8+1 moto in pista al Mugello: ciascuna produce oltre 15 gigabyte di dati durante la gara. Ecco come Ducati gestisce questa mole di dati col supporto di Lenovo
Ci sono parole che a volte finiscono per essere abusate, perdendo il loro significato: passione è senza dubbio una di queste, ma non c’è altro modo di raccontare il sentimento che anima chiunque incontri nel box del team Ducati Corse in quel del Mugello. Tutti, dal general manager Gigi Dall’Igna a ciascuno dei meccanici, non si risparmiano neppure un attimo: il risultato è un’atmosfera in cui non si può fare a meno di sentirsi accolti e coinvolti, non si può fare a meno di tifare per loro mentre ti raccontano fin nei minimi dettagli cosa fa un’azienda che produce 60mila moto l’anno per tener testa in pista ai colossi concorrenti. Colossi che vendono milioni di pezzi in tutto il mondo. E tutto quello che succede in pista oggi, ci ribadiscono i vertici di Ducati Corse, finirà presto o tardi su strada.
E i risultati si vedono, in pista: con la vittoria in MotoGP nel weekend del Mugello grazie a Pecco Bagnaia, ma soprattutto con 7 moto su 8 piazzate nei primi 15 (fuori solo una Desmosedici, per caduta: sarebbe stato un trionfo assoluto). Tutto frutto di una strategia inedita per la gestione del team: la filosofia della “grande famiglia” Ducati prevede open data, edge computing, HPC e analisi dei big data nel Remote Garage, in pista o direttamente in fabbrica a Borgo Panigale. All’approccio quasi artigianale (in senso buono) tenuto da Ducati per la costruzione delle sue moto da gran premio, ecco che si affianca una visione a lungo termine ad alto tasso di tecnologia: la scelta di stringere una partnership con Lenovo, diventato oggi anche title sponsor, ci raccontano che è tutto tranne che solo una questione di marketing.
Dalla pista alla strada
Tutto quanto Ducati Corse fa per la MotoGP, come detto, prima o poi finisce sulle moto che gli appassionati possono acquistare: l’esempio perfetto è costituito dalla Panigale V4, una moto che monta esattamente lo stesso motore che equipaggiava la MotoGP del 2012 (quella di Valentino Rossi, per intenderci), identico nelle specifiche ma ovviamente rivisto per garantire l’affidabilità che ci si aspetta da una moto stradale. “Il nostro percorso è: ricerca e sviluppo in MotoGP. Tutto quanto facciamo poi lo portiamo sulla SuperBike, che è a tutti gli effetti una moto derivata dalla serie, e poi lo portiamo sulla moto di serie” racconta ai giornalisti Davide Tardozzi, team manager del Ducati Lenovo Team.
Lo stesso discorso vale per esempio per le alette, pomo della discordia qualche anno addietro nella massima serie e oggi lo standard su tutte le MotoGP: “Su queste soluzioni abbiamo lavorato e investito in questi anni: abbiamo fatto tutti gli studi aerodinamici in azienda, a Borgo Panigale – spiega Stefano Rendina, responsabile IT Ducati Corse – e poi li abbiamo portati sulla moto stradale: la Streetfighter e la Panigale montano appendici derivate dalla MotoGP”. Ma, ci tiene anche a precisare, non è una questione di marketing o meramente estetica: “Abbiamo elaborato le stesse simulazioni e soluzioni della MotoGP per la moto stradale: e la stessa strategia la applichiamo anche per l’elettronica, ad esempio”.
Nel complesso, Ducati ha deciso di applicare un principio ormai molto familiare a tutti coloro che si occupano di informatica: per progettare le moto che vanno in pista, per elaborarle, e per trarne informazioni preziose per costruire anche i prodotti che poi venderà ai motociclisti, sfrutta i big data. I dati che vengono raccolti dalle moto in pista sono elaborati, in tempo reale nel box e contemporaneamente ormai da un paio di stagioni anche da remoto dai tecnici rimasti a Bologna, e a posteriori per trarre ulteriori informazioni preziose: il data lake è costruito con la totalità dei dati estratti da tutte le moto in gara (c’è totale trasparenza e accessibilità per tutti i team). Tali dati costituiscono la base della strategia in gara, anche magari andando a ripescare vecchie informazioni per comprendere come adattare il setup della moto per la gara in corso: ma poi finiscono anche per diventare il cuore della progettazione di quanto verrà assemblato per gli appassionati.
