo decennio, i quantitativi avviati in discarica sono scesi del 43%, quelli a recupero energetico sono cresciuti del 61% mentre quelli a riciclo hanno fatto segnare un +80%. Gli imballaggi in plastica raccolti nel 2016 hanno raggiunto 16,7 milioni di tonnellate e rappresentano, quindi, oltre il 60% di tutta la plastica raccolta in Europa.
Analizzando la situazione dell’Italia a confronto con le principali economie europee, si registra una buona performance, migliore della media europea e degli altri grandi Paesi con la sola eccezione della Germania, questo al netto di alcune differenze negli approcci statistici che potrebbero sfavorire proprio il nostro Paese.
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Il marine litter
Come i lettori di Impact sanno bene, la presenza di rifiuti di plastica nei mari del mondo è uno dei problemi ambientali più rilevanti del nostro tempo, con conseguenze anche a livello economico e sociale. I rifiuti marini, c.d. “marine litter”, provengono per circa l’80% dalla terraferma e raggiungono il mare prevalentemente attraverso i fiumi e gli scarichi urbani, portati dal vento, o abbandonati sulle spiagge, mentre il rimanente 20% è costituito da oggetti abbandonati o persi direttamente in mare.
La Commissione Europea afferma che oltre l’80% dei rifiuti marini è costituito dalla plastica, il c.d. “plastic litter”. Secondo l’UNEP, il 15% dei rifiuti in mare galleggia in superficie, un altro 15% rimane nella colonna d’acqua sottostante e il restante 70% si deposita sui fondali. Per quanto riguarda i tempi di persistenza dei polimeri (biodegradabili e non) negli oceani non esistono evidenze scientifiche, alcuni studi parlano di centinaia di anni, altri di migliaia.