Sara Stefanizzi è una delle content creator più note su Twitch
«Nella live su Twitch di lunedì scorso un ragazzo ha scritto in chat, lamentando il suo disagio con una coetanea. Ne è nato un dibattito di oltre un’ora, in cui abbiamo parlato di insicurezza, depressione e rapporti. Credo che anche questo faccia parte del nostro lavoro: ascoltare le persone e aiutarle a superare le difficoltà». L’intervista a Sara Stefanizzi, meglio nota sul web col nome di Kurolily, ce l’eravamo immaginata in maniera diversa: avremmo parlato di videogiochi, di live fiume per intrattenere la sua community (quasi 150mila iscritti su Twitch e oltre 80mila su YouTube), di come è strutturata la vita di una professionista del mondo content creator. E invece la chiacchierata ha preso una piega inaspettata.
La community, oltre gli slogan
Il mondo gaming che da tempo vi raccontiamo su StartupItalia è ricco di piccole e talentuose startup che sgomitano per farsi notare in un mercato competitivo ed estremamente selettivo. Ma ci sono anche le persone, la cosiddetta community, che troppo spesso viene etichettata col termine hikikomori: ragazzi che si isolano nelle proprie camere per vivere in un’universo videoludico dove si costruiscono la propria comfort zone. La realtà è ben più complessa. «Nel mio lavoro non esiste soltanto il contatto virtuale con chi mi segue: senz’altro quello è un surrogato della socialità che ha aiutato, però, un sacco di persone a sentirsi meno sole nel periodo di pandemia e lockdown. Poi – ha aggiunto Sara – ci sono gli incontri e gli eventi dal vivo. Ho visto molti ragazzi che hanno passato il primo raduno senza spiaccicare parola e che in poco tempo si sono aperti, stringendo nuove amicizie». Ma prima di approfondire la questione conosciamo da vicino Kurolily.
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Chi è Kurolily
Nata a Rimini, Sara Stefanizzi ha 34 anni e fin da quando è bambina ama due cose: i videogiochi e i libri. «Nel tempo libero erano le mie due attività preferite. Grazie anche a mia zia ho conosciuto le prime avventure grafiche, come Monkey Island, che mi hanno spalancato le porte di questo mondo». Le circostanze della vita l’hanno portata a Milano, dove per un pò ha lavorato part-time in un negozio di videogiochi, mentre cominciava a pubblicare contenuti sul web. «Ho aperto il mio canale YouTube nel 2006 e poi, nove anni fa, ho scoperto Twitch. All’inizio i miei video erano soltanto in inglese, perché gli italiani erano pochissimi».
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Il suo palinsesto prevede live tutti i giorni, tranne il giovedì e la domenica, dalle 14 alle 19. «Il lunedì e il venerdì streammo anche dalle 21 alle 23, proponendo format particolari: i librigame e il retro gaming». Amante di RPG e MMO (massively multiplayer online game), Kurolily pubblica da anni contenuti e gameplay dedicati ad alcuni dei giochi più famosi e tosti del panorama, come i soulslike. «Nelle mie live parlo un sacco e leggo sempre la chat per interagire – ha aggiunto – Ovvio, i videogiochi sono l’argomento più frequente: ci scambiamo opinioni, pareri. Ed è bello perché chi mi segue è curioso e appassionato tanto quanto me». Ma, come abbiamo accennato all’inizio, sono le deviazioni dal tema che aiutano a inquadrare la community, andando oltre nickname e banalizzazioni.
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Il video di Edoardo
Maschilismo e gaming
Per concludere l’intervista a Kurolily, non potevamo non chiederle un commento partendo dalla notizia che sta scuotendo una delle aziende più note. Da giorni Activision Blizzard è stata infatti travolta da accuse pesanti: molestie, cultura da confraternita e sessismo sul posto di lavoro sono soltanto alcuni degli aspetti più drammatici delle denunce fatte da ex dipendenti. «È importante che casi così gravi emergano: purtroppo c’è ancora molto maschilismo nel mio settore – ha concluso Kurolily – al di là di questo fatto gravissimo, parlo per quanto riguarda la mia esperienza: molti ragazzi difendono il gaming come se fosse qualcosa che appartiene solo a loro. Come se noi ragazze volessimo portarglielo via. C’è chi addirittura è convinto noi femmine streammiamo soltanto per incontrare maschi. Non riescono a contemplare il fatto che, semplicemente, ci piace tantissimo videogiocare».