Un po’ Conker’s Bad Fur Day, un po’ Jet Force Gemini, con ambientazioni e colori di Dinosaur Planet e le musiche di David Wise (Donkey Kong Country)
Se giocando a Tamarin (nome buffo che al sottoscritto ha evocato subito la bevanda dolciastra, solo in un secondo momento ho scoperto che si rifà a una specie di scimmiette) doveste provare diversi déjà-vu, ci state vedendo giusto. Non solo l’opera prima della startup Chameleon Games si rifà in modo prepotente ai platform 3D della seconda metà degli anni ’90 apparsi su Nintendo 64 (eppure salta a piè pari la pubblicazione su Switch…), ma la software house Indie stessa si compone di diversi ex Rare, casa produttrice britannica che i più ricordano, oltre che per 007 GoldenEye e Perfect Dark, proprio per i platform colorati e morbidoni, da Donkey Kong a Banjo – Kazooie, fino a Conker. Ecco, Tamarin nasce proprio con l’intento di creare un buffo miscuglio tra Donkey Kong 64 e Conker’s Bad Fur Day, ma la nostra scimmietta mentre provava a raggiungere l’obiettivo deve essere scivolata su una buccia di banana…
Tamarin Giano bifronte
Tamarin è davvero un titolo strano. Che lo stesso videogioco ospiti al proprio interno gameplay differenti non è per forza un male, anzi, potrebbe essere il trucco ideale per aumentare il divertimento e variegare l’offerta ludica. Ma in Tamarin questi frangenti risultano così poco amalgamati che sembra proprio di giocare a due prodotti diversi. Gli sviluppatori, nel tentativo di sorprendere con una ricetta ardita, hanno costretto a convivere sonnolente fasi platform, peraltro molto delicate e guidate, niente di open world (si percorrono lunghi corridoi “invisibili” intervallati da salti ed evoluzioni che però saranno svolte quasi in automatico, come quelle di Link-lupo in Zelda – Twilight Princess), con furibonde sezioni sparatutto in terza persona.
Bottles, sei tu? Ah, no. Un pronipote, forse…
Anche qui i rimandi a vecchie glorie di Rare si sprecano: da Conker’s Bad Fur Day a Jet Force Gemini. In queste sessioni viene stravolta l’atmosfera onirica del titolo e il nostro batuffolo peloso (fur shading a gogò), nonostante l’aria disneyana, imbraccia mitra, lanciarazzi e lanciafiamme e inizia a dispensare terrore, morte e distruzione. Gli insetti, i nemici della Tribù delle scimmiette al gusto di tamarindo, in quei frangenti, vengono crivellati rilasciando flotti di icore verde ed esplodono spandendo ovunque membra e viscere.
Leggi anche: Yooka-Laylee, la versione “tonica” dei Rare
Poi si torna alla luce del sole e tutto riappare morbido, delicato, rilassato e fiabesco. La trovata di alternare due fasi antitetiche per stile e contenuti ludici poteva anche fungere (fu appunto alla base di Conker’s Bad Fur Day, platform graficamente cartoon eppure zeppo di contenuti violenti e sessualmente espliciti), ma ciò che è andato storto in Tamarin è che manca la dovuta caratterizzazione che avrebbe dovuto fare da amalgama.
Insomma, non c’è collante e ragion d’essere; non si è in un South Park, in cui tutto, per quanto assurdo, è comunque giustificato: semplicemente si affrontano fasi opposte tra loro, senza un perché. Da questo punto di vista Tamarin ricorda parecchio quelle vecchie macchine cinesi della fine degli anni ’80 che venivano assemblate fondendo parti diverse di automobili europee per non incorrere in violazioni palesi del diritto d’autore ma il risultato era tutto fuorché credibile e godibile…
Almeno tecnicamente, però, Tamarin riesce a sorprendere in positivo, sebbene anche su quel fronte ricicli un sacco di materiali e idee dal passato glorioso dei Rare. Le ambientazioni europeeggianti (per la precisione, Nord Europa) strizzano l’occhio a Donkey Kong Country 3 e Dinosaur Planet e riescono a donare diversi colpi d’occhio interessanti, sebbene siano perennemente avvolte da una nebbiolina che sfuma tutti i contorni piazzata ad arte per nascondere la bassa definizione della maggior parte degli elementi. Ma l’aspetto migliore riguarda le musiche: i ragazzi di Chameleon Games si sono rivolti al maestro David Wise, che in quel di Rare era di casa e ha firmato colonne sonore uniche. Non siamo dalle parti dei suoi lavori più ispirati, ma la qualità si avverte.
Leggi anche: New Super Lucky’s Tale, la volpe e l’uva di Super Mario 64
Insomma, Tamarin è un prodotto riuscito solo a metà. Non è un brutto videogame, semplicemente è un titolo privo di ispirazione, che ha provato a fare il passo più lungo della gamba senza riuscire a eccellere in nessuno dei due frangenti messi in campo: le fasi platform sono banali e noiosette, troppo guidate, quelle sparatutto troppo imprecise per la frenesia che richiederebbero. In più, in quella parte del gioco i livelli diventano arzigogolati, ma in alcuni casi pure troppo e non è sempre agevole capire dove andare per uscire. Una schizofrenia che impedisce al primo videogioco di Chameleon Games di rivolgersi a una platea specifica: i livelli platform sono adatti ai neofiti e annoierebbero chi oggi ha superato i 10-12 anni, quelli in cui si spara sono forse troppo ostici per i bimbetti e troppo imperfetti per i giocatori più grandicelli…