La ricerca di un compagno di viaggio
Una visione così futuribile per una casa motociclistica che fa ancora dell’approccio umano il suo punto di forza, impone di trovare un partner che condivida lo stesso approccio “su misura” che le Ducati hanno avuto fin qui. La scelta di Lenovo, nel 2018, è stata dettata dalla necessità di sviluppare nuovi strumenti da mettere a disposizione dei tecnici in pista e in fabbrica: “Qualche anno fa – racconta ancora Rendina – abbiamo stilato una lista di requisiti, indispensabili in ambito racing: a Lenovo abbiamo detto esattamente che tipo di portatile ci serviva. Non ce l’avevano, e allora l’hanno sviluppato apposta per noi: la serie ThinkPad P1, per la quale abbiamo fatto da beta tester, l’abbiamo disegnata assieme dicendo come avremmo usato il portatile, che tipo di hard disk piuttosto che tipologia di RAM ci occorreva. Abbiamo fornito tanti piccoli suggerimenti per trovare il prodotto migliore per noi, e fornire un know-how che magari non è sempre scontato”.
“Siamo veramente legati alla tecnologia – continua Rendina – Oggi avere un portatile che siamo sicuri funzionerà se piove in Malesia, se c’è la polvere del deserto in Qatar, se siamo sotto il sole a 50 gradi o c’è l’88 per cento di umidità, significa che alle 14 quando parte la gara io ho la certezza di essere riuscito a caricare il setup definitivo sulla moto”. Parliamo di applicazioni mission critical, e lo stesso vale anche per i server che Lenovo ha messo a disposizione per il box: “Sono macchine che viaggiano, che a volte vengono trasportate non proprio delicatamente in mezzo ad alto materiale, che devono subire sbalzi di temperatura durante il trasporto e l’utilizzo. Tutto viene estremizzato: l’affidabilità, sviluppare assieme a un partner qualcosa che deve durarci per anni, per noi è importantissimo”.
Una curiosità, tanto per fare un esempio: in Ducati Corse spesso i portatili lavorano da chiusi, collegati a schermi esterni, con il rischio che possano surriscaldarsi. Oggi i ThinkPad che Lenovo fornisce a Ducati, e che si trovano anche in commercio ovviamente, adottano un sistema di raffreddamento che consente di dissipare il calore in modo efficiente ed efficace anche con il laptop acceso e il coperchio chiuso. Ducati ha spiegato a Lenovo la questione, il team di sviluppo Lenovo ha preso in carico il problema e ha trovato una soluzione: “Questo per noi è vero valore aggiunto – spiega Rendina – Non è semplicemente prendere dell’hardware e metterlo a disposizione: costruire qualcosa per noi inizia a fare la differenza, ad avere un impatto”.
“Le motivazioni che hanno portato le sue aziende a iniziare a collaborare sono veramente molto semplici – aggiunge Lara Rodini, global Sponsorship & Activation Director Lenovo – Innanzitutto abbiamo una serie di valori in comune: l’importanza della performance e il raggiungimento del risultato, l’innovazione e il lavoro di squadra. Abbiamo iniziato proprio parlando di tutto questo, lavorando insieme: ed è così che facciamo ancora oggi dopo 5 anni, affrontando insieme le sfide. Noi la definiamo una partnership, non una sponsorship: lavoriamo insieme puntando nella stessa direzione. Si tratta di una sfida, ma l’abbiamo colta immediatamente: Ducati Corse viaggia da una parte all’altra del mondo e opera in situazioni anche estreme, la nostra tecnologia può essere implementata per supportare la squadra e supportare il raggiungimento dell’obiettivo”.
