La fotografia dall’ultimo rapporto dell’Istat
L’Istat ha appena pubblicato l’ottava edizione del Rapporto sul benessere equo e sostenibile, dal quale emerge che nel 2020 una famiglia italiana su tre non aveva accesso ad internet e non disponeva di un computer per lavorare in smart working o consentire ai propri figli di seguire la didattica a distanza. Passi avanti sono stati comunque fatti, soprattutto da quando dieci anni fa l’istituto guidato da Gian Carlo Blangiardo ha iniziato a pubblicare il cosiddetto Rapporto Bes (benessere equo e sostenibile), fotografando diverse condizioni della vita degli italiani, tra le quali anche quella dell’accesso alla tecnologia. Se nel 2010 la quota di utenti regolari di internet rappresentava il 43% della popolazione (all’epoca il web era senz’altro meno centrale nella vita di tutti noi), nel 2020 è salita fino a sfiorare il 70%.
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Internet e disuguaglianze
Il problema delle zone o aree bianche in Italia non si scopre oggi. Esse stanno a significare tutti quei territori della penisola dove le infrastrutture per la banda larga non sono state installate e dove c’è carenza di rete. Le ragioni possono essere di vario tipo, una su tutte la scarsa densità abitativa in questi comuni, dove le aziende di telecomunicazione non intendono investire. Come rileva il rapporto dell’Istat “non dispongono di connessione a Internet e pc il 12,6% delle famiglie in cui è presente almeno un minore e il 70% delle famiglie composte da soli anziani. Aumenta lo svantaggio delle famiglie del Mezzogiorno: nel 2020 il gap rispetto alle famiglie del Nord è di 10 punti percentuali, 3 in più rispetto al 2010”.
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Proprio per venire incontro alle cosiddette aree bianche, Infratel, società in-house del Ministero dello Sviluppo Economico e parte del Gruppo Invitalia, opera da anni sul territorio nazionale proprio per portare accesso alla rete là dove il mercato non ha interesse a investire. Tra gli effetti di lungo periodo di questa condizione di arretratezza digitale in alcune zone del nostro paese, va sottolineato anche il basso livello di competenze (rispetto alla media europea) sulle materie digitali. “Nel 2019 – si legge sempre nel rapporto Istat – poco più della la metà degli occupati di 25-64 anni ha competenze digitali almeno di base (53%), valore ben al di sotto della media europea (68%). Anche riguardo agli occupati in professioni scientifico-tecnologiche con formazione universitaria il divario tra l’Italia (17,6%) e la media Ue28 (23,9%) resta ampio”.