Passare sul serio alle fonti alternative significa prevedere anche le giornate di pioggia. E se ripensassimo alle macchine come accumulatori di energia? La tecnologia c’è, e si chiama V2G
V2G. Studiare l’uso dell’auto come accumulatore di energia, per stabilizzare una rete elettrica che sarà, finalmente, basata su fonti rinnovabili, e consentirle di tenere botta durante i picchi di consumo. Questo, in sintesi estrema, il senso della sperimentazione inaugurata a Milano da RSE (società pubblica vigilata dal Ministero dello Sviluppo Economico) con Enel X e Nissan nel ruolo di partner strategici. La gamma di servizi testati fa di questo progetto uno studio pilota anche in ambito europeo.
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Lungi dall’essere solo un mezzo di trasporto inquinante, il veicolo – ma siamo sicuri che il termine sia ancora adeguato? – del futuro sarà un concentrato di funzionalità. Alcune persino utili all’ambiente.
V2G, ovvero come sfruttare al meglio le rinnovabili
Il ribaltamento di prospettiva nasce da un problema di ordine pratico: le rinnovabili, dall’eolico al solare, sono per definizione fonti energetiche non programmabili. In un mondo perfetto le giornate di pioggia non esistono; più prosaicamente, nella realtà, ogni tanto è necessario cercare l’ombrello e rassegnarsi al cielo coperto.
Il fabbisogno energetico delle città, però, resta costante. Il problema degli ingegneri diventa, quindi, quello di garantire una fornitura costante anche rinunciando all’uso di fonti fossili.
Una parte della soluzione verrà da quello che potremmo definire accumulo diffuso. Le automobili, in questo caso, sono viste per la loro capacità di stoccare energia, partendo dal presupposto che, in media, restano parcheggiate per il 95% del tempo.
La soluzione tecnica è quella di costruire colonnine di ricarica “bidirezionali”: interfacce che da una parte forniscono energia, dall’altra possono riceverla.
Auto V2G, risparmi dal 30% al 100% dei costi di ricarica
“La sperimentazione Vehicle to Grid che parte oggi vuole determinare le modalità ottimali per impiegare questo tipo di soluzione, partendo dallo studio delle abitudini di utenti privati e flotte aziendali” spiega Maurizio Delfanti, ad di RSE e ordinario di Sistemi Elettrici al Politecnico di Milano. “In un sistema dominato dalle rinnovabili avremo certamente dei momenti di eccesso di produzione di energia -prosegue il dirigente -: in una domenica di sole forte, ma con bassi consumi, la potenza in eccesso può essere accumulata da veicoli che la possono restituire quando ce n’è più bisogno. Perché per utilizzare realisticamente le fonti rinnovabili conterà sempre più la capacità di assorbire rapidamente i picchi, mettendo l’elettricità in rete in maniera rapida per compensare le mancate produzioni”. Quelle, per intenderci, dovute al meteo.
Le colonnine di ricarica già installate sul territorio nazionale potranno essere riconvertite grazie a un modulo aggiuntivo. Il guadagno, per gli automobilisti di domani, sarà tutt’altro che marginale: in funzione delle diverse ipotesi – utente domestico o azienda, ad esempio – si otterranno ricavi tali da coprire dal 30 al 100 % dei costi annui di ricarica.
Nel 2030 le auto elettriche saranno 4,5 milioni
Oggi in Italia ci sono circa 38 milioni di veicoli a combustibili fossili, a fronte di 20mila tra elettrici e ibridi; le colonnine sono 5mila, ma secondo Enel arriveranno a 28mila entro il 2022. L’incremento di vetture a trazione elettrica, secondo i dati SEN2017 diffusi da Nissan, sarà esponenziale: 190mila nel 2024, per arrivare a quasi 4,5 milioni nel 2030. A livello globale, si prevede che nel 2040 il 55% dei veicoli immatricolati rinuncerà al motore a scoppio.
L’apporto poteniale di questa soluzione è impressionante. Nel momento di maggior consumo, la rete elettrica italiana richiede 66 gigaWatt: la potenza fornita dalle vetture e trasmessa dalle colonnine nel 2030 potrà arrivare a ben 200 gigaWatt.
In Italia i primi test hanno avuto luogo nel 2017 all’Istituto di Tecnologia di Genova, ma il V2G è stato già sperimentato con successo in Danimarca a partire dal 2016. Nel 2018 il Regno Unito ha investito circa 30 milioni di sterline in ricerca, mentre nello stesso anno in Germania è stata prodotta la prima auto certificata.
Veniamo al capitolo normativo. Le normative non sono ancora pronte, ma mell’ambiente ci si aspetta una svolta a breve. Fatte salve, naturalmente, le turbolenze politiche. Il barometro del Parlamento, si sa, può essere imprevedibile.