Dal 4 marzo, a Roma, c’è Game On 2.0, la più estesa mostra di videogiochi “giocabili”: 12 sale che ripercorrono la storia dei giochi digitali dagli anni ’50 ai nuovi visori di VR
Se siete appassionati di videogiochi farete bene a scaldare pollici e indici. Dal 4 marzo al 4 giugno 2017 nello Spazio Tirso di Roma c’è Game On 2.0, la mostra di videogiochi creata dal Barbican Centre di Londra, che racconta tutta la storia dei videogames in un percorso attraverso decenni, console e giochi. Da Pong al nuovissimo Nintendo Switch, dai flipper a Street Fighter: tutti i games esposti si possono provare, da soli o in due, in una mostra che si trasforma in una sala giochi. Game On 2.0 si presenta come la più grande esposizione di videogames giocabili e probabilmente è davvero così: sono 100 in tutto i giochi a disposizione dei visitatori, compresi arcade, joystick e console portatili. Game On 2.0 è la versione aggiornata di Game On, creata dal Barbican Center, e che ha registrato oltre 2 milioni di visitatori in tutto il mondo.
12 livelli
La mostra è divisa – nemmeno a dirlo – in 12 livelli. Appena si entra si è subito immersi nell’atmosfera dei primissimi videogames: viene spiegato come i videogames siano nati nelle università e nei laboratori di ricerca e siano stati progetti di nicchia prima di approdare definitivamente al grande pubblico attraverso bar e sale giochi. I primi antenati dei videogames risalgono, infatti, agli anni ’50. Nella mostra si può vedere Spacewar, uno dei primissimi videogiochi, e soprattutto il celebre Pong, prodotto dalla Atari e considerato il primo videogioco arcade, ideato dal fondatore della Atari Nolan Bushnell e sviluppato da Allan Alcorn.
Console e VR
Subito dopo si viene trasportati nel mondo delle console portatili, con i giochi più famosi di sempre, e con la storia di aziende come Nintendo, Sony, Sega, Atari. Procedendo nel percorso si arriva ai giochi più recenti, fino agli ultimi modelli di visori per la realtà virtuale con la possibilità per i visitatori di scorrere la storia di questa tecnologia: dal primissimo Virtual Boy del 1995 fino all’Oculus Rift di oggi, e poi la postazione di prova dell’installazione Sphereworld dove il giocatore, con visore VR e fissato in una imbragatura, può sperimentare l’immersività motoria a 360° nell’ambiente di gioco.
25 milioni di giocatori in Italia
“Il videogioco va capito per capirlo bisogna giocarlo: per questo nella mostra è tutto giocabile – ha detto Marco Accordi, del Museo del Videogioco di Roma e docente delle università Link Campus e Tor Vergata – Game On è trasversale dal punto di vista generazionale, perché appassiona persone da tutte le età. Un bambino di oggi si appassiona a PacMan, anche se è un gioco vecchio e questo dimostra che alcuni meccanismi di interazione ludica sono immutabili”. Secondo Arrordi, in Italia ci sono circa 25 milioni di giocatori: una platea molto ampia. “Il videogioco non è solo un passatempo, è da sempre veicolo di sperimentazione di nuove tecnologie e può essere anche uno strumento di insegnamento. La prima cosa che insegna ad un bambino è che per superare un ostacolo bisogna darsi da fare”. La mostra, infatti, organizza anche laboratori per bambini in cui possono creare il proprio videogioco e interagire in giochi di gruppo.