Dal Giappone un titolo ambizioso, che avrebbe potuto dare molto di più
Ultimamente l’Oriente sembrerebbe dettare la linea sui linguaggi surreali. Ci riferiamo prima di tutto all’onnipresente Squid Game, la serie originale sudcoreana disponibile su Netflix di cui tutti parlano. Talmente onnipresente che ci è subito venuta in mente quando abbiamo avviato The Good Life, videogioco indie sviluppato da Hidetaka Suehiro, giapponese meglio noto come Swery65 nell’universo gaming e Ceo della software house nipponica White Owls: il titolo parla di una giovane giornalista, sommersa dai debiti a cui viene data una possibilità per ripagarli (e già uno qui pensa per forza a Squid Game). In realtà la trama piega verso scenari meno inquietanti, ma senz’altro surreali. Venitelo a scoprire in un videogioco ambizioso che ha purtroppo non pochi difetti strutturali, sia a livello grafico sia di gameplay.
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Partiamo col dire che The Good Life avrebbe potuto essere un valido prodotto, con una trama intrigante e bizzarra. La nostra protagonista, Naomi Hayward, è sommersa dai debiti e improvvisamente le si presenta una possibilità non soltanto di cambiare aria per un pò, ma anche di recuperare più denaro possibile (non è una fuga, o quasi). Il giornale per cui lavora, il Morning Bell, le assegna un’inchiesta importante: andare a Rainy Woods, la città a detta di tutti più bella al mondo immersa nella verde campagna britannica, per far luce sui fatti strani che vi accadono.
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Lo sviluppatore non ha lasciato molta suspense sui misteri di questa ridente cittadina: in pratica al calare delle tenebre gli abitanti di Rainy Woods si trasformano in cani e gatti. Pure noi. In The Good Life non ci facciamo mancare neppure un caso di omicidio e così tutto è ben apparecchiato per un’avventura davvero ricca di mini quest in cui dovremo raccogliere materiali, risorse e informazioni dagli NPC. Purtroppo la struttura del gameplay non è delle più soddisfacenti, nel senso che le missioni non conquistano per scrittura e dialoghi.
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Per guadagnare soldi la nostra protagonista ha anche la possibilità di scattare fotografie della città più bella al mondo da caricare poi su un social network: insomma, siamo anche influencer e ci guadagniamo da vivere in ogni modo. A livello grafico le texture di The Good Life sono appena abbozzate e non in linea con quanto riesce a produrre l’universo indie in quest’epoca di passaggio alla next gen. Su StartupItalia siamo i primi a tenere in conto le difficoltà delle startup del gaming, alle prese con limiti economici e di risorse: in questo caso, però, il risultato finale è al di sotto delle aspettative più realiste.