I prestatori di servizi di accesso alla rete che «vengono a conoscenza» di condotte penalmente rilevanti sono obbligati a segnalarle immediatamente all’autorità o alla polizia giudiziaria. Per omissione della segnalazione e della comunicazione saranno puniti «con la reclusione fino ad un anno», oltre alle sanzioni pecuniarie. Così le commissioni Bilancio e Finanze del Senato hanno dato il via libera ai due emendamenti riformulati di FI e FdI al dl omnibus contro la pirateria tv anche per gli eventi sportivi. Che cosa rischiano, quindi, adesso i furbetti del pezzotto?
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Furbetti del Pezzotto, dalle multe al carcere
L’iniziativa, denominata “Piracy Shield“, era in discussione già da giorni e puntava a inasprire le misure nei confronti di chi illegalmente guarda eventi sportivi in streaming. L’idea sta alla base del tentativo, già avanzato dall’Agcom, di identificare e punire chi utilizza canali illeciti per seguire eventi calcistici, come app illegali o link condivisi su Telegram. Nei giorni scorsi, è stato firmato un protocollo tra Agcom, la Guardia di Finanza e la Procura della Repubblica di Roma per identificare e sanzionare chi utilizza il “pezzotto”, sistema illegale che permette l’accesso a contenuti audiovisivi protetti da copyright. I dati degli utenti saranno messi a disposizione dell’autorità giudiziaria, e le forze dell’ordine avranno nuovi strumenti per rintracciare i trasgressori. E se inizialmente si parlava soltanto di sanzioni economiche, con i due emendamenti approvati i “furbetti” possono rischiare anche il carcere.
Che cosa aveva detto il commissario Agcom?
Nei giorni scorsi, in un’intervista rilasciata a Fanpage.it, Massimiliano Capitanio, il commissario dell’Agcom, aveva spiegato come funziona il meccanismo delle sanzioni: «Funziona un po’ come gli autovelox. La segnalazione parte in automatico, ma poi è comunque la Guardia di Finanza che decide come muoversi dopo aver raccolto i dati».
La multa scatta anche per chi guarda inconsapevolmente una partita trasmessa illegalmente. «Può essere attraverso il pezzotto, le app scaricate dagli store o i gruppi Telegram, non importa», ha sottolineato Capitanio. Non ci sarà tolleranza, nemmeno per chi guarda una sola partita. «Se un utente lo ha fatto una volta sola, magari da un link, la multa sarà commisurata: parliamo di una sanzione da 150 euro», ha spiegato. Invece, per chi acquista abbonamenti a servizi pirata, «Possiamo arrivare anche a 5.000 euro di sanzione».
Oltre a punire gli utenti, Agcom e la Guardia di Finanza mirano a disabilitare le piattaforme che trasmettono contenuti pirata. «Le segnalazioni arrivano dai detentori dei diritti, che devono fornire una copia forense della trasmissione dei contenuti senza diritti. Queste organizzazioni non hanno problemi a rivendere i dati degli utenti – ha avvertito, aggiungendo che il pericolo non si limita alla sanzione economica – Ma si estende anche alla sicurezza delle informazioni personali». Entro 30 minuti dalla segnalazione, Agcom emette l’ordine per disabilitare il sito o il servizio incriminato.
Che cosa prevedono gli emendamenti?
Con l’approvazione dei due emendamenti ora si rischia anche il carcere. Il primo emendamento, che modifica la normativa vigente sui provvedimenti urgenti e cautelari dell’Agcom per la disabilitazione dell’accesso a contenuti diffusi abusivamente, stabilisce anche che si provveda «periodicamente a riabilitare la risoluzione dei nomi di dominio e l’instradamento del traffico di rete verso gli indirizzi Ip bloccati», una volta trascorsi «almeno sei mesi dal blocco» e sempre che «non risultino utilizzati per finalità illecite».
In base al secondo emendamento, i soggetti tenuti a comunicare immediatamente all’autorità giudiziaria che sono venuti a conoscenza che «siano in corso o che siano state compiute o tentate condotte penalmente rilevanti» sono: «prestatori di servizi di accesso alla rete, i soggetti gestori di motori di ricerca e i fornitori di servizi della società dell’informazione, ivi inclusi i fornitori e gli intermediari di vpn o comunque di soluzioni tecniche che ostacolano l’identificazione dell’indirizzo Ip di origine, gli operatori di content delivery network, i fornitori di servizi di sicurezza internet e di Dns distribuiti, che si pongono tra i visitatori di un sito, e gli hosting provider che agiscono come reverse proxy server per siti web». Questi soggetti devono inoltre «designare e notificare all’Autorità un punto di contatto che consenta loro di comunicare direttamente, via elettronica, con l’Autorità». Inoltre quelli che «non sono stabiliti nell’Ue ma che offrono servizi in Italia devono designare per iscritto» una persona fisica o giuridica che «funga da loro rappresentante legale in Italia». Oltre alla reclusione, si applicano anche le sanzioni pecuniarie previste per delitti informatici e trattamento illecito di dati.