Siamo finalmente davanti al GdR che gli appassionati della saga Capcom attendevano?
Il primo Monster Hunter Stories per Nintendo 3DS non ci aveva convinto pienamente. Per quanto fosse apprezzabile l’intento di Capcom di allargare la schiera di fan arrivando a solleticare il gusto di videogiocatori un po’ più giovani di quelli che solitamente si divertono a prendere a martellate grosse viverne squamose, il risultato complessivo era parso fin troppo blando e semplicistico. Si aveva a che fare infatti con un Monster Hunter in salsa GDR che sulle prime poteva anche appassionare, ma finiva ben presto col riciclare elementi, meccaniche e trovate. Con Monster Hunter Stories 2: Wings of Ruin è invece subito parso evidente, persino dai primi trailer, che gli sviluppatori nipponici volessero riscattarsi con un RPG di tutt’altra caratura, più adulto non solo per lo stile grafico, ma anche per la mole di contenuti. Ma questa, lo ammettiamo, era solo la nostra impressione: da oggi il videogioco è finalmente nei negozi, ci siamo forse sbagliati?
A spasso per Monster Hunter Stories 2: Wings of Ruin
No, non ci siamo sbagliati. Possiamo affermarlo con sicumera. Perché Monster Hunter Stories 2: Wings of Ruin è davvero un buon prodotto, ricco di spunti interessanti capaci di intrattenervi per parecchio tempo. Laddove il predecessore si limitava a essere un videogame brandizzato, il Monster Hunter da rifilare al fratellino, questo nuovo titolo è capace di accattivarsi le simpatie anche dei fan storici della serie.
Esattamente come nel passato capitolo, anche qui la caratteristica più allettante consiste nel poter allevare, crescere e ammaestrare i mostri, arrivando persino a cavalcarli. Chi conosce la serie rabbrividisce solo sentendo nominare i Rathalos, tra i draghi più coriacei e pericolosi che un cacciatore possa affrontare.
Ecco, nel mondo di Monster Hunter Stories 2: Wings of Ruin questi famigerati lucertoloni stanno svanendo, ma non è detto che sia una buona notizia, visto che la loro estinzione altererebbe gli equilibri naturali.
L’ultima speranza per la loro razza è nelle mani di una ragazza wyverniana, Ena: lei custodisce un misterioso uovo che viene affidato al protagonista, di cui saremo liberi di sceglierne sesso e aspetto (le opzioni di personalizzazione risultano tutt’altro che approfondite, meglio chiarire).
Nemmeno a dirlo, nell’uovo c’è un Rathalos, cosa che di per sé basterebbe già a farvi bandire da qualsiasi tribù, vista la fama predatoria di questi rettili. Ma non è nemmeno un Rathalos qualunque, bensì un esemplare con delle piccole ali, incapace di volare.
È insomma il famoso Rathalos tagliente delle leggende, creatura che sarebbe in grado di distruggere il mondo.
Il nostro protagonista e il suo particolare animale domestico si trovano così ad affrontare biasimo e rabbia delle varie comunità, che certo non li vogliono tra i piedi e anzi preferirebbero trasformare il povero sauro in borsette e cinture prima che diventi troppo grande.
Scopo del gioco sarà condurre il nostro eroe, un rider dotato della mistica Pietra del Legame (che permette appunto di tessere un legame con i mostri di cui si assiste la schiusa dall’uovo) a spasso per una discreta moltitudine di ambientazioni, ciascuna delle quali sarà zeppa di tane di mostri. Una volta individuate, occorrerà addentrarsi nei nidi (simili a mini dungeon), affrontare i lucertoloni presenti e sgraffignare la covata, nella speranza di mettere le mani su esemplari forti e potenti.
Ne potremo portare dietro fino a sei esemplari, come nei titoli dei Pokémon, e sempre come i Pokémon questi pasciuti lucertoloni ci aiuteranno tanto nei combattimenti (regolati sulla base della morra cinese, con mostriciattoli inquadrabili in tre categorie: Potenza, Tecnica e Velocità) quanto nella risoluzione di piccoli enigmi ambientali. Dal titolo Game Freak il gioco Capcom prende in prestito dunque la finalità ultima: creare la squadra migliore.
Qui il processo è ulteriormente arricchito dal “rituale sciamanico” che consente di personalizzare le proprie viverne preferite donando loro i poteri di mostri catturati ma che si ritiene opportuno scartare. Alla fine del rito, infatti, il bestio-donatore sparirà.
Meno pretenzioso dell’ottimo Monster Hunter Rise dal punto di vista tecnico e grafico, nonostante qualche incertezza di troppo sul fronte del frame rate nel corso dell’esplorazione del mondo di gioco (che non è un overworld, ma si compone di una pluralità di mappette), Monster Hunter Stories 2: Wings of Ruin convince soprattutto per lo stile, non più super deformed come nel primo capitolo, ma comunque giovanile, quasi anime, come nei vari Tales of di Namco-Bandai.
Uno stile che non riguarda solo i protagonisti umani ma anche quelli mostruosi e ben si adatta alle tante vicissitudini che affronteremo, con una trama perennemente sospesa tra momenti demenziali e altri decisamente più drammatici. Nonostante qua e là il sistema di combattimento lasci spazio a diversi dubbi, possiamo dire che con Monster Hunter Stories 2: Wings of Ruin gli appassionati della saga Capcom hanno finalmente il loro RPG.