Hanno recuperato in un anno migliaia di kg di pattumiera galleggiante. Ogni settimana cinque grammi di plastica finiscono nel nostro stomaco: come se ingerissimo una carta di credito. La nostra intervista ad Andrea Faldella, Co-founder
Il biologo Silvio Greco nel suo libro “La plastica nel piatto” elenca una media globale settimanale di quello che assorbiamo: 1.769 particelle di plastica dall’acqua, 182 particelle di plastica dai frutti di mare, 10 particelle di plastica dalla birra, 11 particelle di plastica dal sale. Il totale di tutte queste particelle di plastica equivale a 5 grammi, ovvero il peso di una carta di credito. La causa dell’aumento di microplastiche e nanoplastiche negli alimenti va ritrovata nel fatto che dal 1950 la produzione di cibo è aumentata di ben 200 volte. E non si ferma: ai ritmi attuali nel 2030 si produrrà il 40% in più di plastica rispetto a oggi. Stiamo diventando plasticofagi.
Per combattere questo allarmante fenomeno ancora una volta ci viene incontro l’accoppiata vincente: persone e tecnologia. Creare un legame tra le persone e l’oceano per garantirne la salvaguardia, questa è la missione di Ogyre, piattaforma digitale che vuole contribuire a ripulire il mare dai rifiuti (di ogni genere e dimensione) grazie ai pescatori e a persone e aziende che li sostengono. Andrea Faldella, bolognese velista con Antonio Augeri, genovese, imprenditore e surfista nell’aprile del 2021 danno il via al loro progetto. Da allora 225 mila kg di rifiuti marini (ma il contatore sul sito si aggiorna velocemente) sono stati raccolti tra Italia, Brasile e Indonesia. Un sistema che funziona. E che si pone l’ambizioso obiettivo di recuperare ed eliminare 1.534.000 kg di rifiuti entro il 2024. A proposito lo sapevate che 1.534 tonnellate di rifiuti corrispondono alla capacità di 7 “Colossei” riempiti con bottiglie di plastica?
Ambiente, società, economia
Ogyre, piattaforma digitale italiana di “Fishing For Litter” nasce con la missione di fare da ponte tra le persone che hanno a cuore la salute del mare e gli oceani, applicando un approccio community-driven alla rigenerazione ambientale. Nel 2022 Ogyre ha attivato 6 porti in Italia, Brasile e Indonesia, coinvolgendo 49 pescatori che hanno raccolto, ogni mese, fino a 18mila kg di rifiuti. Di questi, il 66% proviene da Rio de Janeiro, il 30% da Bali e il 4% dai mari italiani. L’impatto di Ogyre, sulle aree in cui è attiva l’azienda, è triplice. Dal punto di vista ambientale, supporta la pulizia degli oceani lavorando con flotte di pescatori che si occupano della raccolta e del corretto smaltimento dei marine litters, in ottica di riciclo e rigenerazione.
Dal punto di vista sociale, Ogyre genera un impatto positivo sulle comunità locali di pescatori coinvolti nel progetto, sulle loro attività di pesca e sul loro reddito, grazie al contributo economico riconosciuto ai pescatori per la raccolta dei rifiuti. Dal punto di vista economico, Ogyre supporta le aziende in un percorso verso la sostenibilità, accompagnandole in progetti a impatto sociale e ambientale positivo e distribuendo prodotti realizzati in materiale riciclato o rigenerato il cui acquisto contribuisce direttamente alla pulizia degli oceani. StartupItalia ha intervistato Andrea Faldella co-founder di Ogyre.
Perché Ogyre?
Ogyre è nata dalla nostra passione per il mare. Guardando i rifiuti intrappolati nelle reti e trascinati dalle correnti. Ogyre deve il suo nome alle “ocean gyres”, le correnti oceaniche fondamentali per l’ecosistema e oggi purtroppo note ai più perché con il loro movimento stanno contribuendo a formare le cosiddette isole di plastica nel Pacifico. La nostra missione salvaguardare il mare e ripensare i modelli di consumo e di business tra uomo e ambiente, permettendo ad ognuno di “agire per il mare” proprio grazie al “fishing for litter”.
Spieghiamo meglio cosa è il fishing for litter?
La plastica negli oceani è uno dei più grandi problemi ambientali dei nostri tempi, basti pensare che ogni anno finiscono in mare 11 milioni di tonnellate di plastica, che mettono a rischio la vita di 1,4 milioni di specie che vivono sott’acqua. Una quantità di rifiuti che impatta, oltre che sull’ambiente, anche economicamente sul settore della pesca per oltre 61 milioni di euro all’anno. Chi, meglio dei pescatori, può aiutarci a risolvere il problema? Il “fishing for litter” non è altro che la raccolta dei rifiuti durante la normale attività di pesca: coinvolgiamo i pescherecci per farci aiutare a riportare a terra la plastica, e in generale tutti i rifiuti marini, raccolti dalle reti, per una media di 60 kg al mese per ciascuna barca. In cambio, li remuneriamo a parte per svolgere questa seconda attività.
