“Il segreto per creare qualcosa di eccezionale? Avere una mente implacabilmente concentrata sul più piccolo dettaglio”. Così Giorgio Armani, maestro dello stile e mentore silenzioso del successo. Una figura che, come ogni grande innovatore o startupper, ha costruito un impero a partire da valori semplici ma potenti. Nasce come vetrinista nel lontano 1957. Così apprende i rudimenti del visual merchandising e dell’artigianalità sartoriale, mettendo da subito le basi per il suo approccio sartoriale minimalista e raffinato. Fonda la sua casa di moda a 40 anni, finanziandola vendendo il suo Maggiolino Volkswagen. In meno di un decennio il suo stile minimale e destrutturato – vera rivoluzione nel prêt-à-porter – si guadagna le copertine internazionali e la ribalta hollywoodiana (storica la cover del Time del 1982)

Armani credeva nella sobrietà come radicalismo gentile, un ideale racchiuso in ogni giacca dal taglio morbido, ogni tailleur raffinato, ogni progetto firmato con la sua mano. Ma è stato anche un imprenditore visionario: è riuscito a mantenere salda la leadership del suo brand, espandendolo in settori diversi e resistendo alle pressioni finanziarie esterne. «Ha intuito prima degli altri già a metà degli anni 70 che la posizione della donna nel mondo stava cambiando. E ha saputo interpretare quel cambiamento con la sua moda. In qualche modo ha fiutato il cambiamento e lo ha trasformato in consapevolezza», afferma Letizia Schätzinger, giornalista di moda e che da sempre, nel suo lungo percorso professionale, ha seguito le gesta di Re Giorgio Armani (qui un’intervista rilasciata a StartupItalia). Anche dopo una tragedia personale come la perdita di Sergio Galeotti, Armani trasforma il dolore in progetto e crescita. E fino all’ultimo giorno, si è impegnato per curare il cinquantesimo anniversario della sua maison, dedica eterna all’eleganza, alla dedizione, all’innovazione. Per questo lo ricordiamo come un antesignano: uno startupper dell’eleganza che ha creato un impero con visione, coraggio e stile. «Il suo lavoro è sempre stato connotato dalla distintività, dalla differenza, dando il massimo a testa bassa con costanza e determinazione. Così ha portato avanti la sua idea di eleganza fuori dal comune e fuori dagli schemi. Faceva pochissime interviste, ma qualcosa è cambiato durante la pandemia, quando si è posto come un portabandiera dell’Italia nel mondo. Esserci nel momento di difficoltà, questo ha voluto significare», precisa Schätzinger. L’eleganza non come vezzo, ma come sostanza. E da lì la scalata, fino a coprire Hollywood di giacche morbide e tailleur fluidi, a riscrivere l’estetica degli anni Ottanta e oltre. Re Giorgio, venuto a mancare ieri a 91 anni, ha insegnato che per innovare servono rigore, libertà e soprattutto coraggio. “Ho sempre pensato che il mio lavoro non fosse vestire le persone, ma dare loro sicurezza”. Le startup oggi chiamerebbero questo empowerment. Lui lo chiamava stile. Ecco le sue 10 lezioni + 1.

1. Essere globali restando locali.
Armani ha portato l’Italia nel mondo senza mai dimenticare le radici. Ha fatto sfilare a Parigi, New York, Tokyo, ma è rimasto fedele a Milano. Ha sostenuto le comunità, gli ospedali, il suo territorio. “La mia patria è l’Italia, ed è da qui che tutto nasce”.
2. Essere presenti nei momenti difficili.
Durante la pandemia è stato tra i primi a donare milioni di euro agli ospedali e a riconvertire le sue linee produttive per camici e dispositivi medici. In tempi di incertezza, non si è nascosto. “In un momento come questo non ci si può tirare indietro”, ha affermato più volte.
3. Non seguire la moda, ma fare la moda.
Non ha mai inseguito tendenze effimere. Le ha anticipate, spesso ribaltandole. Ha fatto scuola con i suoi completi destrutturati, con la sobrietà che diventava rivoluzione. Ha rivoluzionato la moda imponendo un’estetica moderna, minimalista e destrutturata: le sue giacche morbide e i tailleur fluidi ridefinirono regalità e libertà nel guardaroba.
4. Diversificare senza disperdersi.
Moda, profumi, arredi, hotel. Armani ha costruito un impero multisettore mantenendo un’identità unica, riconoscibile.
5. Fiutare il futuro.
Lo abbiamo già anticipato. Dagli anni Settanta in poi ha colto l’evoluzione del ruolo della donna, liberandola dalle costrizioni di giacche rigide e tailleur armati. Ha anticipato una società che cambiava.
6. Mantenere il controllo creativo.
Ha sempre rifiutato grandi fusioni e acquisizioni, restando indipendente. Una scelta controcorrente, che ha fatto scuola. Perché per innovare bisogna proteggere la visione.
7. Trasformare le crisi in opportunità.
La perdita del suo socio Sergio Galeotti nel 1985 non lo ha spezzato. Lo ha rilanciato. Dal dolore è nato un impero ancora più forte. È la lezione della resilienza personale come acceleratore di crescita. Ha continuato la sua missione con determinazione, trasformando il dolore in progettualità e rafforzando l’identità del marchio.
8. Curare il dettaglio come fosse il tutto.
Dalle cuciture alle scenografie, dal packaging alla musica delle sfilate: niente era secondario. “Il dettaglio fa la differenza tra un prodotto buono e uno straordinario”.
9. Coltivare la sobrietà come radicalismo.
Mentre il mondo correva verso l’eccesso, Armani ha scelto la misura. Minimalismo, sobrietà, essenzialità: una scelta radicale, ma gentile. Un posizionamento forte, duraturo.
10. Pensare a lungo termine.
Anche all’ultimo Giorgio Armani era impegnato sul cinquantesimo anniversario della sua maison. Sempre proiettato oltre, sempre pronto a immaginare il prossimo capitolo. “Il futuro è la cosa più interessante che abbiamo”.
11. Non è mai troppo tardi per costruire un impero.
Armani fonda la sua maison a 41 anni, vendendo il suo Maggiolino per finanziare il progetto. Non era un giovane smanettone da garage, ma un uomo maturo che si reinventava, con esperienza e visione. Una lezione per tutti: il tempo per iniziare non è mai scaduto.