«Si va verso un Festival dei personaggi. Se ascolti le canzoni in gara la parte melodica è meno importante della declamazione testuale. Si va verso un repertorio declamato, dove la trap è preponderante. Se penso a Volare di Modugno, quelle melodie dispiegate sulle parole si sentono meno». Filippo Poletti è giornalista e LinkedIn Top Voice, ma di formazione è un esperto di musica, un ingegnere del suono laureato in musicologia. Oggi, giornata della finale di Sanremo 2025, dedichiamo questo articolo a una riflessione critica e a un’analisi del mercato. «Da quest’anno è stato permesso l’utilizzo dell’Auto-Tune al Festival, come effetto vocale e non come correttore. Fedez lo ha usato. Qua si apre un dibattito: è ancora il Festival della canzone?». Nel corso della sua carriera è riuscito a trovare anche collegamenti tra la musica e il mondo del lavoro.
Nel suo libro L’arte dell’ascolto: musica al lavoro (edito da Guerini e Associati) Poletti ha raccolto decine e decine di interviste a personaggi famosi, approfondendo il loro legame con la musica. «Al Bano mi ha detto che il segreto della musica felice è quando provoca uno sbrego. Lui lo provò nell’84 ascoltando Una terra promessa di Eros Ramazzotti. Mike Buongiorno, invece, era un appassionato di Vivaldi. Mi ha detto che i suoi allegri gli mettevano allegria». Ma c’è un elemento che accomuna questi professionisti con la parte fondamentale della musica, l’ascolto? «È emersa una equazione: i grandi professionisti sono grandi ascoltatori. Non sono persone distratte: analizzano e approfondiscono».
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Le sfide (e i problemi) di Sanremo
Classe 1970, nato a Milano, Filippo Poletti ha cominciato il mestiere del giornalista scrivendo di musica per Il Giorno. «Una delle mie maestre suonava la chitarra e lì è nata la voglia. Alle elementari lo strumento era più grande di me». Dai banchi, poi, è passato in cattedra come insegnante di musica. «Alle scuole medie facevo ascoltare le canzoni di Sanremo. E poi si cercava di capire con gli alunni perché poteva piacere, la struttura del pezzo».
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Oggi che termina la 75esima edizione della kermesse nella Riviera dei fiori, la musica continua a essere protagonista delle discussioni in famiglia e tra amici, con le playlist riavviate più e più volte da martedì scorso. «Io vengo dalla classica: è il mio DNA. Ma sono un curioso, un ascoltatore rabdomante. Per me la musica si distingue tra forte e debole. O ti arriva oppure no».
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Da esperto del settore Filippo Poletti ci ha presentato un paio di riflessioni, da cui partire per ragionare del presente e del futuro di Sanremo, a cominciare dall’identità del Festival della canzone italiana. «Con l’Auto-Tune si apre un dibattito: è il festival della canzone o quello dei personaggi? Se è della canzone i filtri non dovrebbero essere utilizzati. Ma forse, ormai, conta di più la rappresentazione della musica».
Sanremo sotto esame
E poi c’è il nodo legato all’organizzazione e ai ruoli di conduttore e direttore artistico, fusi in un’unica persona ormai da diversi anni. «Funziona così dai tempi di Fabio Fazio, ma il Festival non è nato così. Il ruolo del direttore artistico era distinto. Alla prima edizione, nel 1951, il presentatore era Nunzio Filogamo, mentre Giulio Razzi, nipote di Giacomo Puccini, faceva da direttore artistico». Una macchina come quella di Sanremo – chissà che mai un domani non cambi residenza dopo la pronuncia del TAR della Liguria – secondo Poletti richiede che i lavori siano distinti. «Non è una startup in cui poche persone fanno tutto. Ma una grande azienda».
Analizzando però la musica odierna, quella che scala le classifiche di Spotify, cosa si può dire da un punto di vista tecnico? Filippo Poletti ci ha spiegato che, come per il web, anche la fruizione dei brani viaggia ad altre velocità. «Oggi si ha meno pazienza, l’ascolto è frenetico. C’è una tendenza alla fast music». Con quali ripercussioni? «La musica è un trigger dell’attività cerebrale. Più sono elevati i battiti per minuto più vengono sollecitate determinate onde nel cervello. Tra i 100 e i 180 bpm si stimolano le onde beta, tra i 60 e i 70 quelle alpa».
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Non che l’una o l’altra siano negative o positive: è questione di conseguenze sullo stato d’animo, sulle emozioni di chi ascolta. «Se ne prenda atto: la musica verso cui ci dirigiamo continua a sollecitarci. A Sanremo 2025 le canzoni lente sono quelle di Gabbani, Tony Effe, Cristicchi. Quelle da onde beta sono dei Coma Cose e di Gaia. Dal mio punto di vista Lucio Corsi rappresenta l’unica novità di questa edizione, dal punto di vista melodico e del testo. Va fuori dagli schemi».
L’AI e la musica: possibili accordi
E rimanendo sugli aspetti tecnici, qual è lo scenario rispetto all’AI nel settore della musica. Durante gli scorsi anni numerosi artisti hanno lamentato i rischi derivanti dalla violazione del copyright. «Per fare cover e remake, credo sia uno strumento interessante. Ovviamente rimango affezionato a una scrittura e a una composizione umane. L’AI è un ottimo ausilio per quel che riguarda la registrazione, il controllo di tutti i livelli. Spotify, voglio ricordare, da anni usa l’AI per suggerirci i brani».