Quali sono i passaggi della raccolta?
I rifiuti marini raccolti dalla flotta dei pescatori vengono differenziati direttamente a bordo in appositi sacchi forniti da Ogyre e quindi conferiti e smaltiti correttamente una volta riportati a terra, secondo le norme specifiche delle rispettive località di recupero e grazie all’aiuto di alcuni partner locali. Il 12% dei rifiuti raccolti viene riciclato o immesso nel circuito di rigenerazione. Purtroppo, questo non è possibile per il totale dei rifiuti raccolti, poiché in molti casi si presentano troppo deteriorati.
In questo modo studiate anche la salute del mare?
Mappiamo i rifiuti e la tipologia di impatto sugli ecosistemi marini. Il fishing for litter sfrutta le reti dei pescatori che giornalmente vivono il mare. È vantaggiosa oltre che per l’ecosistema marino, per la salute dell’uomo e porta benefici sia per la pesca che per il turismo e le comunità locali. Un sistema diventato possibile anche in Italia dopo la legge Salvamare, che ha tolto il divieto di trasportare a terra i rifiuti per smaltirli. Tra le aziende che hanno aderito al nostro progetto ci sono anche Panerai e Unipol.
Parliamo dell’espansione internazionale
Il coinvolgimento di comunità locali di pescatori in Brasile e Indonesia è stato un passo cruciale dello sviluppo di Ogyre, non solo perché ha rappresentato l’inizio del processo di apertura dell’azienda oltre i confini italiani, ma soprattutto per l’impatto di questa decisione sulla nostra missione di ripulire gli oceani con l’aiuto dei pescatori. Il problema dei rifiuti in mare, infatti, è estremamente più significativo in Indonesia e in Brasile rispetto che nei mari Europei. Qui i nostri pescatori trovano in mare davvero di tutto, dai materassi ai televisori abbandonati. C’è poi una dimensione sociale altrettanto importante: si tratta infatti di aree in cui il contributo che Ogyre riconosce ai pescatori per l’attività di raccolta dei rifiuti è uguale al compenso che ottengono durante le normali giornate di pesca, tanto che l’attività diventa, in molti casi, un vero e proprio lavoro da integrare alle normali battute di pesca. Così abbiamo pescatori che, in certi giorni della settimana, escono solo per pescare rifiuti marini.
Perché una nuova piattaforma?
Sentivamo l’esigenza di rendere più trasparenti, tracciabili e accessibili i dettagli della nostra filiera di recupero dei rifiuti marini: non si tratta solo di responsabilità verso chi sceglie di contribuire alla pulizia degli oceani con Ogyre, ma anche di concretezza dell’impatto sul benessere del mare e sulle comunità di pescatori coinvolti nel nostro progetto che arriva da ogni singolo contributo. Abbiamo potuto raggiungere i nostri obiettivi di trasparenza grazie alla tecnologia: con la nuova piattaforma, infatti, chiunque sceglierà di contribuire alla nostra causa potrà avere accesso ai dettagli legati alla raccolta di ogni singolo chilo di rifiuti marini.
Perché la blockchain?
Così, ogni operazione di raccolta potrà essere non solo rendicontata, ma anche certificata, in linea con le innovazioni più recenti in ambito di sostenibilità e smaltimento dei rifiuti. Si tratta di un’evoluzione tecnologica che va anche e soprattutto a beneficio delle aziende, sempre più spesso lo stakeholder principale dei progetti di raccolta. Le aziende che scelgono di contribuire per il mare sono sempre di più, e sempre più spesso i contributi non si collocano soltanto all’interno dei progetti di CSR, ma diventano un modo per ingaggiare le community interne, ad esempio i dipendenti, ed esterne, come i clienti. Anche in questo caso la tecnologia ci viene in aiuto: digitalizzare il processo di raccolta e la filiera di recupero, infatti, ci permette di offrire ad aziende ed interlocutori istituzionali la possibilità di trasferire i rifiuti pescati alle proprie community. E così sono sempre più frequenti i casi in cui le aziende decidono di regalare “chili di rifiuti marini pescati dal mare” a dipendenti e clienti, coinvolgendoli nell’attività di recupero. Un meccanismo in piena linea con l’obiettivo di Ogyre di rendere il modello di raccolta community driven.
Qual è stato il rifiuto più curioso pescato?
Il primo posto di questa particolare graduatoria se lo aggiudica un water, seguito da un divano, televisori e materassi, tutti rifiuti recuperati nei porti brasiliani. Rimanendo in Italia, invece, finora il rifiuto più curioso recuperato dai nostri pescatori è stato un telecomando. Ma ci aspettiamo di tutto.