Le parole dello sviluppatore Lorenzo Redaelli. Lo abbiamo provato su Nintendo Switch
«Milky Way Prince: The Vampire Star è un gioco che parla di due ragazzi gay. Ma non credo si possa etichettare. Non è una cosa centrale l’amore omosessuale, l’ho fatto perché preferisco parlare di cose che conosco. È un atto di rispetto, non di esclusione». A pochi giorni dal lancio del videogioco italiano su console, tra cui anche Nintendo Switch, StartupItalia ha intervistato Lorenzo Redaelli, 27 anni di Milano, autore e mente creativa dietro a una visual novel davvero ambiziosa nel messaggio che punta a trasmettere. Ci assumiamo totalmente la responsabilità del paragone che seguirà: chi ha avuto la fortuna di concludere i due capitoli della saga di The Last of Us si sarà reso conto di quanto certe tematiche non vengano sbandierate, ma siano innervate nella storia dei protagonisti. Ecco, Milky Way Prince: The Vampire Star resta sulla stessa frequenza. Si parla di amore, di amicizia, di sofferenza e di rapporti tossici che chiunque, non importa il proprio orientamento sessuale, può aver vissuto nella vita. Gli slogan e il voyerismo non trovano spazio.
«Avevo 23 anni quando ho scritto Milky Way Prince: The Vampire Star. Rivivere il lancio, questa volta su console, mi ha fatto effetto – ci ha confidato -. Soprattutto perché sto lavorando a un nuovo gioco, con un mood diverso. Ora capisco quanto è successo nella mia vita, quanto fossi più giovane, più piccolo. E mi fa sorridere». Accade ogni tanto che sul nostro magazine ci capiti di raccontare videogiochi nati sui banchi universitari. Lorenzo ha frequentato l’Università IULM di Milano, dove ha iniziato a costruire il proprio sogno per diventare un regista.
«Ci era stato chiesto di realizzare un prototipo, un concept di un videogioco. Era la prima volta che programmavo. Ci ho messo nove mesi per realizzare Milky Way Prince: The Vampire Star. Musiche e suoni sono tutti miei». Con un cura grafica essenziale, dagli evidenti richiami al Giappone, il percorso narrativo è un susseguirsi di situazioni che sfociano nel drammatico e nel paranormale, rafforzate da una meccanica di gameplay più che azzeccata sulla quale torneremo in seguito. «Ho una dieta mediatica troppo varia e mi perdo su altre cose – ha aggiunto Lorenzo – Non sono un videogiocatore incallito».
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Elemento che, a pensarci, non deve soprendere dal momento che il linguaggio videoludico chiacchiera da tempo con altri settori, contribuendo ad accogliere gamer casuali che sempre più spesso trovano titoli adatti a un gioco senz’altro non hardcore, ma non per questo meno intenso. Non vi anticiperemo molto di Milky Way Prince: The Vampire Star, videogioco che arriva ai titoli di coda nel giro di un paio d’ore. La storia è quella di Nuki, il protagonista, giovane appassionato di astronomia. L’incontro con Sune, un ragazzo diverso da tutti gli altri, dà inizio a un rapporto prima di timidezze, poi di confidenze e fisicità.
L’inizio è quello di molte storie d’amore. I primi incontri, le paure, le farfalle nello stomaco. «Il gioco colpisce subito per l’estetica filo-giapponese, ma c’è anche molto cinema italiano. È un mio personale remake di Ultimo tango a Parigi (capolavoro di Bernardo Bertolucci del 1972, ndr). Racconto di un rapporto fatto di appuntamenti al di fuori di spazio e tempo, in cui due personaggi si conoscono». Ma la conoscenza reciproca, come in tutti i rapporti tossici, non ha il sapore della scoperta, bensì il dolore di una botta contro un muro.
«Milky è un videogioco sulla comunicazione e, soprattutto sulla assenza di comunicazione. Il silenzio è essenziale. Al punto che l’unica soluzione è il rapporto fisico». Gli ingredienti degli amori tossici sono quelli che isolano la parte debole e, al tempo stesso, la fanno sentire inspiegabilmente più forte. Perché è Nuki che, nonostante tutto, vuole e crede di poter curare Sune. E in questo percorso si dimentica di se stesso, del proprio bene.
Disponibile in italiano, Milky Way Prince: The Vampire Star ha le meccaniche classiche delle visual novel, con bivi narrativi dettati dalle nostre scelte di dialogo. Quel che, come detto poco sopra, merita una menzione è l’escamotage col quale lo sviluppatore è riuscito a rendere davvero complessa e faticosa la comunicazione tra i due, facendo pesare i silenzi e coinvolgendo il gamer: è la prima volta infatti in cui ci è capitato di non essere pienamente padroni del ritmo della conversazione. Schiacciando A spesso si prosegue alla frase successiva, ma in momenti decisivi i più attenti potrebbero notare quello che a prima vista sembrerebbe essere un input lag. Nulla di tutto questo: schiaccerete il tasto più e più volte, finché la sceneggiatura non proseguirà. In ultima analisi, Milky Way Prince: The Vampire Star, ad alcuni anni dal lancio, resta ancora un prodotto che trasmette tutta la freschezza della mente creativa che l’ha realizzato.