La collaborazione non si limita comunque a quel che succede in pista, dove ci sono già comunque computer e server a disposizione degli ingegneri: a casa, a Borgo Panigale, è stato allestito un centro di calcolo HPC (high performance computing) per le simulazioni aerodinamiche che vengono svolte sia per le corse che per la strada. “Anche perché – prosegue Rendina – io dico sempre che noi siamo quasi una startup innovativa o una PMI: il nostro team di sviluppo e il nostro budget non hanno le stesse dimensioni dei nostri competitor. Per noi simulare, arrivare a un pezzo pronto al primo colpo, è vitale: ci permette di spendere molto meno in prototipazione, ci permette di essere efficienti ma di trovare comunque la performance giusta con il pezzo giusto”.
Tardozzi aggiunge qualcosa, lui che è stato anche pilota: “Diciamo qualcosa su tutto quello che non è andare in pista, che non è la moto. Io ho corso per Ducati – racconta il team manager – e allora forse era un gesto più istintivo. Oggi c’è un pensiero dietro, che sia un pensiero del cervello dell’uomo o del cervello di un computer. Io penso di aver avuto la capacità, anni fa, di capire quanto è importante la tecnologia, quanto poteva aumentare le potenzialità di vittoria. Ho sempre sostenuto che il mondo va avanti e bisogna adattarsi, e la tecnologia farà parte del nostro mondo sempre di più”.
Open data e big data
Su una moto che corre in MotoGP ci sono non meno di cinquanta sensori che misurano praticamente ogni possibile parametro: velocità, ovviamente, ma pure temperature, inclinazione e imbardata, qualsiasi dato può essere prezioso per migliorare le performance. Tutti questi dati vengono raccolti e inseriti come detto in un unico database: ogni sera i tecnici di tutte le scuderie che schierano una moto Ducati in pista si ritrovano per un briefing, condividono le informazioni e cercano di trarre il massimo ciascuno dai dati degli altri. In MotoGP la telemetria in tempo reale non esiste, dunque l’analisi a posteriore dei dati è fondamentale per migliorare le performance: avere più dati a disposizione significa aumentare la qualità dell’analisi, e tutti i piloti di tutte le scuderie sono ben consapevoli di quale vantaggio ciò possa garantire in pista.
“I piloti sono tutti in competizione tra di loro: ma hanno scritto tutti Ducati sulla moto” chiarisce Davide Tardozzi. “Condividere i dati, secondo noi, è il modo migliore per favorire lo sviluppo: i piloti hanno quasi tutti uno stile di guida diverso, e quindi chi deve progettare la moto e Gigi Dall’Igna che deve costruirla è importante che abbiano più informazioni possibili. Tutto quanto chiede ciascun pilota, rispetto agli altri, alla fine deve convergere verso un progetto unico che avvantaggi tutti”. Nella pratica si possono realizzare progetti fino a qualche anno fa impensabili: i motoristi possono modificare e caricare sulla moto una diversa mappatura in una manciata di minuti, anche fino a un attimo prima della partenza mentre le moto sono già in griglia. L’elaborazione di questi modelli avviene in parallelo in pista e a Borgo Panigale, combinando il lavoro dei due team in quello che oggi è un approccio totalmente integrato e che scambia dati in cloud, ovviamente con tutte le precauzioni necessarie per la sicurezza.
Interessante anche l’evoluzione che ha subito il concetto di Remote Garage in funzione delle esigenze odierne di Ducati, e di Ducati Corse in particolare. “Anche per una questione di regolamenti abbiamo scelto di limitare il numero di tecnici presenti in pista: ma il Covid ha insegnato a tutti noi anche a vivere e lavorare diversamente – racconta Tardozzi – A me piace ancora andare in azienda, guardare in faccia le persone, vedere i miei colleghi non soltanto davanti a un computer: ma è indubbio che la condivisione, la collaborazione a distanza, ha agevolato lo sviluppo di molte soluzioni. Le aziende hanno capito che è uno strumento utile e da cui non si torna indietro”.
Lo stesso vale per il Remote Garage. Ancora Rendina: “Il modello Remote Garage è qui, è presente. Adesso stiamo cercando di capire come farlo evolvere ancora di più, anche rispetto a quanto è stato fatto nel 2020 e nel 2021. La tecnologia ci sta supportando, abbiamo potuto aumentare la potenza di calcolo in pista: abbiamo potenziato la parte server per poter avviare alcune attività di simulazione direttamente qui ai box, ma abbiamo anche potenziato la parte di virtualizzazione per far sì che anche chi è a casa possa lavorare come fosse seduto al fianco dei suoi colleghi a bordo pista. Lavorare sugli stessi dati, fare le stesse analisi, persino comunicare direttamente in cuffia come gli altri ingegneri presenti qui”.
