Se non ci sarà parità tra gli uomini e le donne, i Paesi non riusciranno a rispondere alle crisi. È quanto emerge da una ricerca pionieristica dell’Unesco, che per la prima volta mette in relazione l’equità tra i generi con la resilienza, ovvero con la capacità di “resistere o riprendersi velocemente da una crisi”. Dunque, divari e discriminazioni – secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’educazione, la scienza e la cultura – indeboliscono non solo le persone che ne sono vittime, ma persino i Paesi, fiaccandone le capacità di adattarsi ai cambiamenti, mentre – al contrario – donne resilienti favoriscono società reattive, capaci di riemergere dagli stress persino più forti di prima. L’obiettivo della pubblicazione, che si intitola Empowering women for the good of society: gender-based resilience, è mettere a disposizione delle comunità un quadro di parametri per misurare la resilienza di genere.
Questa è la road map della resilienza
Se, dunque, la resilienza di ogni comunità dipende da come vengono trattate le persone e dalle opportunità che vengono loro offerte, il Rapporto dell’Unesco mette in guardia le economie e le società che discriminano le donne e le persone con diversità di genere, le relegano in posizioni di secondo piano o impediscono loro di raggiungere il proprio pieno potenziale in ambiti come l’istruzione, il lavoro, ma anche la sfera sociale e politica. Fatta salva l’urgenza di assicurare i diritti di base, come l’integrità fisica e il diritto alla scuola, è in queste quattro aree che il Rapporto Unesco ritrova le disuguaglianze che più di altre ostacolano la resilienza personale e collettiva. I 10 punti che seguono rappresentano una sorta di road map universale per abbattere le disuguaglianze di genere e costruire forza e resilienza.
1. Investire nelle bambine e nelle ragazze Diversi studi internazionali indicano su scala globale un diffuso minor grado di alfabetizzazione tra le bambine, che si proietta in superiore vulnerabilità delle donne nell’età adulta. Eppure, è ormai noto che i Paesi che investono sull’istruzione femminile abbracciando l’equità di genere hanno risultati superiori rispetto a quanti continuano a privilegiare l’istruzione dei maschi. In particolare, i Paesi con un tasso di alfabetizzazione femminile più alto rispetto a quella maschile hanno mostrato, tra il 2011 e il 2021, una crescita del PIL più elevata. Non solo. Tra il 2000 e il 2021, il 14% degli uomini e il 23% delle donne era NEET, cioè non studiava né lavorava. Ebbene, i risultati mostrano che un aumento dell’1% della spesa pubblica può ridurre i tassi NEET tra le donne del 10%, rispetto al solo 4% degli uomini. Morale: le donne possono essere agenti di sviluppo più potenti.
2. Costruire le competenze tecnologiche delle donne Nel 2020 nel mondo, le donne erano il 26% dei professionisti nello sviluppo dati e nell’intelligenza artificiale, percentuale che scende al 12% per il cloud computing. Dati inaccettabili se si considera che quando è sostanzialmente il genere maschile a guidare i processi dell’intelligenza artificiale si rischia di condizionare in senso unilaterale i risultati favorendo e perpetuando nel tempo la segregazione femminile, che è nemica della resilienza.
3. Condividere con i padri la cura dei neonati Estendere il congedo di paternità ai neopadri può essere uno strumento efficace per promuovere l’uguaglianza di genere, poiché mette in testa a entrambi i genitori i diritti e le responsabilità di cura del neonato.
Dai Paesi per i quali sono disponibili dati, sappiamo che ai padri vengono concesse in media due settimane di congedo di paternità, rispetto alle 19,5 di maternità. In ogni caso, anche quando esiste un congedo parentale per legge, ne fruiscono in maniera decisamente sproporzionata le madri: solo il 25% dei padri, infatti, usa questa opportunità.
4. Contare più donne dove si prendono le decisioni che contano Per costruire una società resiliente, occorre rafforzare la rappresentanza delle donne nei processi decisionali politici ed economici. Sebbene ormai tutti i dati dimostrino che l’inclusione politica è associata a uno sviluppo economico più rapido e a risultati migliori in termini di salute pubblica, le donne rimangono significativamente sottorappresentate. Nel 2022 le donne occupavano in media il 25% dei seggi parlamentari nazionali e, sul piano economico, la loro partecipazione ai processi decisionali non va oltre il 30% in 63 Paesi del mondo.
