E’ la più scaricata del mondo. Vale la pena aprire un profilo? Ecco qualche dritta
È l’app del momento, quella di cui si parla di più, probabilmente la meno capita dagli adulti, dato che il pubblico che la utilizza difficilmente è maggiorenne. Parliamo di Tik Tok, ovviamente. In soli due mesi (da settembre a novembre 2019) ha triplicato da 2,1 a 6,4 milioni di utenti (dati: Osservatorio Comunicazioni Agcom). Gli italiani hanno caricato in media 236 video al minuto (fonte: Tik Tok) mentre le ore più creative – sempre secondo l’azienda – sono la pausa pranzo (dalle 12:30 alle 14) e la sera dopo le 20.
Nata dalla fusione tra TikTok (prodotta dal colosso Bytedance) e Musical.ly, servizio di videosharing che consentiva di cantare in playback sui pezzi del momento, il social ha conosciuto una crescita rapidissima ed è diventato l’app più scaricata al mondo. Un successo così dirompente che molti reparti marketing si stanno chiedendo se sia il caso di aprire un profilo aziendale, e come gestirlo. Di seguito proviamo a dare qualche rapida risposta.
Non è tutto oro quel che luccica, naturalmente. Anche su Tik Tok si sono addensati dubbi relativi alla sicurezza dei dati; polemiche si sono registrate, inoltre, anche riguardo alla moderazione dei contenuti. I media hanno riportato quelle relative alle tematiche LGBT in Turchia e – ovviamente – alle proteste di Hong Kong.
Come il Facebook degli esordi
Ma vediamo come utilizzarlo per promuovere un brand. L’algoritmo di Tik Tok, per il momento, sembra abbastanza amichevole. Ricordate il Facebook degli inizi? Era molto più facile di adesso raggiungere la propria fan base: bastava creare una pagina e molti dei contenuti postati venivano mostrati a chi la seguiva. Negli anni, l’algoritmo ha cominciato a privilegiare i contenuti a pagamento – è il modello di business di Zuck, del resto – e migliaia di pagine si sono trovate dall’oggi al domani con scarsa o nulla visibilità. A meno che decidessero di aprire il portafogli, ovviamente.
Tik Tok ci riporta a quei tempi pionieristici. Significa, in soldoni, che anche chi ha pochi follower e non investe denari può sperare di finire nei feed di perfetti sconosciuti, e magari diventare virale.
Il traffico organico: qualche dritta
Eccoci a qualche consiglio. Il primo – non banale – è di scaricare l’app e restare in osservazione per qualche settimana. Tenere nota di quelli che viene postato dagli altri utenti, interiorizzare come si comportano, in che modo dicono le cose. Per ogni social esiste un “tono di voce” appropriato: impensabile azzeccare il contenuto giusto basandosi su quello che si dice in giro, o leggendo guide come questa. Se volete avere successo, dovete applicarvi: noi possiamo fornirvi qualche spunto, ma la fatica dovete farla voi (o la vostra agenzia di comunicazione).
Fatta questa doverosa premessa, cosa postare su Tik Tok, un’app arrivata al successo con video in cui ragazzini fingevano di cantare per 15 secondi?
Un suggerimento può essere questo: impiegate la mascotte del vostro brand, o pensate se ha senso crearne una ad hoc. Un pupazzo, un animaletto, un personaggio attorno a cui costruire una serie di storie esilaranti.
Ma potete anche sfruttare la simpatia dei vostri dipendenti e organizzare challenge aziendali divertenti. Libero sfogo alla vreatività, niente è davvero troppo stupido perché il mood è proprio quello di creare contenuti scanzonati. Ricordate che parliamo – nella migliore delle ipotesi – di adolescenti: a quell’età (fortunatamente) i ragazzi non sanno cos’è un’azienda, pensano solo a divertirsi e a studiare. Il loro orizzontie spesso corrisponde alla cameretta ( o tuttalpiù al bagno, come rilevava anche il New York Times).
Secondo consiglio: non gettatevi a capofitto su ogni trend. Prima o poi quello giusto arriverà: l’importante è non sembrare eccessivamente costruiti e artificiali. Su Tik Tok il sapore è dato dalla dimensione artigianale. Tanta, tanta ironia è la regola di base. Anche perché, se non vi prendete in giro voi, ci penseranno i pre-adolescenti a farlo sull’app. E sarà sicuramente peggio. Altro trick: “assoldate” un consulente giovane – così giovane che probabilmente potrete pagarlo in gelato e biglietti del cinema – per testare le vostre campagne. Se le boccia, poche storie: tutto da rifare.
Come usare le funzionalità a pagamento di Tik Tok
Se siete stanchi della ricerca organica e volete, invece, passare alle prestazioni a pagamento, l’offerta è decisamente ampia. Cominciamo dall’hashtag challenge, probabilmente la più innovativa delle proposte di Tik Tok. Sono le “sfide” tra utenti, una sorta di chiamata alle armi per tutto il pubblico: una volta lanciata, tutti provano a fare lo stesso.
Letteralmente ogni azione può essere trasformata in challenge: dal lypsinc (cantare in playback, in fondo Musical.ly nacque così) a voi che mimate di suonare un violino, al centrare la tazza di caffè del collega di scrivania con un tiro da tre punti e una pallina fatta di carta. Le challenge possono poi essere promosse sulla pagina di esplorazione dell’app, nella speranza che diventino virali. Sono state circa 280 le challenge lanciate nel nostro paese su TikTok nell’ultimo anno, mentre gli hashtag più popolari hanno fatto registrare importanti numeri di visualizzazioni: #wasabisong ne ha raggiunte ben 62 milioni, #backtoschool 45 milioni e infine #greenscreen 44 milioni.
Una delle campagne di maggior successo a livello mondiale è stata quella andata sotto l’hashtag #lidflip. Chipotle è una catena di fast food che vende anche cibo da asporto. La sfida era riuscire a coprire la confezione di cibo mex con il coperchio di stagnola sfruttando un’abile mossa. Ma per partecipare serviva, appunto, ottenere un box di Chipotle (e quindi fiondarsi in negozio: ecco il risvolto di marketing). Tutto ciò vi sembra folle? Beh forse lo è. Ma guardate qui.
Ci sono, naturalmente, tutte le opzioni più tradizionali. Anche su Tik Tok potete, ad esempio, promuovere i vostri post che appariranno tra due contenuti non sponsorizzati nel feed. Se avete budget da spendere, potete comprare un top view ad, cioè un post che gli utenti vedono non appena aprono l’app. Ma c’è anche il brand takover: simile al top view ad, si tratta di una gif di tre secondi o un’immagine a cui è possibile linkare qualcosa come una hashtag challenge. Sono, naturalmente, disponibili anche alcuni influencer tools per mettere il turbo alla vostra campagna.
Come usare Tik Tok: ma ne vale la pena?
Eccoci infine alla domanda: ne vale la pena? Se il vostro brand punta alla generazione Z, probabilmente la risposta è sì. Se mirate al mercato cinese e asiatico in generale, ancora meglio (attenzione, però, alle differenze culturali e agli stereotipi: Dolce e Gabbana insegnano). Ma occhio. Tik Tok non è una piattaforma per tutti, e il rischio di figuracce è sempre dietro l’angolo.
La buona notizia è che, fortunatamente, la presenza sull’app non è “richiesta” ai brand, come accade, invece, per gli altri social, Instagram e Facebook in testa. Massima libertà di scelta, quindi. E se siete dubbiosi, meglio chiedere a un esperto.