Poi ci sono piccoli grandi miglioramenti a quanto potrebbe sembrare banale: i tecnici Ducati raccontano del sistema che hanno implementato per gestire le scorte dei pezzi di ricambio, e anche lì l’automazione si è spinta già molto avanti. “Ogni pezzo sulla moto è monitorato, ha un chilometraggio predefinito – ci spiega Tardozzi – Le informazioni su questi chilometraggi sono sempre registrate, gli ingegneri sanno sempre quando un pezzo va sostituito: e se il nostro software di gestione si accorge che rischiamo di esaurire un componente, automaticamente scatta una procedura per la quale qualcuno a Borgo Panigale quel pezzo ce lo ordina e ce lo fa arrivare in tempo qui in pista. Un po’ un nostro fiore all’occhiello, siamo molto orgogliosi di questo sistema”.
Un futuro in realtà aumentata
Fin qui il presente. Ma il futuro ha anch’esso una rotta già tracciata: per esempio la realtà aumentata (AR, augmented reality) potrebbe giocare un ruolo determinante in moltissimi ambiti diversi. Nel marketing, con la visita virtuale dei box o per guardare da vicino il modello che di moto che sogniamo di acquistare; ma anche l’assistenza tecnica avanzata, in pista o nelle officine che manutengono le moto dei ducatisti in giro per il mondo, così da garantire tempi di risoluzione dei problemi più rapidi e potendo anche contare sull’esperienza dei tecnici di Borgo Panigale per migliorare le prestazioni delle moto in giro per tutto il pianeta.
“Quest’anno abbiamo iniziato con Lenovo a testare una linea di loro device, i ThinkReality A3 (questi, ndr)- racconta Rendina – L’idea è iniziare a valutare come sfruttare la realtà aumentata da remoto: clienti e partner che non possono essere qui potrebbero esplorare i box attraverso gli occhi del nostro responsabile marketing, oppure si potrebbe pensare a un’interazione diretta. Magari inquadrando la moto o parti della moto potrebbero venir fuori informazioni come i chilometri percorsi, velocità massima raggiunta, altri dati acquisiti durante il weekend. Un modo anche per creare quella connessione con i nostri tifosi che è importantissima”. E sono attività per le quali in parte, come detto, sono già iniziate le sperimentazioni.
Stimolato su quello che vorrebbe realizzare, su qual è il suo sogno, Rendina si spinge ancora oltre: “La prima volta che ho visto la realtà aumentata, ho pensato subito ai nostri colleghi della logistica, del magazzino, oltre ai meccanici. Vorrei arrivare ad avere un casco o un paio di occhiali da dare a un meccanico che, inquadrando gli elementi di una moto, si colleghi al nostro database, agli appunti, ai software di gestione dei nostri magazzini, e fornisca informazioni come il chilometraggio, su quale moto è stato montato quel pezzo. Voglio creare una moto parlante: inquadro un pezzo e mi dice chi l’ha progettato, mi fornisce tutte le informazioni di cui ho bisogno: senza neppure dover aprire un portatile e caricare una distinta, con una sola occhiata avere tutto sotto controllo”.
“Abbiamo fame di innovazione” ripete il responsabile IT Ducati Corse: il suo presente è fatto di un continuo lavoro di semplificazione, automazione e ridisegno dei processi per tutti i suoi colleghi, perché ci spiega come rosicchiando un minuto qua e là si riesca a regalare ore preziose da dedicare ad attività ad alto valore aggiunto. Una prospettiva quanto mai vincente nei tempi serrati tipici del weekend di gara. “E poi l’ho già detto – conclude – quello che facciamo in Ducati Corse se è vincente poi arriva in Ducati”: un ragionamento di chi ha voglia di migliorarsi ogni giorno. E i risultati in pista sono la misura del successo raggiunto.