5. Rimuovere tutte le forme di violenza La violenza rappresenta un grave ostacolo alla realizzazione personale e una delle più diffuse e devastanti violazioni dei diritti umani. Dal 2015, nel mondo, il 7% delle donne è stato vittima di violenza sessuale, il 23% di violenza fisica, il 22% di violenza emotiva. Il tasso di violenza sessuale contro le donne con disabilità è due volte quello della popolazione generale femminile. I diffusi stereotipi sociali portano il 30% delle donne a credere che la violenza domestica possa essere giustificata in determinate circostanze.
6. Costruire più lavoro per le donne (e abbattere gli stereotipi) Non riporteremo qui le percentuali di accesso al lavoro delle donne, che rimangono in media più o molto più basse rispetto a quelle degli uomini. Decisamente significativa è la quota di stereotipi che le tengono lontane dall’occupazione. Per esempio, una survey internazionale riporta che 1 persona su 3 crede che gli uomini dovrebbero avere più diritto al lavoro rispetto alle donne quando i posti di lavoro sono scarsi. E il luogo dove si vive conta. A pensarlo è il 20% della popolazione in Europa occidentale e Nord America, ma il 70% degli uomini e il 57% delle donne negli Stati arabi.
7. Migliorare la mobilità intergenerazionale Si tratta del processo grazie al quale il tenore di vita di una generazione diventa superiore a quello dei genitori. Nelle società caratterizzate da bassa mobilità intergenerazionale, il talento rimane inutilizzato, con possibili alti costi per l’economia e la società, soprattutto in tempi di crisi. In particolare, il dossier Unesco sostiene che offrire opportunità di istruzione alle donne e superare gli stereotipi di genere che le limitano alle attività domestiche e di cura può portare a una riduzione maggiore e più rapida del numero dei poveri, in particolare nelle economie a basso reddito.
8. Potenziare le abilità utili a fronteggiare i cambiamenti climatici Visto l’impatto del cambiamento climatico, la società resiliente richiede di dotare chiunque, ma soprattutto ragazze e donne, delle competenze necessarie per affrontare le minacce del clima. Con l’aumento del rischio di inondazioni ed eventi meteorologici estremi, la capacità di nuotare è fondamentale per garantire che le ragazze e le donne siano al sicuro, così come i loro figli. In tutto il mondo, donne e uomini mostrano diverse capacità di muoversi in acqua in sicurezza, indipendentemente dalla regione considerata: in media, il 40% delle donne dichiara di essere in grado di nuotare rispetto al 66% degli uomini.
9. Condividere con gli uomini il lavoro di cura familiare Cucinare, pulire la casa, accudire i bambini è un lavoro non retribuito il cui valore è stimato dal 10% al 39% del PIL globale. Tale lavoro occupa in media quattro ore della giornata di una donna, un’ora e mezza di quella di un uomo. Le conseguenze di questa squilibrata divisione dei compiti domestici procura alle donne ingenti problemi sul piano occupazionale: e infatti, nei Paesi dove le donne lavorano in casa per la famiglia sino a due ore in più al giorno rispetto ai loro partner l’occupazione femminile si attesta intorno al 50% e si riduce tra il 30% e il 40% quando dedicano alla cura 4 ore di più. E la mancata partecipazione delle donne al mercato del lavoro, che è tra le primarie cause di vulnerabilità, si traduce in importanti svantaggi pensionistici. In media, la pensione di una donna è inferiore del 26% rispetto a quella di un uomo: la misura del gap va dal minimo del 3% dell’Estonia al massimo del 42% in Messico.
10. Ridurre le gravidanze tra le adolescenti Promuovere la resilienza significa anche comprendere e affrontare dinamiche di vulnerabilità come le gravidanze delle adolescenti: c’è, infatti, una chiara correlazione tra avere bambini in età precoce e la probabilità che madri e figli siano vulnerabili e privi delle risorse e delle opportunità necessarie per migliorare economicamente e socialmente.
Le gravidanze degli adolescenti sono correlate alle disuguaglianze di genere e crescono mano a mano che cresce la disparità tra uomini e donne: un aumento del 10% delle gravidanze è associato a un aumento del 5% dell’indice di disuguaglianza di genere.