Esplorare, sparare… ma non toccare
Tra i PEGI 18 a luci rosse che il mercato gaming offre, i due capitoli di Red Colony sono decisamente fuori dalle righe. Realizzato da Rune Shimotsuji Storm, sviluppatore indipendente con un amore sfrenato per un certo mondo anime giapponese, è un survival a scorrimento orizzontale nel quale dovremo impersonare eroine poco vestite e dai lineamenti estetici decisamente pronunciati. In questo caso il videogioco non ci va troppo per il sottile: se già vi sembrava pretestuoso che nei B movie horror le ragazze corrono sempre a piedi nudi e in camicia da notte, in questo caso vestono addirittura tacchi a spillo. In questa recensione di Red Colony 1 e 2 vi riassumiamo il gameplay e le impressioni di questo titolo indie.
Leggi anche: Sakura Succubus, su Nintendo Notting Hill al cubo
Recensione di Red Colony
Tra il primo e il secondo capitolo di Red Colony l’impostazione non cambia. Ci si ritrova sempre in un mondo piuttosto statico dove a emergere è la protagonista e le sue movenze un pò meccaniche. L’eroina può camminare o correre (sì, anche sui tacchi a spillo), per raccogliere oggetti o nascondersi dagli zombie. In ambientazioni poco illuminate l’obiettivo è armarsi ed evitare gli incontri indesiderati.
Leggi anche: Is It Wrong… Un cartone ispirato ai videogame e un videogame troppo cartone
Oltre all’esplorazione, sia in Red Colony 1 sia in Red Colony 2 c’è anche spazio per l’adrenalina con brevi sparatorie che aggiungono quel minimo di azione. Andando a puntare su un nicchia di gamer che adora gli anime per adulti, lo sviluppatore si è concentrato sulla caratterizzazione anche dei luoghi angusti e post apocalittici. Non molto convincenti invece i villain che andremo ad affrontare, dagli zombie ai dinosauri. Scordatevi infine i jump scare, anche perché gli occhi saranno sempre puntati altrove.