È il videogame più atteso del 2021. Scopriamo l’ultimo capitolo della saga Capcom che, dopo averci fatto combattere contro zombie e aberrazioni genetiche, per il venticinquesimo anniversario butta sulla scena licantropi e vampiri
Era da tempo che non mi spaventavo così. Che non provavo una simile angoscia. Probabilmente da Resident Evil 4, per restare nell’ambito della saga. Più precisamente da quando, messo piede a Pueblo in compagnia di Leon Kennedy, mi ritrovavo circondato da zotici che, oltre a insultarmi (“cabron”) iniziavano a inseguirmi, costringendomi ad asserragliarmi nella prima bettola che trovavo, sprangando porte e finestre che avrebbero retto se non fosse arrivato un tizio con un sacco in testa armato di motosega… Ecco, Resident Evil Village prende di peso il quarto episodio e lo fonde con le atmosfere lugubri e angoscianti di Dracula di Bram Stoker, una vera pellicola horror, diretta da Francis Ford Coppola, che indagava come mai prima i lugubri anfratti del maniero del celebre vampiro.
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Resident Evil Village e l’eredità del quarto capitolo
Resident Evil Village, alias Resident Evil VIII, dal punto di vista ludico prende il meglio delle novità del settimo capitolo, vero e proprio reboot della serie, ma prova a innestarle nello scheletro della saga. Infatti sono davvero numerosi i frangenti in cui pare di giocare al quarto episodio. Pueblo, il paesino immerso nei boschi spagnoli, è stato sostituito da un agglomerato di case sui monti Carpazi, in Romania, che comprende, oltre al villaggio che dà nome al titolo, pure un lago, uno stabilimento industriale (apparentemente) abbandonato e ciò che resta di fattorie in rovina.
Al posto del castello di Ramon Salazar, nemico iconico del quarto capitolo, si staglia, imponente e spaventosa, la fortezza di Alcina Dimitrescu e delle sue figlie. Dopo anni passati a combattere zombie e aberrazioni genetiche di ogni tipo, in Resident Evil irrompono così vampiri e licantropi, ovvero i Lycan, nemici ben più svegli degli ammassi di carne putrescente crivellati finora che offrono una sfida all’altezza della visuale in soggettiva, vera eredità del settimo capitolo.
Chi calca il palcoscenico?
Un simile palcoscenico aveva bisogno di attori di chiara fama, caratterizzati in modo superbo, e allora ecco quattro super villain (sì, parola etimologicamente legata a village) d’eccezione: Alcina Dimitrescu e le sue figlie vampiro sono già note al pubblico. Si divertiranno a torturarvi durante la vostra permanenza nel loro lugubre maniero, inseguendovi stanza dopo stanza.
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Avvertirete le loro risate, il ticchettio dei loro tacchi. Non potrete fermarle: i vostri proiettili non serviranno nemmeno a rovinare la loro messa in piega e a scheggiare lo smalto dei loro enormi artigli, quindi l’unica per sopravvivere sarà fuggire sempre e comunque. Persino mentre risolverete i tanti, folli, enigmi che sono presi di peso dai primi capitoli, avvertirete il loro fiato sul collo, perché il gioco in quei frangenti non entrerà in pausa, e come solo sottofondo avrete assi di legno marcio che scricchiolano al loro passaggio, porte che si aprono e che violentemente vengono richiuse, echi di voci che si fanno sempre più vicini…
L’altro nemico è Heisemberg, agghindato come un dandy di fine Ottocento, armato con un maglio da guerra colossale (nei Resident Evil non manca mai il nemico con un’arma immensa), pieno di sé a tal punto da inscenare soliloqui dal forte sapore teatrale, è il signore dei Lycan, le belve che vi daranno la caccia fuori dai bastioni di Dimitrescu. Feroci come lupi e agili come scimmie donano al gioco e agli scontri una verticalità inedita, dato che spesso vi attenderanno appollaiati su tetti e sporgenze che potrete raggiungere.
Completano il parterre di psicopatici assetati di sangue umano Donna Beneviento (con la sua inquietante bambola parlante e non si capisce chi sia dei due la burattinaia e chi il burattino) e l’informe Moreau, una sorta di pustola antropomorfa, troppo deforme perché si scorgano ancora tratti umani, ma non per questo meno pericoloso degli altri.
Vecchie e nuove conoscenze…
Due i convitati di pietra: da un lato la famigerata Umbrella Corporation, la multinazionale che ha diffuso il virus T nel mondo, tramutando la popolazione in zombie. I suoi loghi appaiono anche in questo villaggio carpatico sperduto tra nevi perenni e fanno subito capire come la trama sia legata ai vecchi capitoli, nonostante le apparenze (e non solo per la presenza di Chris Redfield).
L’altro è Madre Miranda, la presunta protettrice del villaggio che, scomparendo nel nulla, ha permesso ai mostri di impadronirsene. Sentiremo parlare di lei fin dalle battute iniziali e qualcosa ci dirà che non è la salvatrice che la popolazione ritiene. I personaggi, al pari delle ambientazioni, straripano di dettagli e particolari. Soprattutto — ma avremo modo di ritornarci – gli interni: il castello Dimitrescu e la residenza Beneviento sono una vera gioria per gli occhi.
Talvolta sfondano pure nel kitsch, altro tratto distintivo della serie (non dimenticate che è sviluppata in Giappone e i nipponici, abituati come sono a stili molto più semplici ed essenziali, quando devono scimmiottare stili occidentali, abbondano sempre col cattivo gusto), ma ciò non toglie che se Capcom ha deciso di titolare questo episodio Resident Evil “Village” non è solo per il giochino cromatico che gli ha consentito di far emergere un otto romano (VIII) nel logo.
Sono infatti le ambientazioni e, in particolar modo, gli interni, le reali protagoniste del gioco, capaci di farvi palpitare e sussultare, soprattutto quando le musiche, superlative, di colpo si interrompono e rimarrete avvolti solo dal silenzio, rotto dal suono dei vostri passi e dai rumori che fanno le vecchie ambientazioni quando si assestano. Ma potrebbe essere ben altro…
Mercante inquietante
Naturalmente abbondano di segreti e passaggi secondari ininfluenti ai fini della trama ma necessari per mettere le mani sui tesori dei quattro folli nobili che adoreranno perseguitarvi. Come si possa pensare all’oro in un momento come questo è presto detto: qua e là incontrerete il Duca (altro rimando a Resident Evil 4 e al suo misterioso mercante), un gigantesco omone che si muove a bordo di un improbabile calesse.
Il Duca, unico essere apparentemente gentile in un mondo popolato da mostri, adora l’oro e coi suoi modi affabili sarà felice di rifornirvi di munizioni, armi sempre più potenti e persino spazio extra per il vostro inventario, che esattamente come nel quarto capitolo andrà riempito in una specie di Tetris, incastrando tra loro oggetti e armi a seconda dello spazio che occupano.
Insomma, è tutto perfetto? Non proprio, perché anche Resident Evil Village ha i suoi limiti. Di due ordini, per la precisione: grafici (pare folle ma è così) e legati al gameplay. Partiamo dal primo: il RE Engine, motore proprietario degli sviluppatori nipponici, è semplicemente sublime, ma l’esigenza di adattare il gioco agli hardware meno potenti di PlayStation 4 e Xbox One, ha reso meno brillanti anche le versioni per PS5 e Xbox Series X|S.
Gli interni sono spettacolari – lo abbiamo detto e ripetuto -, di contro, gli esterni talvolta sembrano invece più scenari cinematografici, un po’ immobili e finti. Ma, soprattutto, sono afflitti da pop-up e da diversi rallentamenti. Anche le compenetrazioni poligonali tra nemici e scenario non ci hanno sempre soddisfatto così come sporadiche texture in bassa risoluzione e stiracchiate. Tutto questo viene comunque silenziato dall’incredibile atmosfera che Capcom è riuscita a ricreare, forte di effetti speciali, di illuminazione e della nebbia che ammanta il posto.
Sul fronte dell’IA, ciascun nemico, com’è giusto che sia, ha una propria routine di mosse che vi chiederà di tessere una strategia ad hoc per affrontarlo o anche solo aggirarlo (per esempio, i Lycan sono temibili in branco, dunque meglio rifugiarsi in una casa e farli fuori a mano a mano che entrano), ma spiace notare che, nonostante l’ambientazione di Resident Evil Village, a differenza del settimo episodio, sia molto vasta e non più suddivisa in compartimenti stagni, i mostri continuino a comportarsi come se l’intera mappa sia composta da stanze.
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Dunque appena usciti dalla loro portata visiva smetteranno di inseguirvi (tranne Alcina, programmata per fare tutt’altro). Si tratta di sbavature che stridono con l’ultima generazione di videogiochi e, soprattutto, con la sensazione di essere costantemente in pericolo, rinfocolata comunque dal numero esiguo di munizioni a disposizione e dalla grande quantità di mostri perennemente in agguato.
Ma anche questi nei non intaccano la portata dirompente di Resident Evil Village, ben più di un semplice capitolo di raccordo tra il reboot del settimo episodio e la saga tradizionale, con le sue regole spesso troppo astruse e rigide per i giocatori del 2021. Esattamente come quindici anni fa con Resident Evil 4 (rieccolo), Capcom è riuscita a sorprendere il mondo dei videogiochi con un viaggio nell’orrore incredibilmente immersivo. Un capolavoro. Un titolo da avere a tutti i costi.